Cara Ferrari ti scrivo, così mi rattristo un po’. A parte gli scherzi, anche quest’anno non stiamo assistendo alla stagione che ci siamo immaginati ad inizio anno. E le cause sono sì da ricercarsi nei problemi strutturali, ma anche di comunicazione. E no, non quelle di inizio stagione.
I nodi tecnici e comunicativi della Ferrari: quando il problema è più profondo della monoposto
Il quadro è chiaro, la squadra di Maranello ha dei problemi abbastanza evidenti e gli uomini della rossa non sono in grado di risolvere. Brutto da dire, ma ormai siamo così tanto abituati a vedere una Ferrari inseguitrice dei top team, che non ci facciamo più caso.
Quest’anno doveva essere la stagione dai grandi risultati, quella che ci avrebbe fatto dimenticare le deludenti precedenti, sottotono, quelle in cui attribuivano la colpa ai team principal nel non saper costruire ed amalgamare un progetto.
Col senno di poi, potremmo dire che, forse, non avevano la totale responsabilità. Negli anni scorsi, è stato tanto criticato il dobbiamo capire di Binotto e come per magia, lo ritroviamo nelle parole di Vasseur. E non solo purtroppo, in quanto sono parole che più volte sono state ripetute sia da Charles Leclerc che da Lewis Hamilton.
“Dobbiamo capire cosa facciamo di sbagliato” diceva il team principal al termine delle qualifiche, accompagnato da un “non so cosa sia successo, dobbiamo guardare la macchina” da parte di Leclerc e, ancora, da un “penso che ci stiamo tutti grattando la testa per cercare di capirlo” da parte di Lewis, in merito alle prestazioni della monoposto.
Parole sinonimo di disperazione, frutto di una situazione in cui non si sa più che cosa fare, come agire e soprattutto come uscirne. Leclerc ormai ne è saturo e se c’è ancora un motivo che lo tiene lì, è l’amore incondizionato che prova per Ferrari. Probabilmente, anche per quella promessa fatta al padre, di firmare e vincere con la rossa.
Lewis Hamilton, invece, inizia a fare i conti con la realtà di Maranello. L’atmosfera di festa iniziale è del tutto svanita e inizia a prendere atto della situazione. Una realtà completamente diversa da quella preannunciata e soprattutto dalla stagione precedente, anno in cui il sette volte campione del mondo vedeva una Ferrari competitiva sfrecciare davanti alla sua W15.
Verrebbe quasi da chiedergli se si è pentito della scelta di lasciare il territorio inglese per inseguire il suo sogno e raggiungere l’obiettivo. Stiamo dipingendo una situazione più drammatica di quel che è? Forse.

Ferrari e il dilemma del “dobbiamo capire“: tra comunicazione aziendale e frustrazione dei tifosi
Torna il dobbiamo capire, espressione così odiata nel tempo e che potremmo interpretarla in due modi. La prima, nella volontà di voler nascondere la non ammissione di aver costruito una monoposto sbagliata, dalla quale non si riesce a trovare una quadra completa. La seconda, invece, nell’essere giunti ad un punto in cui veramente non si è a conoscenza della reale situazione e di conseguenza, come intervenire.
Ovviamente, si spera si più nella prima, lasciando la seconda a noi umili tifosi e spettatori un po’ delusi, per non dire frustrati. Evidentemente, il non ammettere di aver sbagliato fa parte della politica aziendale, di quella che probabilmente, non si sposa più con i tempi attuali.
Ma Ferrari è Ferrari, un brand internazionale, un’eccellenza che parte dall’Italia per arrivare a tutto il mondo. Un simbolo di qualità che deve far rima necessariamente con la parola perfezione. Eppure, in un mondo attuale in cui non è necessaria, ammettere di non essere all’altezza sarebbe un gesto gradito. Avrebbero l’occasione, attraverso le parole di Vasseur, Leclerc ed Hamilton di essere veritieri e rispettosi dei tifosi.
