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Home Editoriali

Ferrari: Prost e Hamilton accomunati dallo stesso destino? 

Domare il Cavallino Rampante non è un’operazione semplice. Alain incontrò delle difficoltà, Lewis ha faticato molto. Il 2025 sarà servito come stress test da cui ripartire?

Diego Catalano by Diego Catalano
30 Dicembre 2025
in Editoriali, News
Tempo di lettura: 3 minuti
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Lewis Hamilton Ferrari

Lewis Hamilton indossa il casco prima di scendere in pista

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Non lo si afferma per spirito patriottico, bensì per un dato di fatto difficilmente controvertibile: la Ferrari è un modo a sé. Maranello, con la sua liturgica solennità, è luogo che non si attraversa: ti attraversa. Entrare in quell’ambiente, maneggiarlo, comprenderlo e domarlo non è semplice. E anche dei pluri-campioni possono esserne fagocitati.  

Karun Chandhok, parlando di Lewis Hamilton, ha centrato il punto usando un paragone che in rosso fa sempre rumore: Alain Prost. Non un nome qualunque, non un precedente banale. Un campione del mondo che in Ferrari ci ha vinto avvicinandosi al bottino grosso, sì, ma che non ha mai smesso di sentirsi, intimamente, un corpo estraneo.

Quando Chandhok, a The F1 Show, dice che Lewis Hamilton ha probabilmente sottovalutato il cambiamento culturale, non sta parlando di adattamento tecnico, di procedure, di metodi di lavoro. Sta parlando di identità. Ferrari non è un team: è un ecosistema emotivo, storico, politico. È un ambiente che pretende adesione totale, non semplice professionalità. E se non ti cali fino in fondo in quella mentalità, prima o poi paghi il conto.

Alain Prost in Ferrari
Alain Prost in divisa Ferrari

Il parallelo con Prost è illuminante proprio per questo. Il Professore arrivava da squadre britanniche, con una cultura razionale, lineare, quasi asettica. In Ferrari vinse, ma non si sentì mai davvero a casa. Non perché mancasse il rispetto o la competenza, ma perché il modo di intendere il lavoro, la pressione, il rapporto con l’esterno era radicalmente diverso.

Ferrari ti chiede di essere parte del racconto, non solo dell’organigramma. E infatti bastò una macchina sbagliata per suscitare le ire del pilota transalpino che pagò per la sua irriverenza. Perché paragonare una Rossa a un camion è un’onta che i vertici della squadra non potettero tollerare anche se quella del francese era una verità oggettiva. 

Hamilton è arrivato a Maranello dopo aver costruito in Mercedes qualcosa di ancora più profondo: un rapporto simbiotico, quasi familiare. Un sistema che lo proteggeva, lo comprendeva, lo anticipava. Uscirne non significa solo cambiare box, ma rinunciare a una comfort zone costruita in oltre un decennio. Ed è qui che Chandhok coglie un passaggio chiave: quel legame così forte, paradossalmente, può essere diventato un freno. Per funzionare in Ferrari devi prima “disimparare” ciò che ti ha reso grande altrove.

Il 2025, in questa chiave, non va letto come un anno fallimentare. Va inteso come una palestra. Dura, scomoda, spesso frustrante. Un mondiale in cui Hamilton ha dovuto fare i conti non solo con una macchina imperfetta (le etichette da adoperare sarebbero ben altre e sicuramente più severe di “camion”), ma con un modo diverso di vivere la Formula 1. La pressione mediatica amplificata, il peso simbolico di ogni parola, di ogni gesto, di ogni silenzio. In Ferrari non sei mai solo un pilota: sei un segnale super esposto.

Hamilton sale a bordo della Ferrari per la gara brasiliana

Le palestre, però, servono solo se gli insegnamenti vengono assimilati. Il punto ora è questo. Il 2026 non sarà un altro anno di rodaggio, né potrà esserlo. Il tempo, semplicemente, non lo consente. L’età avanza, le energie non sono infinite e la Formula 1 non aspetta nessuno, nemmeno Lewis Hamilton. La rivoluzione regolamentare offrirà un’opportunità, forse l’ultima. Andrà aggredita con ferocia, ma soprattutto con lucidità e con una piena immersione nel mondo Ferrari.

Ora o mai più, davvero. Perché in rosso non basta essere il più grande: bisogna elevarsi alla grandezza della Ferrari. E non è una sfida tecnica. È una sfida culturale, identitaria, quasi esistenziale. Prost lo aveva capito a sue spese, tanto che andò a cercare fortuna in Williams ottenendo un altro titolo. Hamilton, che di tempo ne ha poco, sta ancora imparando. Il 2026 dirà se quella lezione sarà stata sufficiente.


Crediti foto: Scuderia Ferrari HP

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Tags: Alain ProstEditorialeF1FerrariLewis HamiltonNews
Diego Catalano

Diego Catalano

Partenopeo Classe 1977 con formazione nell’ambito delle Relazioni Internazionali. La passione per il motorsport nasce sin dalla prima adolescenza. Proprio questa forte pulsione mi ha portato, negli anni, a volermi cimentare con la narrazione di ciò che circonda la Formula Uno. Ho fatto parte, come fondatore, di diversi progetti editoriali a tema: MotorQube, Fatti di Motori, Undici Metri; esperienze chiusesi ma che mi hanno permesso di approdare in FormulaUnoAnalisiTecnica. Realtà nella quale, per cinque anni, ho ricoperto il ruolo di caporedattore e coordinatore. Nel gennaio del 2024 ho deciso di rimettermi in gioco creando Formulacritica.it, un contenitore plasmato sulle mie necessità espressive che ho voluto impostare su un modo di raccontare il motorsport diverso, votato all’analisi concettuale del fenomeno. In parallelo curo un altro figlio editoriale: PuntoNapoli. A tempo perso pesto sui tamburi e sui piatti di una batteria e provo a dare del tu a un paio di bassi elettrici. Con risultati rivedibili. La musica e il prog-rock sono un’altra ragione di vita. Ne parlo su No Limits Radio nello spazio denominato "Blog To The Edge" del quale esistono proiezioni sui principali social network e su YouTube.

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