L’inizio della stagione 2025 avrebbe dovuto rappresentare per la Ferrari il punto di svolta di un percorso lungo e tormentato. Dopo aver chiuso il 2024 a soli 14 punti dalla McLaren nel Campionato Costruttori, la Scuderia arrivava al nuovo anno con un capitale tecnico e sportivo apparentemente solido, rafforzato da un’operazione mediatica, tecnica e strategica di portata storica: l’ingaggio di Lewis Hamilton. L’idea di affiancare il sette volte campione del mondo a Charles Leclerc sembrava il tassello definitivo per trasformare una squadra competitiva in una candidata credibile al titolo.
La realtà, però, è stata molto più dura. Il 2025 si è chiuso con un Cavallino Rampante quarta forza del Mondiale, senza vittorie nei Gran Premi e con un distacco dalla McLaren diventato progressivamente imbarazzante. L’annata ha messo in luce limiti strutturali del progetto SF-25 e ha costretto le sfere alte del gruppo a una revisione anticipata delle proprie ambizioni, con lo sguardo spostato sul 2026 ben prima del previsto.

Aspettative elevate, risposta insufficiente
Il contesto iniziale rende il bilancio ancora più severo. La SF-25 nasceva come un’evoluzione mirata, non come una rivoluzione, ma con l’obiettivo di colmare le ultime lacune emerse nel 2024: gestione degli pneumatici sulle lunghe distanze, finestra di utilizzo degli stessi troppo ristretta e difficoltà nel generare carico costante nelle curve lente. Nessuno di questi nodi è stato realmente sciolto.
La monoposto ha mostrato un potenziale intermittente, capace di emergere in condizioni particolari ma mai di consolidarsi come base competitiva. Un limite che ha inciso soprattutto in un campionato caratterizzato da una McLaren estremamente versatile, in grado di adattarsi a qualsiasi tracciato e scenario climatico. La SF-25 – il Gp della Cina lo ha dimostrato in maniera quasi brutale – funzionava solo ad altezze di marcia troppo basse per non generare seri problemi correlati. Una monoposto che ha lavorato con quote d’esercizio decentrate, col risultato di trasformarsi in una palla al piede per i due piloti, specie per un Hamilton che non l’ha mai realmente digerita.
Leclerc riferimento interno, ma lontano dal vertice
In questo quadro tecnico, Charles Leclerc è stato il pilota che ha massimizzato ciò che la SF-25 poteva offrire. I due secondi posti ottenuti a Monaco e Città del Messico rappresentano i migliori risultati stagionali della Ferrari nei Gran Premi, a cui si aggiungono complessivamente sette podi. Numeri che, letti isolatamente, raccontano una stagione da non cestinare del tutto, ma che risultano deludenti se confrontati con le aspettative iniziali.
Il Leclerc nella versione 2025 è stato spesso costretto a una guida di compromesso, adattandosi a una macchina troppo sensibile alle variazioni di assetto e poco prevedibile nei cambi di condizioni. Emblematico il caso della pole position conquistata in Ungheria, arrivata quasi per caso, al termine di una qualifica che lo stesso monegasco ha faticato a spiegare. Un lampo più figlio delle circostanze che di una reale superiorità tecnica.

Hamilton e l’impatto con Maranello
Il capitolo più delicato resta quello legato a Lewis Hamilton. Il suo arrivo in Ferrari aveva acceso aspettative enormi ed entusiasmi smodati, non solo per il valore sportivo del pilota ma per il significato simbolico dell’operazione. Il 2025, invece, è stato l’anno più difficile della sua carriera in Formula 1 dal punto di vista statistico: nessun podio, qualifiche spesso problematiche e un processo di adattamento più complesso del previsto.
Il confronto interno con Leclerc è stato impietoso, soprattutto sul giro secco. Il bilancio delle qualifiche, con un netto 19-5 a favore del monegasco, racconta di un Hamilton mai completamente a suo agio con la SF-25. Le eliminazioni ripetute nelle prime fasi, culminate con l’uscita in Q1 ad Abu Dhabi, hanno compromesso troppi weekend già al sabato.
In gara, il britannico ha mostrato sprazzi della sua classe, firmando rimonte di spessore come a Imola e Las Vegas, ma sempre partendo da posizioni che rendevano impossibile ambire a risultati di vertice. L’unico vero acuto resta la vittoria nella Sprint di Shanghai, accompagnata dalla pole nella Sprint Qualifying: un momento isolato, più indicativo del talento del pilota che della solidità del progetto.
Sviluppo tecnico e decisioni strategiche
Dal punto di vista tecnico-organizzativo, il 2025 ha decretato una scelta resasi necessaria: l’anticipo del focus sul 2026. Fred Vasseur ha ammesso che già tra aprile e maggio, di fronte alla superiorità mostrata dalla McLaren nelle prime gare, la Ferrari ha deciso di congelare lo sviluppo aerodinamico della SF-25 per concentrare risorse sul nuovo ciclo regolamentare.
Una decisione comprensibile sul piano razionale, ma che ha avuto effetti collaterali pesanti. Senza aggiornamenti significativi, la Ferrari ha perso progressivamente terreno anche nei confronti delle dirette inseguitrici, vedendo svanire qualsiasi possibilità di reazione durante la stagione. Il distacco finale dalla McLaren, passato da 14 punti nel 2024 a oltre 400 nel 2025, è il dato che più di ogni altro certifica il ridimensionamento.
A questo si sono aggiunti errori operativi che hanno minato la credibilità del team. La doppia squalifica nel GP di Cina, con Hamilton fuori per eccessiva usura del fondo e Leclerc per peso irregolare, rappresenta uno dei punti più bassi dell’era recente della Scuderia. Un episodio che ha trasformato un weekend potenzialmente rigenerante in un simbolo delle difficoltà interne. Una macchia indelebile sulla gloriosa storia del Cavallino.

Una stagione che pesa sul futuro
Il 2025 non verrà ricordato solo per i risultati mancati, ma per ciò che ha rivelato sullo stato della Ferrari. La squadra ha mostrato di non avere margini di recupero quando il progetto di base non funziona come previsto. Ha evidenziato una dipendenza eccessiva da finestre di performance molto ristrette e una difficoltà nel reagire rapidamente agli avversari più strutturati.
Viene da sé che il vero banco di prova sarà il 2026. Solo una Ferrari immediatamente competitiva potrà giustificare una stagione sacrificata in nome del futuro. In caso contrario, il rischio è che il 2025 venga letto come l’ennesimo anno perso in un ciclo che continua a rimandare il ritorno al vertice.
E c’è, infine, il fattore umano. Integrare davvero Lewis Hamilton, metterlo nelle condizioni tecniche e operative per esprimere il suo potenziale, resta una sfida centrale. Senza una vettura all’altezza, neppure una coppia di piloti di livello assoluto può colmare un gap strutturale. Il 2025 lo ha dimostrato con chiarezza.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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