F1, GP Qatar – Il principio di imparzialità del giudice è sancito in ogni ordinamento giuridico e trova concreta applicazione nei valori etici che guidano la condotta dell’arbitro, sia nell’esercizio delle sue funzioni, sia al di fuori di esse. In questo contesto, deve emergere l’imparzialità dell’arbitro, mossa dalla sua neutralità culturale e politica.
Stiamo forse dicendo che Rui Marques non sia stato imparziale? No. Sto affermando che abbia voluto deliberatamente favorire la Ferrari? Nemmeno. Giochetti simili li trovate altrove, non albergano in questa redazione. Sostengo, più o meno velatamente, che abbia fatto in modo di rimandare all’ultima gara l’assegnazione del titolo costruttori e del secondo posto nella classifica piloti? Sì, lo penso. E lo credo perché i dieci secondi di stop and go inflitti a Lando Norris sono una pena spropositata: come dare il carcere duro a chi dà fuoco a un nido di vespe.
E continuo a ritenerlo anche dopo aver letto il dispositivo della pena. Perché ci sono le circostanze che vanno valutate e ponderate. Quella bandiera gialla è figlia dell’incapacità di chi doveva rimuovere l’oggetto che ha causato, quello sì, problemi di sicurezza che andavano rimossi a monte e non dopo che qualche auto vi passasse su e altre ne subissero le conseguenze dell’esplosione. Cialtroneria che nessuna nota federale sottolinea. Lo faccio io dal mio piccolo pulpito.

F1: un cambio di passo interpretativo che non convince
Rui Marques, novello direttore di gara della Formula 1, ha praticamente reinterpretato la giurisprudenza recente, applicandone una nuova e forse non del tutto sua. Sì, perché è forte la sensazione che dietro le sue scelte ci sia un burattinaio emiratino: quel Mohammed Ben Sulayem che sta picconando la FIA. D’altro canto, ieri l’ex rallista lo ha detto a chiare lettere: si fa come dice lui e il parere dei piloti conta meno di zero.
Guardando alle reazioni tra gli addetti ai lavori e tra i semplici appassionati, è evidente che ciò che ha fatto il nuovo direttore di gara portoghese abbia lasciato perplessi tutti. Norris non è innocente, questo è un dato di fatto, ma probabilmente sarebbero bastati i canonici cinque secondi di penalità da aggiungere al tempo finale. Magari dieci, ma certamente non un fermo ai box che gli ha distrutto la gara, mantenendo quasi artificialmente aperto un campionato costruttori che ormai sembrava indirizzato verso Woking.
Questa sola evidenza basterebbe per mettere a tacere una volta per tutte quelle becere ricostruzioni complottistiche che vedono la Formula 1 come un soggetto anglo-centrico, intento a vessare sistematicamente scuderie di altre nazionalità, a partire dalla Ferrari. Cavolate da tifosi arrabbiati, boiate inventate per un pugno di clic e per far sopravvivere redazioni in crisi.
Ieri la Formula 1 ha perso l’ennesima occasione per rendersi credibile. Tra l’altro, stando alle ricostruzioni di esimi professionisti, sembra che anche altri piloti, compreso George Russell, non abbiano rispettato la bandiera gialla allo stesso modo di Norris. E quindi? Perché per loro nessuna penalità immediata? Forse perché non erano coinvolti nella lotta per il campionato costruttori?

F1: la necessità di tenere i giochi aperti
C’è la sensazione che tutto sia fatto per favorire lo spettacolo e mantenerlo vivo fino all’ultimo chilometro dell’ultima gara. Un po’ come accaduto nel 2021, una ferita ancora aperta e pulsante, che il tempo non ha lenito e che episodi come quello di ieri non fanno altro che riaprire.
Mohammed Ben Sulayem è probabilmente uno dei peggiori presidenti che Place de la Concorde abbia mai visto: una mezza sciagura per il motorsport. E non basta aver risanato i conti della FIA, di cui, in tutta onestà, non ci importa nulla. A noi interessa che lo sport sia pulito, equo, credibile e che venga giudicato non per vendere qualche biglietto in più o qualche spazio pubblicitario, ma per renderlo autentico.
Si spera che quanto accaduto ieri non lasci strascichi infiniti, come quelli di Abu Dhabi 2021 e di altre storie che ancora fanno parlare di sé a distanza di anni.
Questo scritto è frutto di opinioni personale che, come tali, non pretendono di essere Verbo nè Vangelo.
Crediti foto: McLaren F1, FIA