Ferrari è reduce da una settimana vissuta completamente da protagonista. Soffermandoci solo sulla F1, sarebbe stato bello poter raccontare di una squadra vincente, trionfante e invece, attorno ad essa, si respira aria di negatività.
Da un lato c’è il GP del Brasile, che ha visto il Team di Maranello tornare nuovamente nel baratro. Se Charles Leclerc si è visto vittima del contatto tra Piastri ed Antonelli, Lewis Hamilton ha commesso un errore e messo fine alla sua corsa per aver compromesso l’assetto della SF-25.
A questo, si aggiungono le dichiarazioni di John Elkann, che approfittando della vittoria nel campionato WEC, ha colto l’occasione per riportare all’ordine i due beniamini del mondo a ruote scoperte. Dichiarazioni che hanno senso? Su questo abbiamo avuto modo di esprimerci e se posso aggiungere un’ultima cosa, sono parole dalle quali potremmo dedurre elementi importanti.
Perché parlare adesso quando Charles e Lewis hanno rilasciato dichiarazioni ben peggiori nel corso della stagione? Una difesa del brand Ferrari, come giusto che sia considerando il ruolo, ma che non andava fatta in questi termini. Una dimostrazione di quanto la squadra valga molto di più dei piloti, fatto che può essere indicativo – forse – di un’eventuale gestione interna in vista di una futura lotta mondiale.
Lecito pensare che si sta viaggiando con la fantasia, ma allora perché non si sono letti comunicati pubblici quando c’era delusione nelle interviste di Leclerc al termine di una sessione di gara? Perché non si è intervenuti quando Hamilton pronunciò parole come “dobbiamo cambiare il pilota” al termine del GP d’Ungheria? A voi le valutazioni.
Ferrari: Le dichiarazioni di Montoya e la realtà dei tifosi
Voltando pagina e tornando alla stagione Ferrari 2025, possiamo ribadire un concetto che purtroppo è sempre attuale. Prima di arrivarci, dobbiamo partire da alcune dichiarazioni: le prime rilasciate da Juan Pablo Montoya a PokerStrategy, le altre di Lewis Hamilton durante il weekend brasiliano.
L’ex driver colombiano, oltre a ribadire che il team deve una macchina a Charles Leclerc per evitare che vada altrove, tiene a dimostrare il suo stupore. In merito a cosa? In merito al fatto che noi tifosi della Rossa ci sorprendiamo ancora delle sue scarse performance.
In effetti, non viene da contraddirlo. L’ultimo titolo piloti a Maranello risale al 2007, mentre al 2008 quello costruttori e osservare una Ferrari perdere dopo diciassette stagioni, non fa più effetto. Dichiarazioni sconsolate, di chi sa che sperare è inutile, soprattutto quando la pista vale più delle parole.
Ma volendo replicare a Montoya, ci stupiamo per due motivi. Il primo fa riferimento alla stagione 2024, anno in cui Ferrari si è giocata il titolo costruttori con McLaren fino all’ultima gara. Un titolo marginale dirà qualcuno, ma che, per gli anni trascorsi a digiuno, ha assunto un peso non indifferente.
Il secondo, invece, è per le parole pronunciate ad inizio anno, accompagnate dall’eco di Lewis Hamilton vestito di rosso. L’occasione di enfatizzare i tifosi era ghiotta e parole come “l’obiettivo è puntare ad entrambi i titoli” di Fred Vasseur, non potevano non essere enunciate.

Hamilton e la cultura Ferrari: un matrimonio difficile
Lewis Hamilton, invece, ha ammesso che era ben consapevole dell’andamento della stagione attuale. Ha cambiato squadra dopo tanti anni e di diverso non c’è solo la monoposto o il colore della tuta, ma un cambio radicale di cultura, mentalità e quant’altro.
A queste si aggiungono le volontà di modificare, attraverso i suoi report, le modalità di lavoro. Il #44 è un gran comunicatore, soprattutto quando è lontano dalle gare, in cui può rendere pacate le sue esposizioni. Anche questo un modo per calmare le acque volendo, ma che può aprire a punti interrogativi.