È come se nel tempo l’obiettivo della vittoria fosse smarrito, concentrandosi maggiormente sulla potenza del brand e di tutto ciò che è in grado di attrarre ad essa. Davvero vogliamo credere che Ferrari sia in F1 solo per pubblicità? Davvero vogliamo credere che l’aver ingaggiato un pilota del calibro di Lewis Hamilton sia solo un investimento?
Naturalmente è un qualcosa che non vogliamo neanche immaginare, ma purtroppo più passa il tempo e più sembra che la tesi assuma un responso positivo.
Tornando alla pista, sembrano essere tutti un po’ rassegnati, con una stagione che proprio non vuole aprirsi. Il tempo scorre e diminuisce sempre più per apportare correzioni significative e strutturali. Da Barcellona ci sarà la nuova direttiva sulla flessibilità delle ali e analizzeremo come sposerà la fisionomia della SF – 25.

I problemi tecnici di Ferrari: gomme, bilanciamento e l’importanza dei piloti
Ma quali sono i problemi che Ferrari sta affrontando? Primo fra tutti, non riesce a portare nella giusta temperatura le gomme in fase di giro di lancio, il che non permette ai piloti di effettuare il giro secco nelle migliori condizioni possibili. Il che spiega perché la Ferrari rende meglio sulla lunga distanza
In più c’è il bilanciamento. Se l’attenzione è posta all’anteriore, la vettura soffre di sovrasterzo e perde il grip al posteriore. Se ci si concentra su un bilanciamento neutro, la monoposto soffre di sovrasterzo. Ciò che è certo è che il vero punto debole è il posteriore, ma anche che come fai sbagli (per dirla in maniera povera).
Non c’è un punto di forza della Ferrari in questo momento? Certo, ma sono tutti punti che esulano dalla monoposto. A parte le condizioni eccezionali di gara, che possono favorire strategie diverse e situazioni favorevoli come la pioggia in gara sprint, Ferrari può puntare sulla competenza dei due piloti, anche se forse, un po’ più in quella di Lewis Hamilton.
Leclerc è abile, molto veloce, ma sembra ancora peccare in quella capacità di imporsi con il team, o comunque nel farsi ascoltare. Hamilton ha dalla sua l’esperienza e l’esser stato in un team vincente per tanti anni di fila. Quella mentalità ce l’ha, l’ha saputa sviluppare nel tempo, iIl che è un bene non solo per il team, ma anche per il suo compagno di squadra.
Dicevamo, i piloti sono il vero punto di forza della Ferrari. Nei tratti di pista in cui non è necessaria l’aerodinamica, un determinato settaggio della vettura e cose simili, i piloti sanno fare la differenza.
Hamilton è un mago nel saper leggere la pista, nel saper individuare una traiettoria diversa in pista e che gli permette di sopravanzare tutti. Ne è un esempio la sprint pole in Cina. Certo, ad oggi la Formula 1 è più tecnica che altro, però è anche vero che da qui in avanti, ci sono piste più tecniche, come Imola, dove il pilota può dire la sua. Certo, se la monoposto non aiuta poco si fa, ma se è vero che non basta solo accelerare, la mentalità strategia può far la differenza.
Insomma, Ferrari sembra cercare risposte più che soluzioni. Ma il tempo non aspetta, e neppure i tifosi. Ritrovare la rotta non sarà semplice, ma forse il primo passo è proprio ammettere di essersi persi. Perché solo così si può davvero tornare a vincere. E, soprattutto, a farlo da Ferrari.
Crediti foto: Formula 1
Buon giorno Sabino.
Per riassumerla fuori dai denti …se il povero Marchionne fosse ancora vivo, la Ferrari sarebbe fuori dalla F1 da almeno 5 anni!
Da tifoso, non riesco ad esprimere nulla di più calzante.