F1: urla nel silenzio

Il modo di raccontare la F1 e lo sport in generale è sempre più frutto della necessità di vendere un prodotto che di esaltarne le gesta pure

La telecronaca sportiva italiana nel terzo millennio è cambiata drasticamente rispetto al secolo scorso. Da venti anni a questa parte i telecronisti cisalpini fanno a gara a chi urla di più rubando la scena ai protagonisti che sono in campo o in pista. Il narratore odierno strilla per qualsiasi cosa, anche quella più insignificante. Da un lancio preciso di un calciatore a un sorpasso tra vetture di F1 con DRS comodamente aperto, è una deriva inarrestabile quella di sottolineare fatti modesti con decibel esagerati.

La settimana scorsa, nell’ultimo giro del Gran Premio di Monte Carlo vinto dall’eroe di casa, Charles Leclerc, il telecronista di Sky, Carlo Vanzini, si è lanciato in una lunga filippica infarcita di luoghi comuni che vengono affibbiati all’asso ferrarista. Il tutto rigorosamente urlato, ovviamente.

Tutta questa enfasi per uno dei Gran Premi più monotoni che si ricordino a memoria d’uomo. Una gara in cui  non ci sono stati pit stop a causa della bandiera rossa provocata dall’incidente tra le due Haas di Kevin Magnussen e Nico Hülkenberg e la Red Bull di Sergio Pérez.

I piloti hanno potuto effettuare uno stop gratuito, “indossando” poi  la mescola dura che hanno gestito alla perfezione concludendo la gara tranquillamente. Tantoché la classifica dei primi dieci arrivati al traguardo era la medesima delle qualifiche.

Charles Leclerc
Charles Leclerc si tuffa dopo la vittoria del Gp di Monaco 2024

Solo il tre volte campione del mondo, l’olandese della Red Bull Max Verstappen, e il sette volte iridato della Mercedes, l’inglese Lewis Hamilton, si sono fermati ai box senza però incidere sull’ordine della classifica finale.

Era davvero necessario tutto questo smodato fervore? Far passare questa vittoria come una scalata sull’Everest che senso ha? La gara è stata una lunga processione fino al traguardo. Nessuna impresa memorabile è stata compiuta. 

Qualcuno potrà dire che era comunque la vittoria di un pilota Ferrari e soprattutto del driver di casa. Vero, ma non è stata un’impresa, come aveva voluto far intendere il prode Vanzini. Ci ha messo un po’ di sentimentalismi ma la gara, a parte il crash iniziale, non ha raccontato nulla. Niente per cui ricordarla. 

Giampiero Galeazzi, l’antesignano del telecronista “urlatore”, alzava la voce perché in quel momento si stava facendo la storia, si stava compiendo un’impresa. Ai più giovani consigliamo di recuperare le sue telecronache “cult”, quelle che raccontano dei fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale con il timoniere Peppiniello Di Capua che dominarono nel canottaggio ai Giochi della XXIV Olimpiade di Seul contro i temibilissimi canottieri della Germania dell’Est e della Gran Bretagna.

Galeazzi, in quegli attimi epici, capì la portata storica di quell’evento, urlò a squarciagola, senza prendere fiato fino a che l’imbarcazione degli azzurri non tagliò il traguardo vincendo la medaglia d’oro. La seconda dopo quella ai Giochi della XXIII Olimpiade di Los Angeles per l’equipaggio italiano.

Charles Leclerc si coccola il trofeo del vincitore del Gp di Monaco

Alle nuove leve va insegnata la storia dello sport, quella delle vere imprese e non abituarli alla mediocrità urlando per eventi con scarsa importanza solo perché un particolare calciatore, un determinato pilota, uno specifico atleta, ha il suo fandom. Colui che ne canta le gesta, se proprio deve urlare, lo faccia per qualcosa di storico e non per la mediocrità di cui non sappiamo cosa farcene.


Crediti foto: F1, Scuderia Ferrari HP

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