Anche gli addii più pacifici possono nascondere realtà ben diverse. La rottura del rapporto tra la Ferrari e Mattia Binotto, anche se venduta come una rescissione consensuale, è arrivata al termine di una stagione tumultuosa, nella quale si erano verificate le dimissioni dell’ingegnere di Losanna: inizialmente respinte, poi riformulate a fine anno in un’intesa bipartisan che non aveva mai convinto del tutto.
Il tempo ha dimostrato che, in realtà, i rapporti tra le parti erano molto sdrucciolevoli. Non sorprende, quindi, che oggi l’occhialuto ingegnere si tolga qualche sassolino dalla scarpa non appena ne ha l’occasione. Va detto che, in questo caso, è stato proprio Fred Vasseur a offrirgli su un piatto d’argento la possibilità di prendersi una piccola vendetta mediatica, quando ha scaricato la responsabilità del fallimento della SF-25 sul povero Enrico Cardile, cacciato dalla Ferrari in maniera non proprio gentile e oggi indicato come il “padre” della vettura. Falsità smentite dalla cronologia, come abbiamo potuto dimostrare in questo scritto: leggi qui.

Mattia Binotto e le bordate alla Ferrari
“Potrà darci quello che ha dato e avrebbe potuto continuare a dare in Ferrari: ricordo quando avevamo sbagliato alcune strategie, dipende da mille fattori e dall’esterno è sempre facile giudicare. Da noi ricopre lo stesso ruolo che aveva alla fine della sua esperienza a Maranello: è direttore sportivo”, ha detto Binotto riferendosi all’ingaggio di Inaki Rueda, l’ex tattico silurato dalla Ferrari.
Il tecnico motorista, incalzato sull’amaro epilogo in rosso, ha così risposto: “In Ferrari vige il criterio del capro espiatorio. È un sistema italiano che vediamo anche nel calcio, ma non risolve”.
Parole dure, non filtrate, che sicuramente staranno risuonando nelle stanze di Via Abetone, sede della Ferrari. Esternazioni di chi ha un rancore vivo, pulsante, ma che non ci sentiamo di condannare, perché i fatti – come la storia del Cavallino Rampante insegna – dimostrano che la ghigliottina, a Maranello, è sempre ben oliata e pronta a colpire.
Non è nostra intenzione sollevare Binotto dalle sue responsabilità, che sono evidenti, visto che per ben due volte ha sacrificato una stagione con la promessa di fare molto meglio in quella successiva. Tuttavia, è altrettanto evidente che scaricare la colpa sul singolo – e ancor di più su chi non c’è più (lavorativamente parlando, s’intenda), come nel caso di Cardile – sia uno sport ancora troppo in voga in Ferrari, e che dovrebbe finalmente essere oggetto di una profonda revisione.
Maranello eviti di piegarsi a questi pettegolezzi di palazzo e vada avanti per la sua strada, convinta delle proprie scelte. Solo in questo modo si può evitare che gli ex si esprimano nella maniera che abbiamo mostrato sopra, dimostrando – anche solo parzialmente – di avere ragione.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP, Sauber
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