Charles Leclerc comprende la situazione di Lewis Hamilton, ma sceglie con attenzione di non oltrepassare una linea. Il monegasco mostra empatia per il momento vissuto dal compagno di squadra, riconosce le difficoltà legate al cambio di ambiente, ma si guarda bene dal trasformarsi in un punto di riferimento tecnico o metodologico per il sette volte campione del mondo. E c’è da comprenderlo.
“Il mio compito è ovviamente massimizzare tutto ciò che posso fare sotto il mio controllo“, spiega Leclerc, chiarendo subito il perimetro della sua posizione. La priorità resta il proprio lavoro e quello con il team, in un contesto già estremamente complesso. “Ci sono già così tante cose su cui mi sto concentrando per me e per la squadra, per cercare di assicurarmi che la mia guida si adatti al meglio alla macchina“.
In questo quadro, aiutare Hamilton diventa quasi secondario, se non improprio. “Ovviamente è difficile per me dedicare tempo anche ad aiutare Hamilton. E anche Lewis ha raggiunto molto più di quanto abbia mai fatto io. Non ho davvero consigli da dargli“. Una frase che pesa, non tanto per ciò che nega, quanto per ciò che sottintende: Leclerc non si sente nella posizione di dover guidare un pilota del calibro di Hamilton, né tecnicamente né umanamente.

Il monegasco entra poi nel merito della difficoltà strutturale del cambiamento. “È sicuramente un processo lungo ogni volta che entri in una nuova squadra. Non ricordo nemmeno cosa significhi entrare in una nuova realtà. Sono otto anni che sono alla Ferrari. So come funziona“. Per Leclerc, l’ambiente Ferrari è ormai un’estensione naturale del proprio modo di lavorare, una condizione che non può essere replicata automaticamente da chi arriva dall’esterno.
“Per Lewis, è ancora un po’ nuovo anche dopo un anno“, aggiunge, sottolineando come il tempo sia un fattore imprescindibile. I processi, spiega Leclerc, cambiano radicalmente da squadra a squadra: “Il modo in cui hai la visione, il team, il modo in cui lavori. Tutto questo ha ancora bisogno di tempo per abituarsi“.
Parole che restituiscono una fotografia lucida della situazione, ma che non sfociano mai in un supporto operativo diretto. Leclerc osserva, comprende, ma si astiene. È una scelta che può essere letta in due modi: da un lato, la convinzione che Hamilton abbia esperienza e strumenti sufficienti per uscire autonomamente dalla fase di adattamento; dall’altro, la volontà di non offrire indicazioni che potrebbero tradursi in un vantaggio competitivo interno.

Nel quadro più ampio della stagione, Leclerc difende anche il lavoro svolto dalla Ferrari sulla SF-25. Il team, a suo giudizio, ha saputo estrarre il massimo dal pacchetto disponibile. “Ho avuto la sensazione che abbiamo fatto un buon lavoro nel massimizzare la nostra auto durante tutto l’anno in questo modo. Ma le prestazioni della vettura non sono abbastanza solide“.
Il limite, dunque, resta strutturale. “È questo che ci manca“, conclude Leclerc, indicando nel confronto con gli avversari un riferimento chiaro. “Penso che Mercedes, la squadra più vicina a noi quest’anno, abbia avuto grandi alti e bassi molto alti“.
Comprensione sì, quindi, ma senza concessioni. Leclerc mantiene una distanza misurata, consapevole che in Formula 1 – soprattutto all’interno dello stesso box – ogni parola, ogni consiglio e ogni dettaglio possono fare la differenza.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
Seguici e commenta sul nostro canale YouTube: clicca qui




