Stefano Domenicali, fresco di rinnovo per altri cinque anni, rilascia un’intervista a “Il Giornale”, parlando della sua visione sulla Formula 1 e sull’industria automobilistica.
A seguire i punti salienti raccolti da Formulacritica.
Domenicali apre l’intervista con un racconto delle sue origini. Nato a Imola, ricorda un’infanzia modesta: da ragazzo parcheggiava camion per mantenersi gli studi universitari in economia aziendale a Bologna. La sua passione per i motori lo porta a lavorare in Ferrari, dove scala i ranghi fino a diventare amministratore delegato e direttore della gestione sportiva dal 2008 al 2014. Oggi, a capo della Formula 1, si definisce un “ragazzo di campagna” che non ha dimenticato le sue radici, pur vivendo una carriera internazionale. Questo sfondo personale emerge come base della sua visione pragmatica e radicata nel mondo reale.

Il cuore dell’intervista è la critica feroce alla strategia europea di puntare esclusivamente sui veicoli elettrici. Domenicali considera questa scelta un errore politico e strategico, che ha compromesso la leadership tecnologica dell’Europa nell’industria automobilistica. Sostiene che l’UE abbia “buttato via” un patrimonio di competenze e innovazione, favorendo competitor globali (come Cina e Stati Uniti) e riducendo il mercato europeo a una posizione subalterna. Usa parole dure: “Abbiamo perso competitività, mercato e possibilità di sviluppo per un danno che temo sia irreversibile”.
Secondo Domenicali, il problema non è l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale – che condivide – ma il metodo. La politica, dice, dovrebbe fissare traguardi chiari (ad esempio, limiti di emissioni), lasciando poi alle aziende e agli ingegneri la libertà di sviluppare soluzioni. Invece, l’Europa ha scelto di imporre l’elettrico come unica via, ignorando alternative promettenti come i carburanti sintetici o altre tecnologie ibride. Questo approccio dirigistico, per lui, ha soffocato la creatività e il know-how dell’industria, un tempo fiore all’occhiello del continente.
Domenicali ribadisce la sua fede nei motori: “Non moriranno mai”, afferma, sottolineando il valore emotivo e tecnico dei propulsori tradizionali. Nella F1, che guida dal 2021, sta lavorando per bilanciare innovazione e tradizione. Pur non entrando nei dettagli tecnici delle monoposto attuali, accenna alla sfida di rendere il Circus più sostenibile senza snaturarlo.

La Ferrari, che ha diretto in anni difficili, è un tema ricorrente: ricorda con orgoglio il suo contributo alla crescita del team, nonostante i risultati sportivi altalenanti dell’epoca, e si dice felice di vederla ora competitiva, anche se non più sotto la sua gestione diretta.
L’intervista si chiude con una nota pessimistica sull’Europa. Domenicali la descrive come un continente che “si è messo in ginocchio da solo” con scelte ideologiche e poco lungimiranti. L’industria automobilistica europea, un tempo sinonimo di eccellenza, sarebbe stata sacrificata sull’altare di una transizione mal gestita.