Felipe Massa non si ferma. A quasi vent’anni dal famigerato “Crashgate” di Singapore 2008, l’ex pilota Ferrari è deciso a portare in tribunale la FIA, la Formula One Management e persino Bernie Ecclestone per chiedere giustizia e soprattutto un risarcimento milionario. Ottantadue milioni di dollari per cancellare, a colpi di carte bollate, quella che lui considera una frode ai suoi danni.
Peccato che tra giustizia e nostalgia ci sia una linea sottile e Massa rischia seriamente di oltrepassarla cadendo nel patetico. Mi si perdoni per l’uso di un termine forte. Nessuno mette in dubbio l’oscenità dell’incidente orchestrato dalla Renault di Briatore, né il peso che quell’episodio ebbe su una stagione già complessa. Ma l’idea che la Formula 1, nel 2025, possa cambiare l’esito di un Mondiale 2008 archiviato da tempo, è semplicemente inaccettabile.

Non fosse altro che per la credibilità stessa dello sport. Immaginate: un tribunale che riscrive la storia a posteriori, cancellando Lewis Hamilton campione del mondo per incoronare Massa quasi due decenni dopo. Un colpo di spugna che trasformerebbe il motorsport in una barzelletta, un’istituzione capace di smentire sé stessa dopo anni di celebrazioni, statistiche, record e carriere costruite proprio su quei risultati.
La realtà è che la beffa successiva di Interlagos resterà sempre scolpita nella memoria collettiva: Massa che piange da campione per pochi secondi, Hamilton che strappa il titolo all’ultima curva, il Brasile intero che si ferma con il fiato sospeso. Un finale crudele, ma parte della leggenda. Nessun tribunale potrà mai cambiare la storia, semmai riscrivere un paragrafo burocratico.
E allora, dov’è il punto? Massa non rivendica più la gloria, ma i milioni. Ed è qui che la battaglia perde la sua aura di giustizia morale per scivolare nel terreno sdrucciolevole del risarcimento. Un ex pilota che, invece di essere ricordato per la dignità con cui accettò la sconfitta, oggi rischia di passare come colui che tenta disperatamente di rifarsi una carriera a suon di carte legali.
La Formula 1 ha tanti problemi da affrontare: costi, regolamenti, sostenibilità e la ricerca di credibilità in un mondo sempre più complesso. L’ultima cosa di cui ha bisogno è una sentenza che dica al mondo che i risultati sportivi non sono definitivi, che un titolo mondiale può essere ribaltato in tribunale come una multa stradale.
Felipe Massa ha tutto il diritto di chiedere chiarezza e di denunciare le omissioni di chi avrebbe dovuto vigilare. Questo è fuor di dubbio. Ma se la sua crociata continuerà su questo binario, sul sentiero del venale, finirà solo per penalizzare se stesso e mettere in imbarazzo lo sport che dice di voler difendere. Perché la verità è semplice: quel Mondiale l’ha perso. Sul traguardo, davanti a milioni di spettatori, e non sarà un giudice a cambiarglielo.
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