Chi ci dice che non siano dichiarazioni fatte ad hoc? Perché, per chi non lo ricorda, Hamilton ad inizio anno era colui che durante l’evento F175 Live ha dichiarato: “Questa macchina sarà la mia macchina”.
E poi è andata come è andata. Un feeling trovato poche volte, a cui si sono aggiunte tutte le complicazioni del caso, come un non totale agio con l’ambiente ed un rapporto con Riccardo Adami che ha faticato – se non ancora adesso – a sbocciare.
Parole, aspettative e realtà: lezione per il 2026
Ancora una volta ci ritroviamo ad affrontare un concetto che non passa mai di moda: pesare le parole. Diventa fondamentale farlo, in quanto poi non ci si può lamentare di come noi addetti ai lavori e tifosi osserviamo e analizziamo la stagione Ferrari, anche se non aiutano il clima interno al team.
Ma non solo, è necessario pesare anche le aspettative. L’insegnamento da apprendere per il 2026, è non aspettarci niente. Per dirla in maniera povera: dobbiamo partire già delusi. Una cosa non esaltante da affermare, ma che va ad accentuare un dato reale. Sono anni che aspettiamo e se continuiamo a farlo, qualcosa potrebbe accadere davvero.
Tornando seri, sarebbe bello poter ascoltare parole dettate non dall’enfasi, ma dall’attesa. Sarebbe bello poter sentire Vasseur e i piloti dire “Ci sentiamo positivi ma aspettiamo le prime gare per il reale potenziale della vettura”.
Ci sono dinamiche comunicative, siamo d’accordo, ma sono create in favore di sponsor. Sappiamo, infatti, che un brand come Ferrari può continuare ad attrarre, in quanto simbolo di eccellenza mondiale. Ma un simbolo deve saper parlare con i fatti. E finché saranno le parole a guidare la Rossa, resteremo tutti fermi ai box.
Crediti foto: Scuderia Ferrari
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Buongiorno, leggendo l’articolo si hanno degli elementi su cui ragionare.
Si potrebbe leggere sulla stampa sia italiana sia inglese di articoli su Ferrari in F1 nel presente e nelle decadi passate, tuttavia nessuna analisi viene fatta del contesto F1.
Come se esso non sia parte del gioco, poiché più che una questione sportiva sembra tale.
Dovremmo andare almeno fino all’ultimo mondiale Piloti vinto da Michael Schumacher per dare il senso complessivo di questo contesto nato proprio dopo il 2004 e definito con regole sempre crescenti, e tali da essere necessariamente d’obbligo avere figure professionali appartenenti a settori lontani, quali avvocati esperti di regole sportive.
La Ferrari rappresenta per gli inglesi, squadre e stampa un bersaglio su cui puntare.
Lontano il tempo in cui Bernie Ecclestone si rivolgeva al Commendatore Enzo Ferrari per sottolineare come la F1 senza la Ferrari non avrebbe avuto un senso.
Chi ha gestito la Ferrari ha una responsabilità nell’assistere a stravolgimenti degli scopi stessi della F1 e dei regolamenti.
Essi sono stati tutti a vantaggio delle squadre inglesi, e tutti i punti di forza della Ferrari sono stati ridotti fino a non sussistere più.
Fare una analisi su qualcosa che stia dentro un contesto senza curarsi dello stesso se sia sano o abbia preso delle derive che non hanno nulla di sportivo potrebbe essere un modo di affrontare il caso Ferrari, se si volesse definire come tale.
Non si vince ad un gioco se il gioco è fatto per fare perdere il giocatore.
Allora la F1 si potrebbe capire meglio dietro le quinte, ad esempio sappiamo che una potenziale candidatura nuova alla presidenza sia finita in sedi extra sportive per motivi fondati.
Un esempio del periodo attuale e di un qualcosa che sembra essere in perfetta salute per le questioni che hanno a che fare con i soldi e molto poco con lo sport.
Cordiali saluti