Durante la conferenza stampa che ha preceduto il Gran Premio d’Ungheria, Fernando Alonso ha affrontato un tema che da anni è oggetto di dibattito all’interno dei paddock e nelle stanze della FIA: la visibilità drasticamente ridotta durante le gare bagnate. Un problema che non riguarda solo la sicurezza in pista, ma mette in discussione anche la sostenibilità sportiva delle corse su bagnato estremo.
“Penso che gli pneumatici, quelli larghi, abbiano sicuramente peggiorato la visibilità”, ha affermato Alonso ai media. “E probabilmente anche alcuni degli asfalti sui circuiti sono un po’ diversi rispetto a quelli di una volta. Perché correvamo con tanta acqua a Sepang [Malesia] e non ci sono mai stati problemi. Ora, invece, questa nuova generazione di asfalto, che è molto nero e offre tanto grip sull’asciutto, si comporta come uno specchio sul bagnato. E sì, la visibilità non è piacevole. Ma non so cosa si possa fare, o cosa possano fare gli pneumatici su un asfalto così abrasivo”.
La F1 alla ricerca del compromesso tra prestazioni e sicurezza
Una riflessione che tocca un nervo scoperto dell’intera categoria: l’equilibrio instabile tra performance e sicurezza. Il riferimento di Alonso agli asfalti “troppo neri e lucidi” rimanda a una tendenza ormai diffusa: la scelta di superfici bituminose ad alto grip per ottimizzare l’aderenza in condizioni asciutte, spesso a scapito del drenaggio in caso di pioggia.
L’ing. Baldisserri conferma a Formulacritica: “L’abbiamo testato anni fa. Il drenante funzionava, ma serviva più ricerca”
A confermare l’intuizione di Alonso è stato l’ingegner Luca Baldisserri, intervenuto ai microfoni di CriticaLive con un’interessante retroscena: “Anni fa testammo una specifica di asfalto abrasivo drenante che aveva dato ottimi riscontri in condizioni di bagnato. Lo spray si riduceva notevolmente e la visibilità migliorava. Ma il problema sorgeva con l’asciutto: quell’asfalto non si sposava bene con le slick, in particolare con i compound più morbidi. L’abrasione era troppo elevata e comprometteva la durata delle gomme”.
Il test in questione, condotto circa 20 anni fa, venne abbandonato proprio per l’impossibilità di trovare un equilibrio tra prestazione e versatilità su pista asciutta. Ma non si esclude che oggi, con le evoluzioni chimiche dei leganti e delle superfici stradali, si possa riaprire il discorso. La tecnologia è progredita, così come la comprensione delle interazioni tra gomma e asfalto. Un compromesso moderno è possibile. Ma la vera domanda è: la Formula 1 è davvero interessata a trovarlo?
F1 – Una questione politica prima che tecnica
Le parole di Alonso – in apparenza “solo” un commento tecnico – sono invece destinate ad avere un impatto ben più ampio, perché chiamano in causa direttamente gli organizzatori dei Gran Premi. Riasfaltare le piste con compound drenanti significa introdurre un nuovo standard di omologazione FIA, ridefinire i criteri di contratto con i promoter e soprattutto accettare compromessi in termini di grip e degrado delle gomme su asciutto. La Formula 1 è pronta per quresto?
Nel frattempo, la FIA ha sperimentato soluzioni alternative come le famigerate ed esteticamente orribili carenature sulle ruote anteriori e posteriori per limitare lo spray, ma i risultati sono stati finora deludenti. Le monoposto moderne generano un’enorme quantità di turbolenza e lo spray sollevato dagli pneumatici larghi resta una variabile difficile da controllare solo con interventi aerodinamici.

Un’urgenza sempre più chiara
Il numero di sessioni neutralizzate o cancellate per pioggia intensa e scarsa visibilità è in costante aumento. Suzuka, Spa-Francorchamps, Monaco, Zandvoort e via citando hanno visto gare pesantemente condizionate negli ultimi anni. Dinamiche che di certo non sortiscono un positivo effetto su pubblico, sponsor e broadcaster. I piloti, dal canto loro, continuano a invocare un cambiamento strutturale che non arriva. “Non vediamo nulla. Né davanti, né a cinque metri dalla macchina”, ha ribadito Alonso in un altro passaggio. “Correre così non è solo pericoloso, è insensato”.
È tempo di agire, ma chi deve fare il primo passo?
Le parole di Alonso, il richiamo di Baldisserri e le osservazioni di tanti altri protagonisti del mondo del motorsport non rappresentano solo una denuncia, ma anche un’apertura. C’è spazio per innovare. Ci sono tecnologie già sperimentate, anche se abbandonate. Il punto è capire se la Formula 1, oggi, ha il coraggio – e la volontà politica – di affrontare davvero il problema della visibilità su bagnato, invece di continuare a girarci intorno con soluzioni tampone.
Nel frattempo, proprio ieri, Mario Isola, direttore di Pirelli Motorsport, ha ammesso che per il 2026 la situazione cambierà poco anche se si proverà ad avvicinare la gomma full wet (la grande imputata perché palesemente inutilizzabile per la quantità d’acqua che solleva) alla specifica intermedia. Un brodino per un malato che necessiterebbe di cure ben più profonde.
La sensazione è che si vuole attendere il riscontro della pista per capire come le auto di nuova generazione risponderanno alla pioggia intensa. Solo dopo, si spera, verrà messo in cantiere un serio e coerente programma atto a risolvere – o quantomeno a limitare sensibilmente – il problema.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP, Aston Martin
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