Tutti vorrebbero gareggiare in Formula 1 con la Ferrari, nessuno escluso. Per storia e blasone, la tuta rossa di Maranello diventa una seconda pelle una volta indossata. Guidare per il Cavallino Rampante fa curriculum, anche per un solo Gran Premio o persino per un unico giro.
Per chi li assume, i piloti, è solo un rapporto di lavoro, che può durare solamente se si arriva alla vittoria finale. Se non arriva quella, si possono fare tutte le dichiarazioni d’amore possibili, ma il cancello di via Abetone si aprirà per poi chiudersi alle loro spalle. Qualche ritorno c’è stato, ovviamente, ma è l’eccezione che conferma la regola.
La Ferrari ama i suoi piloti?
La risposta a questa domanda è complessa e dipende da cosa intendiamo per “amore”. La Rossa, come entità, è un’organizzazione guidata da obiettivi di performance, immagine e successo. Il rapporto con i suoi driver è quindi influenzato da dinamiche professionali, storiche e culturali.
Il team italiano è noto per la sua cultura dell’eccellenza e per la pressione costante a vincere. I piloti che portano risultati, come Michael Schumacher o Niki Lauda, sono idolatrati e trattati come eroi. Il tedesco non fu soltanto un pilota, ma un leader che ha trasformato la Ferrari in una potenza dominante, guadagnandosi un posto speciale nel cuore della scuderia e dei tifosi. Tuttavia, quando i risultati non arrivano, l’amore rischia di svanire rapidamente.
Piloti come Fernando Alonso o Sebastian Vettel hanno vissuto momenti di grande affetto, ma anche di critiche aspre quando non sono riusciti a vincere il titolo mondiale, nonostante prestazioni di alto livello. Alonso è giunto vicino al titolo, nel 2010 e 2012, ma la mancanza di un successo finale ha portato a tensioni con il team, culminate con la sua partenza. Vettel, pur essendo un quattro volte campione del mondo, lasciò Maranello dopo anni di difficoltà tecniche e strategiche, diventando, suo malgrado, il simbolo di un successo mai arrivato.

L’amore è eterno…finché conviene
La Ferrari non è solo un team di corse, ma un simbolo nazionale e culturale per l’Italia. Questo comporta aspettative enormi, non solo da parte dei tifosi, ma anche da parte della dirigenza e degli sponsor.
I piloti devono incarnarne i valori: passione, dedizione e capacità di gestire la pressione. Quando un pilota si allinea perfettamente a questa visione, come Charles Leclerc – giovane, talentuoso e legato emotivamente alla scuderia, essendo cresciuto nella Driver Academy- il team lo supporta incondizionatamente. Il monegasco è considerati il futuro del Cavallino Rampante, e il suo contratto a lungo termine ne è una prova.
Al contrario, chi non si adatta alla cultura della scuderia – basti pensare agli attacchi ricevuti da Lewis Hamilton – o non riesce a gestire la pressione, come nel caso di alcuni talenti del passato, può essere rapidamente messo da parte.
La storia della Ferrari è piena di relazioni intense ma spesso complicate. Gilles Villeneuve, figura leggendaria, è stato amato per il suo coraggio e il suo stile di guida spettacolare, nonostante non abbia mai vinto un titolo mondiale. La sua tragica morte ha cementato il suo status di icona, ma durante la sua carriera ha dovuto affrontare momenti di tensione con il team.
La scuderia è nota per la sua complessità interna, con cambi frequenti di dirigenza e strategie. Questo può influenzare il rapporto con i piloti. Sotto la guida di figure come Jean Todt o Stefano Domenicali, i conducenti hanno goduto di più stabilità; in epoche come quelle di Luca Cordero di Montezemolo o Maurizio Arrivabene, le tensioni interne hanno talvolta reso difficile sentirsi pienamente supportati.

Da Maranello con amore
I piloti amano il Cavallino Rampante per il mito, la storia e l’opportunità unica di correre per un’icona del motorsport. La Ferrari, però, li ama in modo pragmatico: li sostiene e li celebra quando incarnano i suoi valori e portano risultati, ma è pronta a prendere decisioni difficili quando ritiene che un cambiamento sia necessario per il successo. È un rapporto asimmetrico: per i piloti, la Rossa è spesso un sogno; per la scuderia, i piloti sono strumenti preziosi per raggiungere la gloria, ma non insostituibili.
Charles Leclerc rappresenta un’eccezione parziale, grazie al suo legame profondo con il team, ma anche per lui l’amore dipenderà dalla capacità di vincere un titolo mondiale. In fondo, il rapporto tra la Ferrari e i suoi piloti è più simile a un’alleanza strategica che a un amore incondizionato. È fatto di grandi passioni, ma anche di freddezza calcolata.
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Crediti Foto: ANSA, Getty