Ogni volta che Lewis Hamilton parla, il mondo lo ascolta. Ogni suo gesto, ogni sua dichiarazione, ogni post social genera reazioni, commenti, engagement. Non è solo un pilota, ma un’azienda di se stesso: un marchio globale che trascende la Formula 1 e incarna un modello di comunicazione contemporaneo. Lo dimostra, ancora una volta, la classifica “50 Most Marketable Athletes” di SportsPro, nella quale il sette volte campione del mondo figura al primo posto, davanti a icone come Simone Biles, Stephen Curry, Cristiano Ronaldo e Neymar.
Lewis Hamilton: un brand globale
Il report di SportsPro analizza il valore di mercato, la forza del brand e il potenziale economico degli atleti nel panorama sportivo mondiale. L’alfiere della Ferrari ha ottenuto un punteggio complessivo di 96.03, con numeri che definiscono in modo inequivocabile la sua statura commerciale: 34.30 su 35 nella “brand strength”, ossia la capacità di generare connessione emotiva con tifosi e sponsor; 31.73 su 35 nel “Total Addressable Market”, parametro che misura la dimensione e il coinvolgimento della sua fanbase globale; e 30 su 30 nel segmento “Economics”, dedicato al valore commerciale e alla crescita del suo brand personale. È il quarto atleta nella storia a vincere per due volte questa classifica, dopo Neymar, Messi e Biles.

Dietro di lui, nel mondo dei motori, si trovano solo Charles Leclerc (25° posto) e Lando Norris (41°). Una conferma di quanto Hamilton resti un unicum anche al di fuori della pista: il suo appeal travalica il recinto sportivo, diventando un asset strategico per ogni team che lo accoglie. La Ferrari, che lo ha fortemente voluto e per il quale si è impegnato direttamente il presidente John Elkann, da sempre molto attento a certe dinamiche commerciali, ne ha fatto il proprio uomo immagine accanto a Leclerc. Un accordo che si è definito anche per la consapevolezza di questo potenziale e non per esclusive ragioni tecniche.
Il valore di Hamilton non si misura soltanto in esperienza, in giri veloci o titoli iridati, ma nella sua capacità di orientare il discorso pubblico. L’inglese ha scelto di esporsi in battaglie sociali che pochi atleti di vertice hanno il coraggio di affrontare: dalla lotta contro le discriminazioni razziali fino alle prese di posizione più recenti a sostegno del popolo palestinese passando per la tutela della causa LGBTQ+. Questo coraggio lo ha reso un simbolo, ma anche un brand etico e riconoscibile, in perfetta sintonia con i valori di un pubblico sempre più sensibile alle cause sociali.

La Ferrari, nel decidere di puntare su di lui, non ha comprato solo un campione, ha acquisito una fabbrica di visibilità, influenza e ricavi. Dopo quasi una stagione intere in rosso, viene da chiedersi, provocatoriamente, se la visibilità mediatica dell’ex Mercedes abbia pesato più della cifra tecnica che avrebbe portato in dote al Cavallino Rampante.
In un’epoca in cui lo sport è sempre più contaminato dal marketing, il binomio Ferrari-Hamilton è connubio sportivo di una potenza economica globale. Maranello non ha scelto soltanto il pilota che ha vinto sette titoli mondiali: ha scelto il marchio Hamilton, e con esso, un moltiplicatore di valore mediatico che nessun altro pilota oggi può offrire. Anche a fronte di una resa in pista non proprio rimarchevole.
Lewis, in ogni caso, proverà ancora a scrivere l’ultima grande pagina della sua carriera. Anche se non dovesse riuscirci, fuori continuerà a fare ciò che gli riesce meglio in questi ultimi anni: trasformare ogni cosa che tocca in valore. La Ferrari l’ha voluto anche per questo: perché Lewis Hamilton, prima ancora di essere un pilota, è una vera fabbrica di denaro.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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