C’è una sottile linea di continuità, qualcosa di quasi impercettibile, che emerge quando riflettiamo sugli sviluppi delle vetture di nuova generazione. Fatta eccezione per la prima stagione del nuovo quadro normativo, quando non era ancora chiaro quale fosse il concept vincente o in generale il più efficace, col passare del tempo è diventato sempre più difficile migliorare le vetture nel corso del campionato.
Ovviamente, questo dipende anche dai regolamenti che la Formula 1 si è data. Il budget cap e l’aerodynamic testing regulation hanno sicuramente limitato la possibilità di intervenire in corso d’opera. Questi vincoli, soprattutto nella fase finale dei campionati, risultano molto stringenti, frenando le possibilità di progresso di ogni scuderia.
Come abbiamo già riferito in altre sedi, si ricordi l’esempio della Mercedes quando era in lotta con la Ferrari nel 2018. La scuderia anglo-tedesca fu in grado di iniettare oltre 30 milioni di dollari per rifare parti nevralgiche del retrotreno della W19, potendo contare sulla possibilità di lavorare senza vincoli di tempo. Da qualche anno tutto ciò è impossibile, e questa condizione si riflette chiaramente sul progresso tecnico.
Tuttavia, non possiamo ridurre tutto a questo aspetto. Le difficoltà che alcuni team hanno mostrato nel garantire prestazioni solide con i nuovi pacchetti dipendono anche da questa generazione di monoposto, che è meno predisposta a essere migliorata. La questione è da ricercare nelle caratteristiche del fondo vettura.
Con le regole attuali, le auto funzionano meglio se sono più rasenti al suolo e mediamente più rigide rispetto alla vecchia generazione. A causa dell’effetto Venturi, che si attiva man mano che la vettura accelera, l’aumento della velocità si traduce in un incremento esponenziale della downforce. La vera difficoltà risiede nel fatto che in galleria del vento è difficile simulare questo comportamento da cui derivano le problematiche emerse durante la stagione 2024.

Trovare il corretto compromesso tra altezza da terra e rigidità è molto complesso. Talvolta, una novità rischia di scompensare un bilanciamento molto sottile, abbassando il livello prestazionale invece di migliorarlo. Le macchine attuali funzionano in un range di velocità più limitato rispetto ai modelli precedenti.
A basse velocità il carico aerodinamico è relativamente basso, mentre aumenta esponenzialmente con l’accrescersi della velocità. Questa caratteristica è particolarmente evidente nell’alettone anteriore, che si comporta come un canale Venturi. Al posteriore, invece, il meno è meno sensibile alla velocità, rendendo più facile squilibrare i progetti.
Questo è accaduto, ad esempio, con il pacchetto che la Ferrari ha introdotto in Spagna, anticipando soluzioni previste per Silverstone. La fretta ha causato grossi problemi alla vettura di Maranello, e c’è voluto molto tempo — e qui va fatto un plauso allo staff guidato da Diego Tondi, salito in cattedra dopo l’abbandono di Enrico Cardile — per tornare in carreggiata.
L’altezza da terra è un elemento fondamentale per le vetture di Formula 1, e l’importanza di questo aspetto è emersa chiaramente durante il weekend di Austin, con il caso esploso, e poi subito rientrato, sulla distanza dal suolo del T-Tray della Red Bull RB20. Fino a tre stagioni fa, gli schemi sospensivi potevano contare sugli inerter, dispositivi meccanici che immagazzinavano energia e ne restituivano una parte, permettendo di smorzare i rimbalzi degli pneumatici e migliorando la gestione aerodinamica.
Questi strumenti, forse abbandonati con troppa leggerezza, avrebbero potuto essere decisivi nel bilanciare l’asse anteriore e quello posteriore delle monoposto a effetto suolo. La loro mancanza rende meno gestibile la mappa aerodinamica della vettura.

Ferrari SF-24: la lezione spagnola è servita
Quanto osservato finora è ben noto ai team, compresa la Ferrari. Andando al cuore del discorso, la scuderia ha saputo sfruttare le esperienze negative del Gran Premio di Barcellona. Dopo il Gran Premio di Singapore, Fred Vasseur e Charles Leclerc avevano annunciato che ad Austin sarebbero arrivati degli aggiornamenti. Alla fine, al di là di qualche speculazione giornalistica letta qua e là, la SF-24 è rimasta identica, se non per i normali adattamenti a un layout di pista diverso da quello di Marina Bay. Del resto, i documenti ufficiali della FIA non mentono né lasciano spazio a interpretazioni.
Qualcosa è cambiato nelle strategie interne della Ferrari. Forse è stato l’arrivo di Loïc Serra, che ha preso possesso dei suoi uffici aa inizio ottobre, o forse semplicemente una valutazione più attenta della situazione, in virtù di quanto insegnato dalla storia.
La SF-24, nel Gp d’Italia, aveva introdotto una nuova specifica di fondo, che avrebbe dovuto essere testata su una pista aerodinamicamente più stressante. Né Monza, né Marina Bay, né Baku erano circuiti adatti a fornire indicazioni precise sullo stato dell’arte. Da questo fattore sono nate le decisioni che hanno smentito la linea pubblicamente esposta un mese fa.
Ferrari SF-24: restare fermi per progredire
La Ferrari si è presentata in pista in forma smagliante e ha potuto lavorare su elementi noti, sfruttando anche una perfetta correlazione con le analisi simulative fatte a Maranello. Mentre la Ferrari eliminava variabili dall’equazione, Mercedes, McLaren, Red Bull — e perché no, anche Aston Martin, che ha incontrato diverse difficoltà — introducevano nuovi elementi da controllare in una situazione poco favorevole, potendo contare solo su una sessione di prove libere prima di passare alle qualifiche Sprint, alla gara veloce, alla Sprint Race e alla classica gara domenicale.
Per questa ragione, il Cavallino Rampante si è garantito un margine di sicurezza che si è tradotto in un vantaggio evidente. E per lo stesso motivo è importante procedere con cautela, senza pensare che ora la SF-24 sia il punto di riferimento tecnico della stagione.

In Messico tornerà il formato classico del weekend, con un turno di prove libere più lungo (90 minuti), per consentire alla Pirelli di testare le gomme del 2025. Saranno condizioni ideali per validare quei pacchetti aerodinamici che non hanno funzionato bene nel circuito texano.
È evidente, però, il progresso fatto dalla Ferrari, che si trova in una posizione migliore, avendo già capito cosa funziona bene e cosa può essere ancora migliorato. Ora la palla passa agli avversari, che dovranno reagire con forza e in tempo, perché al Circuito of the Americas si è vista una SF-24 in grado di lottare per il campionato del mondo costruttori.
Di questo hanno parlato i protagonisti stessi, a partire da Charles Leclerc, che ha accantonato la diplomazia e la scaramanzia, aprendo alla possibilità di recuperare e superare una Red Bull in crisi e una McLaren che ultimamente sembra aver perso lo smalto.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
Illustrazioni: Chiara Avanzo