Johnny Herbert, ex pilota di Formula 1 e oggi voce autorevole del paddock, non usa mezzi termini nel descrivere la crisi strutturale della Ferrari. Per l’ex compagno di squadra di Michael Schumacher alla Benetton, il nodo centrale non è né la coppia di piloti né un difetto momentaneo di progetto, ma la mancanza di una guida carismatica capace di costruire un ecosistema vincente.
“L’obiettivo principale della Ferrari deve essere Christian Horner”, ha dichiarato Herbert ai microfoni di Canal+. “I piloti non sono affatto un problema, è la macchina che manca di velocità. A Maranello non sono ancora riusciti ad attirare le persone di cui hanno bisogno per costruire un’auto davvero competitiva in pista”.

Parole che suonano come un atto d’accusa contro il management, incapace – secondo Herbert – di ricreare quel clima di sinergia e fiducia che altrove ha portato risultati concreti. L’ex pilota inglese cita come esempio emblematico la Red Bull: “Quando Newey lasciò la McLaren, Horner lo convinse ad accettare la sfida di Red Bull e creò un ambiente in cui Newey poteva respirare e fiorire. Quando metti Newey in quelle condizioni, ottieni il meglio da lui. Ed è esattamente ciò che la Ferrari non è ancora riuscita a fare”.
Per Herbert, il problema non è tanto tecnico quanto culturale. A differenza di Red Bull, dove la leadership di Horner ha costruito un ecosistema stabile, Maranello sembra vivere ancora in una precarietà organizzativa perenne, in cui ogni ciclo si esaurisce prima di maturare. “Non c’è un leader”, sottolinea l’ex pilota britannico. “La dirigenza deve essere in grado di attrarre la persona giusta e darle la libertà di fare ciò che vuole”.
La stoccata finale riguarda anche la posizione di Frédéric Vasseur, recentemente confermato alla guida del team da John Elkann e Benedetto Vigna. Herbert non esclude che il futuro del manager francese possa essere in discussione se i risultati non arriveranno: “Vasseur ha firmato un nuovo contratto di recente, ma se le cose torneranno a peggiorare l’anno prossimo, bisognerà intervenire”.

Dietro la provocazione, il senso è chiaro: la Ferrari deve smettere di inseguire soluzioni a breve termine e iniziare a costruire una struttura stabile, con un leader capace di unire ingegneri, strateghi e piloti sotto una visione unica. Esattamente ciò che Horner è riuscito a fare a Milton Keynes, trasformando Red Bull da outsider a dinastia tecnica.
E, in filigrana, il messaggio di Herbert è quasi programmatico: senza un “Horner italiano”, la Ferrari continuerà a vivere di lampi isolati, senza mai ritrovare quella coerenza vincente che serve per tornare ai vertici.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP, Oracle Red Bull Racing, F1
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