Un secondo e un quinto posto (con partenza dalla settima piazzola). Se qualcuno avesse preconizzato risultati simili per la Ferrari SF-25 in quel di Monaco, probabilmente sarebbero intervenuti quelli della neuro con le camicie di forza. Il budello del Principato è la sublimazione del lento: tratti di pista che la creatura rossa aveva sempre sofferto nelle prime sette gare di un mondiale avarissimo di soddisfazioni. Nel GP del glamour, le cose sono andate diversamente. Perché?
Monte Carlo è un circuito deviante, un teatro che di “normale” non ha nulla. La prima considerazione che vien da fare è che, per essere agili su quei cordoli alti come marciapiedi (a volte lo sono per davvero), è necessario alzare notevolmente la vettura. E qui si entra in un campo che la Ferrari conosce bene, benissimo. Di certo meglio degli altri.
Per tutta la stagione, per evitare che il pattino della SF-25 si consumasse con i risultati che si sono osservati in Cina, è stato necessario elevare il corpo vettura, contemplando una massiccia perdita di carico che ha determinato prestazioni deludenti. In rare occasioni si era vista l’auto girare nella sua finestra operativa corretta, situazioni in cui erano giunti risultati brillanti.
Vedasi la sprint race cinese, in cui non si è imbarcato il massimo del carburante. In quella circostanza, l’interazione tra sfera meccanica e aerodinamica è stata perfetta: un sottile equilibrio – la famosa finestra operativa – che si è raggiunto arrivando a una vittoria convincente.

Tuttavia, quelle condizioni non sono state replicabili nelle altre circostanze e ne è venuta fuori una serie di gare semi-disastrose. A Monaco, la rotta è stata invertita poiché i tecnici hanno lavorato in condizioni che conoscevano bene. Ma ridurre tutto a ciò sarebbe banale. Tra i muretti rivieraschi, l’aerodinamica conta meno che in altri teatri. Ed ecco che la SF-25 non ha mostrato quei difetti tipici che sorgono quando la veste aero “pesa” molto.
Poi c’è un altro elemento che ha fatto la differenza: il fattore umano. Charles Leclerc da queste parti si esalta. Il feeling con la sua Monaco è confermato da prestazioni da urlo sciorinate nell’arco della sua carriera, anche in quelle domeniche sfortunate che non hanno portato punti. A Monaco, il fattore umano è dirimente, e anche stavolta il 16 ha fatto la differenza, provando a giocarsi fino alla fine una vittoria difficile ma non impossibile.

Ferrari SF-25 all’esame della normalità
Quelle sopra descritte, è evidente, sono condizioni anomale e irreplicabili. Venerdì si apre il weekend del GP di Spagna, da tenersi al Montmeló, una pista sfidante che da sempre è in grado di dire chi ha prodotto un mezzo efficace. Stavolta ci sarà anche l’aggiunta della direttiva tecnica che limita l’aeroelasticità. I team dovranno adeguarsi con ali rinnovate che potrebbero creare qualche grattacapo.
Ieri Fred Vasseur, forse bluffando, ha spiegato che a Maranello si limiteranno a testare un’ala anteriore nuova per capire come risponde, per poi proseguire col piano sviluppi. Forse una piccola bugia, perché potrebbero esserci altre novità, che di certo non insisteranno sulla sospensione. Per quella, eventualmente, bisognerà attendere l’estate. Ammesso che ne valga la pena e che il Cavallino Rampante sia ancora in corsa per qualcosa di buono.
Monaco è stata una parentesi, non va considerata come il punto di rinascita. Marc Gené, durante la cronaca live dell’evento monegasco, ha ripetuto che in Ferrari hanno capito come attivare le gomme. Ottima notizia, certo, ma bisogna verificare se la cosa è circoscritta a Montecarlo o se è stato definito un piano coerente e valido su ogni pista. E questo lo capiremo solo da Barcellona in poi.
Proprio in attesa di comprenderlo, è necessario volare bassi ed evitare di cadere nel tranello dell’ottimismo a spada tratta. La SF-25 è e resta un malato serio. Monaco è stato un brodino rigenerante, non di certo una cura definitiva. Troppe le variabili, da quelle tecniche a quelle di pilotaggio, per finire a quelle strategiche, che non hanno aiutato a inquadrare i veri valori in campo.

Red Bull era davvero dietro la Rossa? Mercedes, autrice di un sabato a tinte horror, avrebbe avuto altra forza se fosse stata là davanti? McLaren era davvero così vicina? Lando Norris, che ha allontanato le paure con una vittoria convincente, sembrava soffrire nell’ultimo stint. La verità è che il britannico stava semplicemente gestendo, sapendo di non poter essere superato.
Quando Max Verstappen si è fatto da parte, la MCL39 ha demolito il cronometro mostrando un potenziale che aveva celato nelle fasi precedenti. D’altro canto, il pilota di Bristol era stato in grado di aprire un gap di sicurezza su Leclerc ogni volta che era stato necessario, a testimonianza del fatto che il margine c’era. E anche in misura cospicua.
Monaco, quindi, è la classica rondine che non fa primavera. È un’iniezione di fiducia su cui costruire il futuro, ma non va considerata come la svolta tecnica della stagione. Quella deve arrivare da Barcellona in poi. Montmeló sarà un momento chiave nell’economia stagionale della Ferrari. O si colmerà il divario quasi completamente, oppure l’annata sarà destinata a rimanere un lungo limbo, con qualche sprazzo di gioia qua e là.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP, McLaren
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