F1 – Se un manga salvasse i giovani piloti: progetto Blue Lock

Il Blue Lock, concetto di estrazione Manga, potrebbe dare un "boost" alla F1 e ai piloti provenienti dalle categorie inferiori?

In occasione del Gran Premio del Giappone di F1 che si correrà domenica prossima facciamo una proposta “fantasiosa” che potrebbe essere vagliata da F2, F3 e Formula Academy. La domanda diretta è la seguente: il manga di “Blue Lock” può salvare i giovani piloti dal limbo del motorsport?

Si avvisano i lettori che questa è solo, come detto nel preambolo, una proposta “fantasiosa”. Quindi da non prendere sul serio. Si consideri come un’ipotesi, un “what if…?”.

Uno dei più grandi problemi della Formula 1 odierna è il poco ricambio di piloti tra la F1 e la F2. Il regolamento della F2 prevede che il vincitore del campionato non possa di nuovo gareggiare nella medesima categoria. Questo gli offre poche scelte: o avere la fortuna di essere assunto da una scuderia di Formula 1 che gli dia un sedile o rimanere in panchina e poter guidare solo in qualche prova libera. Oppure la terza e più difficile via: migrare in un’altra categoria come la IndyCar o il WEC.

La F1, oggi, non permette errori di alcun genere. I piccoli team molto spesso si affidano a conducenti esperti piuttosto che a un giovane data l’elevata percentuale di incidenti di cui si rendono protagonisti rispetto alla vecchia guardia. In regime di budget cap la problematica si fa ancora più sensibile.

Oliver Bearman - Scuderia Ferrari
Un quasi incredulo Oliver Bearman dopo il debutto con la Scuderia Ferrari, Gp Arabia Saudita 2024

F1: il “blue lock” come ancora di salvezza

In breve, cos’è il “Blue Lock”? Si tratta di un manga (“fumetto giapponese”) di genere sportivo, psicologico, distopico che ha come trama un esperimento che ha dell’incredibile. Specie per chi ama il calcio. In Italia ha avuto molto successo grazie all’anime (cartone animato) arrivato sulla piattaforma “Crunchyroll”.

La storia: la nazionale di calcio giapponese è stata appena eliminata agli ottavi di finale della Coppa del Mondo del 2018, dal Belgio. La federcalcio nipponica assume uno scienziato enigmatico che si fa chiamare “Ego” che propone il famigerato “Progetto Blue Lock” che ha lo scopo di forgiare l’attaccante che possa dare la Coppa del Mondo al Giappone. 

300 attaccanti, tutti in età liceale, vengono selezionati e rinchiusi in un academy, una struttura pentagonale, ipertecnologica, chiamata appunto “Blue Lock”, con campi da calcio, dormitori e palestre. Non ci sono né allenatori né arbitri (sostituiti dal VAR), solo “Ego” e i giovani giocatori.

La prima prova consiste nel sopravvivere a “palla avvelenata”. Vengono dati 90 secondi, chi viene toccato dal pallone per ultimo, alla scadenza del timer, sarà costretto a lasciare il “Blue Lock”. Chi viene eliminato non potrà più giocare a calcio a livelli professionistici in Giappone. 

Sono solo poco più dei ragazzini che, tramite un pallone, ricorreranno a una sorta di “mors tua, vita mea”. Ma come dice “Ego”, gli attaccanti devono essere “egoisti”, devono liberarsi dalle catene che li costringono a passare la palla al compagno perché hanno paura di sbagliare. Devono trovare quel tassello mancante del puzzle che elevi le loro skill, altrimenti non saranno mai dei veri professionisti che porteranno la Coppa del Mondo in Giappone.

Poi si va avanti tramite una fase a girone 11v11 con uno degli attaccanti che si posiziona in porta. Poi, man mano che si va avanti negli stage con sempre più attaccanti eliminati, si passa da un 4v4, ad un 3v3, con un campo da calcio a misure ridotte. In porta ci andrà un’immagine olografica, il “Blue Lock Man”, che, grazie a dei sensori, è in grado di parare i tiri che riceverà.

Da quel che avete potuto comprendere, il calcio qui passa da sport di squadra ad uno individuale. Una disciplina in cui solo chi è più egoista e fa più gol vince. Insomma, non è “Holly & Benji”.

Oliver Bearman, pilota F2 del team Prema e riserva della Scuderia Ferrari

Il “blue lock” applicato alle categorie propedeutiche della F1

Mettiamo il caso che la F1 vagli una proposta simile per i giovani piloti. Cosa potrebbe uscirne fuori? A parer mio, le tre categorie propedeutiche, F2, F3 e Formula Academy, andrebbero accorpate in un’unica classe con lo scopo di portare il miglior pilota in Formula Uno, possibilmente in una scuderia apposita che sia in grado di poter vincere il mondiale.

