La stagione 2025 della Ferrari non può essere letta come una semplice annata storta o come il risultato di aggiornamenti mancanti. La SF-25 è stata, fin dalle sue prime apparizioni, una vettura concettualmente vulnerabile, figlia di compromessi profondi e di una gestione dello sviluppo resa ancora più complessa dall’ombra lunga del progetto 2026.
Più che un flop improvviso, quello della vettura che ha calcato l’asfalto delle 24 piste che hanno composto il mondiale 2025 è stato un lento processo di presa di coscienza tecnica, culminato in una decisione non dichiarata ma evidente: smettere di investire su una piattaforma che non restituiva più segnali di crescita.
Fin dall’inverno, a Maranello era chiaro che il bilanciamento tra sviluppo dell’attuale monoposto e allocazione delle risorse sul ciclo regolamentare 2026 sarebbe stato uno dei nodi centrali dell’annata. Anche per questo si è deciso, a un certo punto, di non sprecare tempo prezioso. In ogni caso, partire già con un sostanzioso svantaggio prestazionale ha trasformato quella che doveva essere una gestione graduale in una corsa contro il tempo. La SF-25 non ha mai mostrato un vero margine di sviluppo lineare, costringendo il reparto tecnico a una serie di correzioni mirate, spesso più difensive che evolutive.

I tecnici di Maranello, già nel 2024, avevano impostato un lavoro di sviluppo mirato a superare i difetti della SF-24. Operazione evidentemente fallita alla luce dell’andamento di uno dei peggiori anni della storia della scuderia italiana. L’obiettivo era quello di superare i limiti di un’auto che faticava a stabilizzare le prestazioni nelle diverse condizioni di pista. Non si trattava di affinare un concetto vincente, ma di cercare di limitare le perdite di efficienza.
Parallelamente, la Ferrari aveva lavorato in modo quasi ossessivo sulla gestione termica. Durante numerosi weekend del 2024, le configurazioni di raffreddamento erano state modificate anche tra Sprint e gara principale, segnale evidente di una finestra operativa ristretta del propulsore e dei sistemi ausiliari. Questo tipo di intervento, sebbene raffinato dal punto di vista ingegneristico, raccontava di una monoposto, la SF-24, che non riusciva a garantire costanza senza continui adattamenti, aumentando la complessità di messa a punto.
Ferrari SF-25: correttivi più che sviluppo prestazionale
La SF-25 doveva nascere avendo vinto le succitate problematiche. Ma l’obiettivo è stato mancato. E anche di molto. Quando la vettura è stata osservata “nuda”, priva di pianale e carrozzeria, sono emerse con chiarezza alcune scelte strutturali che hanno condizionato l’intero progetto, come la disposizione delle sospensioni. Uno schema che ha imposto vincoli importanti alla gestione dei flussi verso il diffusore. Il risultato è stato un equilibrio aerodinamico difficile da stabilizzare, soprattutto nelle fasi di percorrenza medio-lenta, dove la vettura ha mostrato una cronica mancanza di efficacia.

Anche sul fronte raffreddamento, la monoposto ha palesato difficoltà. Cinque le aperture a feritoia sul cofano motore, un numero decisamente più elevato rispetto alla mattatrice McLaren MCL39 che dello smaltimento termico ha fatto un punto di forza. Quella degli aerodinamici del Cavallino Rampante è stata una risposta necessaria che è costata parecchio in termini di efficienza aerodinamica. Anche in questo caso, la SF-25 ha richiesto soluzioni correttive piuttosto che sviluppi prestazionali.
Il Gran Premio d’Austria ha rappresentato uno dei momenti nodali nella parabola tecnica della vettura. Il fondo rivisto aveva l’obiettivo di migliorare la qualità del flusso, Ma l’impatto reale in pista è stato limitato. Segno che il problema non risiedeva in un singolo dettaglio, ma nella coerenza complessiva del concetto.
Dal punto di vista aerodinamico, la zona posteriore della SF-25 è probabilmente quella che meglio sintetizza l’ambizione del progetto e i suoi limiti. Le sospensioni posteriori e l’attenzione maniacale ai dettagli indicano un lavoro raffinato sul piano teorico. Un lavoro che però non ha pagato. E le modifiche introdotte alla configurazione dei bracci posteriori non hanno prodotto alcunché.
Ferrari SF-25: un progetto afflitto da limiti endemici
Gli ingegneri hanno provato ad ottimizzare i dettagli, ma la cosa non ha potuto compensare un’impostazione di base che non offre margini di crescita. È qui che la SF-25 ha mostrato il suo limite definitivo. Con il passare delle gare, è diventato evidente che ogni ulteriore investimento sulla piattaforma-auto avrebbe avuto un ritorno marginale.
In un contesto in cui il progetto 2026 richiede risorse, attenzione e tempo, la scelta di “cestinare” de facto la SF-25 è apparsa come una decisione razionale, seppur dolorosa. Non una resa, ma un’ammissione tecnica: alcune vetture nascono con un potenziale intrinseco limitato. Riconoscerlo in tempo è parte della maturità di una struttura.

La SF-25 resterà quindi come un caso di studio. Non per la mancanza di competenze, ma per la difficoltà di correggere un concetto nato fragile in un’era regolamentare in cui ogni errore iniziale viene amplificato. Ferrari ha imparato molto da questa monoposto, anche se i risultati non lo raccontano. E forse è proprio da questa consapevolezza che passa il vero valore del sacrificio della SF-25.
Solo se i tecnici avranno appreso dagli errori commessi a partire dal 2024, quando le basi concettuali della SF-25 sono state gettate, la stagione 2025 non sarà stata sprecata invano. Viceversa, se anche nel prossimo campionato il Progetto 678 dovesse palesare limiti nello sviluppo significherebbe che l’anno che sta per chiudersi non ha insegnato nulla. E questa sarebbe una sconfitta filosofica gravissima da digerire.
Illustrazioni: Chiara Avanzo per Formulacritica
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