Siamo finalmente giunti all’epilogo di questa ennesima ed infinita stagione di F1. Ventiquattro estenuanti gare, soprattutto per chi – come il sottoscritto – ha il cuore marchiato con le effigi del Cavallino Rampante. Oltre a soffrire per le prestazioni a dir poco scandalose della SF-25, ci siamo pure dovuti sorbire lo strascico di polemiche inutili e fastidiose che hanno fatto da antipasto e contorno ad ogni singolo weekend.
Una verità che tutti sapevano
Arrivati alla fine del 2025, la Ferrari – per voce dei suoi rappresentanti più illustri, Hamilton e Leclerc, e del Team Principal Fred Vasseur – ha finalmente confermato il segreto di Pulcinella. Hanno dichiarato in coro che la stagione era già segnata da inizio anno e che, ben presto, si sono resi conto dell’impossibilità di evolvere positivamente la SF-25.
Da lì la decisione: stop perentorio agli sviluppi 2025 per dare priorità al 2026, anno del grande reset tecnico. Hamilton ha rivendicato di aver spinto in prima persona per abbandonare il progetto SF-25. Leclerc, a margine del GP di Abu Dhabi, ha detto di essere sempre stato consapevole e favorevole alla scelta.

Ferrari: Il rischio noto fin dal 2024
Perché lo definisco “segreto di Pulcinella”? Perché per me, come per tutta la redazione di Formula Critica, era ovvio fin dal finale 2024 e dai test 2025 che la Ferrari avesse preso un rischio enorme. Il cambio radicale della filosofia della sospensione anteriore e dell’intero avantreno era un azzardo clamoroso.
Noi tutti, nelle live del martedì, eravamo concordi: se l’azzardo non avesse pagato, avremmo assistito a una lenta, lentissima agonia fino a dicembre. E così è stato. In una stagione in cui il concetto delle auto a effetto suolo era ormai chiuso, nessuno avrebbe potuto recuperare margini reali. Continuare a sviluppare una base sbagliata sarebbe stato soltanto inutile, costoso e controproducente.
Gli update: palliativi, non cure
Ecco perché parliamo di fallimento annunciato. Anche i pochi aggiornamenti portati sulla SF-25 sono stati palliativi. Il più discusso, quello sulla sospensione posteriore, è stato trattato come una rivoluzione… ma di rivoluzionario aveva ben poco.
Serra e i tecnici si sono trovati davanti a una situazione tragica: troppe problematiche, troppo strutturali. A un certo punto hanno provato a modificare l’attacco della sospensione posteriore nella speranza di raccogliere qualcosa in termini di equilibrio ed efficienza ( con il minimo sforzo ), anche più di quanto avrebbe fatto quel famoso fondo nuovo poi bloccato prima di Baku.

