In una F1 in cui le premialità dipendono dai risultati in pista, si sono osservate variazioni importanti in alcuni team dopo il campionato 2025. Ecco chi sale e chi scende nella graduatoria dei guadagni.
Guadagni F1 a confronto: 2024 vs 2025
| Team | Guadagni 2024 (milioni €) | Guadagni 2025 (milioni €) | Differenza (milioni €) | Variazione % |
| McLaren | 161 | 175 | +14 | +8,7% |
| Mercedes | 130 | 164 | +34 | +26,1% |
| Red Bull | 140 | 152 | +12 | +8,6% |
| Ferrari | 151 | 141 | -10 | -6,6% |
| Williams | 79 | 130 | +51 | +64,6% |
| Racing Bulls | 90 | 119 | +29 | +32,2% |
| Aston Martin | 120 | 107 | -13 | -10,8% |
| Haas | 100 | 96 | -4 | -4,0% |
| Sauber | 69 | 85 | +16 | +23,2% |
| Alpine | 109 | 75 | -34 | -31,2% |
La scuderia di Maranello, nonostante i bonus determinati dalla quota storica, passa da 151 a 141 milioni di euro, con una perdita secca di 10 milioni, pari a un calo del 6,6%. Un dato che spicca ancora di più se letto in controluce rispetto alla concorrenza diretta: Mercedes cresce di oltre 30 milioni, McLaren consolida la leadership economica, Red Bull rimane stabilmente su livelli dell’anno precedente. Ferrari, invece, arretra.
Il motivo non è strutturale né legato al brand value, che resta tra i più alti dello sport mondiale. La ragione è prettamente sportiva. Un mondiale negativo, senza vittorie di peso e senza una reale lotta per il titolo, ha un impatto diretto su almeno tre voci fondamentali: premi FOM, bonus legati alle performance e ritorno per sponsor e partner tecnici.

Nel modello economico fissato nel Patto della Concordia il piazzamento in classifica costruttori è una leva inesorabile. Ogni posizione persa significa milioni in meno nella redistribuzione dei ricavi commerciali del Circus. Ferrari ha pagato l’incapacità di inserirsi stabilmente nel duello di vertice finendo per occupare una terra di mezzo che, economicamente, è la peggiore possibile: non abbastanza competitiva per massimizzare i premi, ma troppo costosa per assorbire l’impatto senza conseguenze.
C’è poi un secondo livello di lettura, più sottile ma altrettanto importante. Ferrari vive di esposizione globale determinata dalla sua storia. Un campionato anonimo riduce il peso specifico del brand nei momenti chiave della stagione, quelli che attirano sponsor premium, attivazioni commerciali e investimenti extra-budget (ovviamente quelli consentiti dalle stringenti regole finanziarie della F1). Non è un caso se, nello stesso arco temporale, team come Williams (spaventoso il suo incremento di oltre il 60%) e Racing Bulls mostrano crescite importanti: partivano da basi più basse, ma hanno massimizzato risultati e storytelling.
Il dato Ferrari non è allarmante in senso assoluto, ma è un campanello d’allarme strategico. In un contesto di budget cap, dove i costi sono sempre più controllati, la capacità di generare ricavi extra diventa una discriminante competitiva. Perdere dieci milioni oggi significa dover racimolare la somma attraverso altri canali, come gli sponsor che, però, potrebbero essere meno invogliati ad investire in un team che non compete strutturalmente per le posizioni di vertice.
Ferrari resta un colosso, ma il 2025 dimostra che anche Maranello paga il prezzo di un mondiale sbagliato. Alla lunga i risultati sportivi negativi possono avere un peso anche per chi ha un blasone enorme.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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