Secondo il Corriere della Sera, tra la FIA e la Ferrari tira aria pesante. L’organo federale avrebbe intensificato i controlli sulla SF-25, costringendo il team a un approccio “più conservativo in tutte le aree” per non rischiare di oltrepassare il limite regolamentare. Tradotto: la Ferrari sarebbe vittima della sua stessa prudenza, paralizzata dal terrore di finire nel mirino di chi scrive le leggi e ne controlla la corretta applicazione.
Se tutto questo è vero, allora a Maranello il problema non è la FIA. È la mentalità. Perché una squadra che teme di innovare per paura dei commissari è una squadra che ha già smesso di competere.
La Ferrari di oggi non osa, non spinge, non rischia. È una struttura ossessionata dal controllo, più attenta a non sbagliare che a vincere. Da quando Frédéric Vasseur ha preso in mano il comando, il verbo dominante a Maranello è “gestire”: gestire i rapporti, gestire la stampa, gestire i piloti, gestire i danni. Ma la Formula 1 non si gestisce, si aggredisce. E questo la Ferrari sembra averlo dimenticato.
Invece di costruire una macchina capace di far tremare gli avversari, si preferisce costruire una narrazione di autoassoluzione. Ogni stagione un nuovo colpevole: la FIA, la Direttiva Tecnica xyz, le gomme, il meteo, le regole “ambigue”. Mai una volta che il dito punti verso l’interno. Mai una volta che qualcuno ammetta: non siamo stati abbastanza bravi.
È un atteggiamento da azienda che teme la propria ombra, non da squadra corse. Si parla di trasparenza, ma regna la paura. Si parla di rinnovamento, ma il linguaggio è sempre quello dell’alibi. Si parla di fiducia nel progetto 2026, ma nel frattempo si racconta che i controlli federali hanno “limitato” lo sviluppo dell’attuale vettura.
Vasseur dice di voler riportare serenità, ma la serenità non nasce dal silenzio: nasce dal coraggio. E di coraggio, oggi, la Ferrari ne ha poco. Mentre Red Bull, Mercedes e McLaren avanzano spingendo i limiti del regolamento fino all’estremo, a Maranello si controlla due volte ogni bullone per paura di un reclamo. La Ferrari, quella vera, non chiedeva permessi: li “strappava”. Quella di oggi si giustifica. E se davvero serve la FIA per ricordarglielo, allora il problema non è più tecnico. È identitario.
Crediti foto: Ferrari
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