In Ferrari il tempo è un lusso che nessuno può permettersi davvero. Ne sanno qualcosa i tanti che hanno provato – e spesso fallito – a riportare Maranello al vertice della Formula 1. Oggi tocca a Frédéric Vasseur sentire il fiato sul collo. Secondo quanto riportato dalla Gazzetta dello Sport, il team principal francese sarebbe entrato in una fase critica del suo mandato: le prossime tre gare – Montreal, Spielberg e Silverstone – potrebbero decidere il suo destino. E con esso, ancora una volta, il futuro della Rossa.
L’aria che si respira tra i corridoi della GES è quella di una risoluzione anticipata, da realizzarsi a fine 2025. Non è una novità in casa Ferrari: la storia recente è costellata di progetti interrotti, rivoluzioni annunciate e poi subito abbandonate. L’impazienza è diventata cifra stilistica, quasi genetica. Ogni stagione è giudicata come se fosse l’ultima, ogni team principal chiamato a vincere subito, ogni fallimento seguito da un colpo di spugna. È successo con Mattia Binotto, Maurizio Arrivabene, Marco Mattiacci. Ora, il rischio è che la stessa ghigliottina scenda anche sul manager di Draveil.

Eppure, il francese non è arrivato a Maranello con promesse roboanti. Al contrario: ha chiesto tempo, ha parlato di ricostruzione, ha sottolineato più volte quanto fosse necessario un approccio razionale per riorganizzare un team che da anni vive sulle montagne russe della prestazione. Ma in Ferrari la pazienza è un bene sempre più raro. E a pesare non sono solo i risultati – comunque al di sotto delle aspettative, specie in questo 2025 – ma soprattutto l’impressione di un progetto che fatica a decollare, mentre gli altri corrono.
La McLaren è diventata il punto di riferimento tecnico e operativo del momento. In due anni, la scuderia di Woking ha trasformato una macchina mediocre in un’arma vincente. A Maranello, invece, la SF-25 ha mostrato lampi ma anche profonde lacune, soprattutto sul fronte dello sviluppo. Il risultato è un distacco crescente, più tecnico che numerico, che mina la fiducia e alimenta le voci di corridoio.
In questo contesto, la figura di Antonello Coletta – attuale responsabile del programma Endurance – comincia a emergere come possibile alternativa interna. Uomo Ferrari da sempre, rispettato e pragmatico, Coletta potrebbe rappresentare il volto nuovo di una nuova (ennesima) rifondazione. Ma anche in questo caso, la domanda resta la stessa: cambiare basta davvero?
Vasseur ha portato con sé un metodo. Ha lavorato per snellire i processi decisionali, per migliorare la comunicazione interna, per costruire un ambiente meno isterico e più focalizzato sul lungo termine. Ha contribuito in modo diretto all’arrivo di ingegneri di valore, come Loïc Serra da Mercedes e altri tecnici che pian piano stano andando a pieno regime. L’effetto delle sue mosse, dunque, non può ancora essere pienamente valutato.
Eppure, in Ferrari, raramente si aspetta. La cultura del risultato immediato, alimentata da decenni di pressione mediatica e da una tifoseria esigente, spinge la dirigenza a cercare scorciatoie. L’impressione è che anche i vertici della Gestione Sportiva siano sempre più orientati a giudicare il presente, senza concedere il tempo necessario per costruire il futuro. E così, ogni stagione diventa un referendum. Ogni errore, una sentenza.
Ferrari: fiducia a tempo per Vasseur?
Le prossime tre gare rischiano quindi di essere qualcosa di più di semplici tappe intermedie. Montreal, Red Bull Ring e Silverstone rappresentano un trittico che può cambiare gli equilibri interni. Per Vasseur non si tratta di vincere a ogni costo, ma di mostrare segnali tangibili di crescita. Ridurre il distacco dai vertici, reagire con forza agli sviluppi portati dagli avversari, dare una direzione chiara al team. In altre parole, dimostrare che la Ferrari attuale è in grado di migliorare, non solo di sopravvivere. Questo è ciò che chiedono John Elkann e Benedetto Vigna che si fanno presenti troppo raramente e con la scure in mano.

La posta in gioco non è solo la rimonta nel 2025, ma la credibilità di un progetto che guarda al 2026, anno della prossima rivoluzione regolamentare. Sarà allora che tutti ripartiranno da zero, o quasi. E sarà lì che servirà coesione, visione tecnica e stabilità gestionale. Ma se il percorso verso quella scadenza sarà già compromesso da un altro cambio al vertice, la Ferrari rischia di arrivarci ancora una volta in ritardo, frammentata e con un piano a metà.
Non si tratta di difendere Vasseur a prescindere. La Formula 1 è meritocratica, spietata e i risultati contano. Ma la domanda è più ampia: è possibile costruire qualcosa di duraturo senza continuità? È possibile vincere se ogni stagione si riparte da capo, cambiando uomini, idee, priorità?
La Ferrari è un patrimonio della Formula 1. Ma oggi più che mai deve scegliere se vuole tornare a vincere davvero o continuare a inseguire fantasmi, cambiando per cambiare, tagliando teste senza dare tempo ai progetti di maturare. Perché la velocità, in pista, è tutto. Ma nei box, spesso, serve saper aspettare.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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Prima ancora degli uomini, bisogna cambiare cultura e mentalità, cose che Elkann e Vigna non sono in grado. Ma ci vuole tanto a capirlo?