Una scelta logica in mezzo al disastro
Sinceramente è stata una scelta logica. Valeva la pena tentare di rendere la SF-25 un minimo più neutra per migliorare la raccolta dati e la correlazione in vista del 2026. Scegliere la sospensione invece del fondo era quasi obbligato.
Ho letto polemiche di tifosi che non si spiegano il mancato arrivo del fondo a Baku. Ma davvero? A cosa sarebbe servito? A lottare per un secondo posto nel Costruttori a “miliardi di anni luce” dalla McLaren? Davvero qualcuno avrebbe preferito sprecare risorse per inseguire un secondo posto inutile? Siamo seri.
Preferisco essere realista ed anche un po’ cinico: arrivare quarti nel Mondiale 2025 e guadagnare più ore di sviluppo per il 2026 è oro colato. Onestamente una ventina di sessioni di sviluppo in più nella prima metà del prossimo anno potrebbero risultare fondamentali. La curva di sviluppo delle nuove auto sarà ripidissima ed avere a disposizione risorse in più rispetto ai competitor vale infinitamente di più di un fondo nuovo e di un inutile secondo posto nel campionato costruttori.
Ferrari: perché lo stop agli update era inevitabile
Secondo molti tifosi e addetti ai lavori, la scelta di abbandonare gli sviluppi è una bugia per mascherare il fallimento. Io, invece, la considero una scelta sensata e logica dopo un rischio preso nel 2024 che non ha pagato, generando di riflesso una stagione disastrosa sul piano sportivo, tecnico e mediatico.
Pensavate davvero che potessero andare in diretta TV a inizio anno e dire:
“Signori… ci vediamo nel 2026”?
Siate seri. Non l’avrebbero mai detto. La gestione grottesca delle interviste è stata soltanto una triste ma inevitabile conseguenza di una situazione tecnica penosa. Purtroppo ci si deve rendere conto che la Ferrari non è solo due macchinine che corrono in pista con un pugno di meccanici e tecnici ai box: è molto, molto di più.
È un’azienda, e nessun manager con un minimo di sale in zucca sarebbe andato in TV a recitare il de profundis a inizio anno. In primo luogo perché ci sono una montagna di interessi da difendere, in secondo luogo perché si cerca di proteggere il lavoro che nell’ombra fanno gli uomini e le donne in fabbrica, provando a dargli fiducia e motivazioni nei momenti più bui.
Traghettare il presente per salvare il 2026
L’unica scelta sensata, dunque, è stata quella di giocare a rimpiattino: allungare il brodo sia sul piano tecnico sia su quello mediatico, contenere i danni e traghettare il 2025 verso il vero punto di ripartenza, il 2026. Sarà quello il banco di prova definitivo per molti protagonisti della Ferrari.
A partire dalla Presidenza, che già dopo l’addio a Binotto aveva fissato proprio nel 2026 l’anno chiave e che negli ultimi mesi è tornata a mostrare segnali di presenza, seppur in maniera grottesca, con stoccate ai piloti che potevano essere gestite in maniera diversa.
Lo sarà per Vasseur e Serra, chiamati a dimostrare che la nuova direzione tecnica non è stata un abbaglio, e che il loro lavoro all’ombra di un anno disastroso non è poi tutto da buttare. Lo sarà per Leclerc, ormai Ferrarista di lungo corso e desideroso di raggiungere l’agognato traguardo con la Ferrari e lo sarà ancor di più per Hamilton, che nella prossima stagione potrebbe giocarsi l’ultima grande occasione della sua carriera in Formula 1.

Ferrari: il 2026 non ammette altri passi falsi
Il 2025 si chiude come doveva chiudersi: senza magie, senza colpi di scena, ma con la speranza di aver compreso ciò che non ha funzionato a livello tecnico e gestionale. Il margine per Serra e Vasseur è davvero ridotto. Vasseur affronterà il suo terzo anno effettivo in Rosso dopo un rinnovo di contratto tutt’altro che scontato, mentre Serra non potrà contare su alcun alibi agli occhi dei tifosi: questa sarà la sua prima vera Ferrari da direttore tecnico e, in caso di fallimento, verrebbe immediatamente messo sotto giudizio, riaprendo lo spettro di un’ennesima rivoluzione nel reparto tecnico, più dannosa che risolutiva.
Ecco perché nel 2026, oltre a una vettura e a un motore realmente competitivi, servirebbe che la presidenza trovasse il coraggio di esporsi in prima linea, offrendo sostegno diretto a una squadra che necessita urgentemente di fiducia e di una spinta motivazionale significativa, anche attraverso parole e atteggiamenti. Basta interventi limitati alle assemblee degli azionisti: squadra e tifosi hanno bisogno di ritrovare quel calore che, fino al 2014, la presidenza Ferrari sapeva garantire sia in fabbrica sia a chi vive la passione dal proprio divano.
Serve essere davvero uniti, dimostrandolo con i fatti e non con slogan privi di contenuto. Se la Presidenza crede nel management guidato da Vasseur, quest’ultimo avrà bisogno di tutto il sostegno possibile per costruire le fondamenta di una squadra vincente. In caso contrario, si rischia di ricadere nei medesimi errori degli ultimi sedici anni, errori che hanno prodotto solo fallimenti e rimpianti nel vedere le nostre professionalità lasciate andare con troppa superficialità, finendo per fregiarsi di titoli e riconoscimenti nelle squadre rivali.





