Certe ferite segnano e non si rimarginano nemmeno con lo scorrere del tempo. Oltre trent’anni fa, Nigel Mansell chiudeva la sua biennale esperienza in Ferrari per poi approdare in quella Williams che gli avrebbe regalato la gioia del campionato del mondo. Un inglese che vinceva in un’icona britannica: il cerchio che si chiudeva, il premio dopo le due stagioni in rosso che portarono gioie saltuarie e lasciarono qualche scoria, figlia di un rapporto interno non proprio idilliaco.
Mansell – Ferrari: un rapporto mai sbocciato del tutto
Nigel è diventato un idolo per i tifosi rossi, ma la sua esperienza a Maranello non è stata proprio tutta rose e fiori. L’inglese approda in Ferrari nel 1989, dove guiderà la 640 F1 accanto a Gerhard Berger. Tanti ritiri per problemi tecnici, qualche podio e una vittoria nel Gran Premio d’Ungheria (dove tre anni dopo avrebbe conosciuto la sua più grande gioia sportiva conquistando il titolo, ndr), dopo una grandissima rimonta dalla dodicesima posizione di partenza. A fine anno sarà quarto nel mondiale con 38 punti, vincendo il duello interno con l’austriaco.
L’anno successivo, Berger sarà sostituito da Alain Prost, pilota proveniente dalla McLaren, che aveva dichiarato l’intento di vincere il titolo, cosa che mise Mansell in una situazione poco vantaggiosa. Il Leone, pur potendo contare su una monoposto veloce, capace di lottare per il titolo piloti con la McLaren di Ayrton Senna fino al famoso epilogo di Suzuka, rimase sopraffatto da un punto di vista psicologico rispetto al francese, che subito si “prese” la scuderia, vincendo anche una guerra politica interna e riuscendo ad avere il team dalla sua parte.
Emblematico fu l’episodio del Gran Premio del Portogallo, in cui Nigel, partito dalla pole, strinse Prost, consentendo il sorpasso da parte delle McLaren di Berger e Senna. Un fatto che descriveva come il clima all’interno della scuderia fosse ormai corrotto, e da cui scaturì l’annuncio del ritiro dalla Formula 1 che in realtà fu un bluff, perché venne poi organizzato il grande ritorno alla Williams che dopo due anni gli avrebbe permesso di vincere il titolo mondiale.
È quindi logico che il pilota britannico possa non avere un grande ricordo e una buona considerazione dell’ambiente ferrarista, anche a distanza di oltre 30 anni. Una storia che evidentemente condiziona il giudizio di Mansell che si è espresso in termini critici verso la Ferrari, lodando Adrian Newey per aver chiuso le porte in faccia a Maranello accordandosi con Aston Martin.

Ferrari: Nigel Mansell boccia l’ambiente e loda Newey per essere rimasto in Inghilterra
Il buon vecchio Leone ha perso il baffo iconico, ma non ha smarrito l’aggressività e la capacità di provocare, anche verbalmente. Parlando del passaggio di Adrian Newey alla Aston Martin in un’intervista rilasciata a The Offshore Sports, il pilota ha detto che l’ex Red Bull è stato molto saggio a scegliere il team di Lawrence Stroll, in modo da non rimanere invischiato nella politica che connota la vita in Ferrari.
Ma non solo. Mansell ha anche detto che l’ingegnere avrebbe potuto soffrire per tutto il clamore mediatico e le grandi aspettative che si sarebbero costruite intorno al suo nome. Immaginate cosa avrebbe significato un fallimento a Maranello per il tecnico più vincente della storia della Formula 1.
Nigel rincara la dose, affermando che la Ferrari doveva fare di più per assicurarsi le prestazioni di un ingegnere così determinante e che ora non resta che leccarsi le ferite. Il settantunenne ex pilota ha riferito che il Cavallino Rampante avrebbe dovuto fare uno sforzo maggiore per convincere Newey a lasciare la sua amata Albione, e che qualcuno, tra qualche anno, potrebbe pentirsi se la scuderia di Silverstone dovesse arrivare a vincere un titolo mondiale.
Molti si aspettano questo traguardo dopo la campagna acquisti fatta da Stroll Senior che non ha badato a spese per implementare nuove strutture e strumenti, come la galleria del vento, che potrebbe fare la differenza nei prossimi anni. Per non parlare dell’accordo esclusivo con Honda, che da qualche anno sta scrivendo pagine di vittorie in Formula 1.
Insomma, è un Mansell “leggermente” avvelenato quello che ha parlato di una Ferrari che non ha saputo compiere l’opera suprema rappresentata dall’accaparrarsi un ingegnere di sicuro affidamento. Come sempre, saranno la pista e la storia a dire se avrà avuto ragione Fred Vasseur che deve dimostrare che quello della Scuderia non è un ambiente logorante o se ci avrà visto lungo il Leone d’Inghilterra che ritiene l’esatto contrario.
Crediti foto: Williams, Ferrari