Questi driver dovrebbero avere anche un calendario fatto apposta per loro e non seguire quello della F1. Cosa che oggi, in parte, accade. Non avrebbero alcun compagno di squadra. Correrebbero sia in circuiti permanenti che in quelli cittadini. Tracciati impegnativi dove, al minimo errore, si paga un prezzo altissimo.

Si procederebbe per stage: giro veloce, gestione del degrado gomme, gare sotto pressione come test d’ingresso. Chi non passa la prova sarebbe eliminato e non potrebbe più gareggiare a livelli professionistici, così come chi non passa ai “quadri” successivi. 

Solo dopo inizierebbe il campionato vero e proprio con prove libere, sprint race e gara. Gran premi in cui ci sarebbe la possibilità di bagnare artificialmente la pista, all’improvviso, senza che i vari contendenti siano avvisati così da vedere le loro qualità, in modo da elevarle in condizioni estreme.

A fine campionato i primi 5 classificati avrebbero l’opportunità di gareggiare contro i cinque top driver della F1, i vari Max Verstappen, Charles Leclerc, Lewis Hamilton, Fernando Alonso e Lando Norris per testare le loro capacità contro professionisti ben più esperti e titolati.

Il primo che arriverebbe al traguardo tra coloro che provengono dal campionato “Blue Lock” avrà la possibilità di gareggiare in F1.

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Vincere in F2 non fa curriculum

Oggi, in Formula 1, gli unici campioni del mondo di F2 sono il ferrarista Charles Leclerc, titolato nel 2017, il giovane inglese della Mercedes, George Russell, nel 2018, e l’australiano della McLaren Oscar Piastri, che si aggiudicò l’edizione del 2021. Come potete notare l’alfiere del team di Woking è l’unico campione di F2 in questo decennio.

I suoi colleghi come Mick Schumacher, figlio d’arte del 7 volte campione del mondo Michael, leader nel 2020, ha avuto una breve parentesi con il team Haas con tante polemiche, tra il 2021 e il 2022, ed oggi è pilota di riserva per la Mercedes e gareggia per Alpine nel WEC, nella classe Hypercar.

Felipe Drugovich, pilota brasiliano, campione nel 2022, oggi è pilota di riserva e collaudatore dell’Aston Martin e all’attivo a solo tre ore di prove libere. Quest’anno gareggerà nell’Endurance, all’European Le Mans Series, con la Vector Sport.

Théo Pourchaire, vincitore l’anno scorso, ha deciso di gareggiare in Giappone, in Super Formula, per il Team Impul.

Per ironia della sorte questi campioni di F2 non hanno avuto il successo sperato in F1 al contrario dei loro colleghi che non hanno vinto la F2. Lando Norris, driver inglese, arrivò secondo nel 2018 ed oggi è in pianta stabile in McLaren.

Nikita Mazepin, pilota russo, che nel 2020 si classificò quinto, entrò in F1 l’anno successivo, in Haas, grazie ai munifici sponsor del padre oligarca vicino a Vladimir Putin. Fu estromesso prima dell’inizio del campionato 2022 dopo l’invasione dell’Ucraina.

Il pilota giapponese Yuki Tsunoda, classificatosi 3° nel 2020 e facente parte dell’academy della Red Bull, debuttò nel 2021 ed oggi è stabilmente nel team satellite Visa Cash App Racing Bulls fu AlphaTauri.

Il pilota cinese Zhou Guanyu, terzo nel 2021, oggi gareggia prima con l’Alfa Romeo-Sauber. Logan Sargeant riuscì a strappare in extremis i punti necessari per la Superlicenza che gli avrebbe permesso di correre in Formula 1. Si classificò quarto, nel 2022 ed oggi compete con la Williams.

Conclusioni

Non credo che chi vince la F2 debba forzatamente correre in F1 dato che le scuderie sono aziende private e pagano fior di quattrini i loro piloti. Ma chi si impone nella serie cadetta deve avere una vera chance di poter competere nella massima serie e non accontentarsi di qualche ora di prove libere all’anno. 

Questi ragazzi, con le loro famiglie e con gli sponsor, pagano già tanto per entrare nelle varie accademie delle franchigie e sovente si ritrovano le porte sbarrate solo perché una scuderia preferisce un pilota pagante o uno più esperto. Ciò impone loro di emigrare nelle categorie meno appariscenti del motorsport

Questo è sportivamente degradante. Alcuni driver dal talento puro meriterebbero una possibilità che esula dalla loro facoltà di spesa. Altrimenti piloti come Lewis Hamilton, per fare il nome più illustre, non sarebbero emersi.


Crediti foto: F1, Mercedes AMG Petronas F1, Scuderia Ferrari

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