Il Gran Premio del Giappone ha segnato una sorta di spartiacque per la Ferrari. Per la prima volta sono state fatte ammissioni che erano state a lungo negate. Forse in maniera anche un po’ maldestra. Nessuno si offenda se si sottolinea che quelle di Lewis Hamilton sull’altezza della SF-25 erano sembrate delle bugie aziendaliste per coprire delle défaillance che erano chiare a tutti.
A Suzuka, Lewis ha finalmente ammesso che la monoposto gira ad altezze non consone con le linee progettuali; cosa fatale nella generazione a effetto Venturi, poiché pochi millimetri di innalzamento producono la perdita di parecchi punti di downforce, proprio perché quei tunnel dove si crea l’effetto suolo non vengono più adeguatamente sigillati, creando un effetto molto limitante.
Altro elemento chiave emerso dal weekend nipponico è che le due Ferrari hanno operato con assetti diversi. Nonostante si sia passato molto tempo a raccontare quanto fossero simili gli stili di Leclerc e Hamilton (lo hanno detto direttamente loro, noi ci siamo limitati a riportarlo), le monoposto sono state settate in maniera differente.
Classica dinamica che si verifica nei momenti in cui non si riesce a cavare un ragno dal buco e si inizia a fare dei tentativi estremi per vedere se qualcosa miracolosamente si attiva. Un po’ quello che ha fatto lo stesso Hamilton in gara, partendo con la gomma hard e terminando con la media; una strategia che non ha pagato e che ha condotto il britannico a un GP nella terra di nessuno.

Ferrari SF-25: agire sul fondo più che sulle sospensioni
Dopo i 53 giri del Gran Premio del Giappone, Leclerc ha invocato l’introduzione di update per dare una sterzata tecnica a una vettura che non si fa fatica a definire deludente. Stesso discorso per Lewis Hamilton, che ha parimenti espresso la necessità di cambiare qualcosa per non perdere troppo terreno rispetto a una concorrenza che già ha preso il largo. I desideri dei piloti si sono però scontrati con il pragmatismo di Fred Vasseur, che tornava a usare espressioni che si pensavano superate in quel di Maranello.
In parole povere, il dirigente francese ha affermato che bisogna prima capire per bene la piattaforma aerodinamica della vettura per poi introdurre degli update. In Bahrain dovrebbe arrivare un fondo nuovo – almeno questa era l’indicazione che circolava negli ambienti rossi fino a qualche giorno fa – ma le uscite dell’ex Sauber mettono tutto in discussione, aprendo all’idea che possa servire ancora del tempo per capire realmente dove intervenire.
Molti mettono sul banco degli imputati anche le sospensioni posteriori, che non riuscirebbero a gestire l’extra carico prodotto dalla vettura rispetto a quella 2024. Questa sarebbe una gran bella grana, perché intervenire su quella parte della monoposto comporterebbe l’investimento di ingenti risorse finanziarie e tecniche che sicuramente Ferrari non ha intenzione di dissipare nell’ultimo anno dell’attuale contesto regolamentare.
È più probabile che gli uomini guidati da Loic Serra si concentrino su un nuovo pavimento. Un fondo rivisto per non raschiare il fondo del barile, rischiando di sprofondare in una stagione anonima, condotta da spettatori non paganti che osservano gli altri vincere e divertirsi.
Al di là dell’approccio posato di Vasseur, la verità è che serve fare presto poiché là davanti non aspettano e perché a un certo punto tutti i team – Ferrari compresa – inizieranno a focalizzarsi sulle vetture 2026. E lo farà per primo chi capirà che da questo mondiale non può estrarre nulla di rimarchevole. La stagione va rimessa in sesto subito, ed ecco perché in Bahrain, al di là di certe dichiarazioni, ci si attende che la Ferrari presenti qualcosa. Anche perché Sakhir è la pista ideale sulla quale confrontare le novità, incrociandole con le risultanze emerse dai test invernali.

Insomma, il tracciato del Bahrain, anche per la sua conformazione, è il teatro ideale sul quale introdurre dei correttivi. Di certo non lo sarà Jeddah, che chiude il triple header. Una pista, quella dell’Arabia Saudita, che non offre la possibilità di testare concretamente novità aerodinamiche. Quindi, se si decidesse di non introdurre il nuovo fondo a Sakhir, si potrebbe tutto posticipare a Miami (altra pista non proprio amica dell’aerodinamica) o a Imola, una tappa che la Ferrari ha spesso usato per validare modifiche ai pacchetti tecnici.
La Ferrari, negli ultimi tempi, è sembrata un po’ in confusione sia da un punto di vista tecnico che nella comunicazione verso l’esterno. È tempo di serrare i ranghi e di definire un piano strategico per provare a comprendere se la SF-25 possa avere voce in capitolo in questo campionato.
Probabilmente Hamilton e Leclerc hanno dovuto prendere strade diverse sul fronte setup per immagazzinare dati da analizzare in fabbrica. Ma questa fase non può protrarsi oltre misura: è giunto il tempo di introdurre dei correttivi per provare quantomeno a risalire sul podio, visto che nelle prime tre gare, eccezion fatta per il lampo della Sprint Race cinese, la Rossa ha latitato: un’assente ingiustificata dopo i proclami invernali.
Illustrazioni: Chiara Avanzo per Formulacritica