C’è un dettaglio temporale che, più di tante dichiarazioni programmatiche, racconta la precarietà strutturale del ruolo di team principal in Ferrari. Nel 2026 Fred Vasseur entrerà nel suo quarto anno alla guida della Gestione Sportiva. Un traguardo solo in apparenza anodino, ma che in realtà coincide in modo quasi inquietante con il lasso temporale concesso ai suoi due immediati predecessori: Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto. Tre uomini diversi, tre percorsi differenti, un comune denominatore che a Maranello continua a pesare come una lastra di travertino bianco: l’assenza di un titolo mondiale.
Arrivabene e Binotto, pur con approcci manageriali opposti, hanno condiviso una narrazione tristemente ricorrente, diventata nel tempo una sorta di liturgia aziendale: la vittoria non arrivava mai nel presente, ma veniva sistematicamente rinviata all’anno successivo. Il concetto di “progetto”, sempre in fase di maturazione, ha finito per sostituire il risultato, mentre il calendario scorreva inesorabile e la concorrenza capitalizzava.

Ferrari: Fred Vasseur e quella linea di continuità non auspicata
A ben vedere, Fred Vasseur non si è sottratto a questa dinamica. Nei suoi primi tre anni al timone della Rossa, la promessa di un salto di qualità definitivo è stata più volte posticipata, spesso giustificata con la necessità di ristrutturare processi, uomini e metodologie. Un lavoro che, va riconosciuto, ha prodotto alcuni segnali incoraggianti sul piano operativo. Le strategie sono diventate più lucide, i pit stop hanno smesso di essere un’incognita sistemica, l’esecuzione del weekend di gara appare oggi più convincente e meno soggetta a improvvisazioni.
Tuttavia, la Formula 1 non è un esercizio di efficienza astratta. È, nella sua essenza più cruda, un’industria del risultato. E sotto questo profilo il bilancio resta impietoso. I trofei continuano a mancare e il 2025 rappresenta una cesura difficilmente edulcorabile: zero vittorie e un quarto posto finale in classifica costruttori, fotografia di una stagione che ha segnato un arretramento netto rispetto alle ambizioni dichiarate.

Il punto, allora, non è stabilire se Vasseur abbia lavorato bene su alcuni aspetti gestionali, ma chiedersi se ciò sia sufficiente in un contesto come quello ferrarista, dove la pazienza è storicamente un bene scarso e la è memoria selettiva. Il 2026 incombe come un giudice silenzioso e severo. La rivoluzione regolamentare offrirà a tutti un foglio bianco, ma difficilmente concederà attenuanti. E soprattutto offrirà possibilità a pochi. Se in quell’anno la Ferrari dovesse mancare ancora l’appuntamento con il titolo, appare verosimile immaginare che anche per Vasseur si arrivi al capolinea, seguendo un copione già visto.
Questo nonostante un rinnovo contrattuale arrivato pochi mesi fa, segnale più di stabilità formale che di garanzia sostanziale. A Maranello, la storia recente insegna che i contratti possono resistere ai comunicati, ma non alla mancanza di vittorie. E il tempo, ancora una volta, sembra essere il vero avversario del team principal in carica.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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