Prima dei 30 anni dell’anniversario della morte di Ayrton Senna (domani per noi di Formulacritica sarà una giornata speciale con un tributo che conterrà un’intervista esclusiva a un uomo vicino al campione paulista), si ricorda un altro momento triste per la Formula Uno: la morte di Roland Ratzenberger. Un pilota che aveva il sogno di guidare nel Circus dei gran premi; un desiderio che purtroppo è finito troppo presto.
Questa è la sua storia. Tenacia e determinazione che superarono le difficoltà incontrate in una carriera lunga e poco premiante.
Roland Ratzenberger: gli inizi
Roland Ratzenberger nasce a Salisburgo, in Austria, il 4 luglio 1960. Scopre il mondo del motorsport a 9 anni quando sua nonna lo portò ad assistere ad una cronoscalata, vicino Salisburgo. Conclusi gli studi, a 18 anni, si iscrive alla scuola di guida sportiva di Walter Lechner, al Salzburgring, circuito nelle vicinanze della sua città natìa.
Roland Ratzenberger: la lunga gavetta nel motorsport
Nel 1983 debutta con la Formula Ford, in Germania, e nel 1985 vinse sia la versione austriaca che quella dell’Europa centrale.
Nel 1986 emigra in Inghilterra dove compete nelle numerose categorie britanniche ed europee, vincendo sia nella Formula Ford 1600 e sia nella Formula Ford Festival.
Gareggia sia nelle categorie a ruote scoperte e che in quelle a ruote coperte con risultati non allettanti. L’unico esito soddisfacente arriva nel 1989: un 3° posto in classifica generale alla Formula 3000 britannica nella quale ottiene una vittoria, 3 pole e 6 podi.
Emigra nell’Estremo Oriente, in Giappone, dove debutta nel Campionato prototipi ottenendo una pole.
Nello stesso anno fa il suo esordio anche nella categoria tedesca a ruote coperte, il DTM, nella scuderia fondata dal suo connazionale Helmut Marko.
Sempre nel 1989 compete per la prima volta nella 24 Ore di Le Mans, gara a cui parteciperà fino al 1993, con la Brun Motorsport/Alpha Racing Team e la Toyota.
Ritorna a gareggiare in Giappone, nella Formula 3000, nei prototipi e nelle vetture Turismo con risultati insoddisfacenti. Vola quindi negli Stati Uniti d’America in cerca di gloria. Gareggia nella IMSA GT Championship, categoria a ruote coperte, non ottenendo però risultati ottimali.
Nel 1991 prova la World Sportscar Championship, campionato mondiale prototipi della FIA, prendendo parte a due gare. Non fu classificato.
Nel 1993 corre per l’ultima volta nella Formula 3000 giapponese nella quale, alla fine della campagna sportiva, ottiene un podio. Nello stesso anno si avvia all’ultima partecipazione alla 24 Ore di Le Mans nella quale si classifica al 5° posto.
Queste numerose gare, questi innumerevoli viaggi in giro per il mondo, avevano un solo ed unico scopo: poter un giorno competere in Formula 1. A quasi 33 anni sembrava che il sogno stesse per svanire. Ma arrivò la telefonata della Simtek, una giovane scuderia di basso livello fondata da Max Mosley e Nick Wirth, nel 1989.

Roland Ratzenberger, il sogno si realizza: l’approdo in Formula 1
A 33 anni, Roland Ratzenberger firma un accordo a gettone (5 eventi) per gareggiare nel Campionato Mondiale di Formula 1 del 1994. Questo accordo è potuto nascere anche grazie al munifico sponsor in dote al pilota austriaco.
Debutta con un’auto per nulla competitiva al Gran Premio del Brasile, a Interlagos. Fallirà la qualifica e quindi non prenderà parte alla gara.
Al successivo Gran Premio del Pacifico, sul circuito di Okayama, in Giappone, riesce a strappare l’ultimo posto utile (il 26°) per prendere parte alla gara.
Domenica fu l’ultimo degli 11 partecipanti ad essere riuscito a concludere il gran premio. Arrivò con cinque giri di distacco dal vincitore Michael Schumacher in Benetton.
Ronald Ratzenberger, Imola: la tragica fine
A Imola, al Gran Premio di San Marino, ci troviamo dinnanzi ad uno dei peggiori weekend della storia della F1.
Al venerdì, il 29 aprile 1994, la Jordan del brasiliano Rubens Barrichello, alla Variante Bassa, esce di pista impattando violentemente contro le barriere di pneumatici. Il pilota se la caverà con la sola la rottura del setto nasale e con una contusione al braccio. Trasportato in ospedale, a Bologna, non prenderà parte al resto del weekend.
Al sabato, nella seconda sessione della qualifica, quando tutto procede tranquillamente, la Simtek di Ratzenberger va fuori pista alle Acque Minerali e non si ferma ai box per controllare se abbia subito dei danni. Il driver decide di proseguire non riscontrando problematiche di sorta. Ratzenberger, purtroppo, non era a conoscenza che la sua ala anteriore aveva subito dei danni in quell’uscita.
Dopo un testacoda alla Tosa, al giro successivo prova l’entrata alla Villeneuve. L’ala si stacca e s’incastra sotto l’auto. Il pilota è ormai un passeggero all’interno dell’abitacolo. La monoposto è un proiettile impazzito che va a sbattere con violenza inaudita nel muro nelle vicinanze con una forza pari a 500 g. Una decelerazione mai raggiunta in Formula Uno.
L’auto rimbalza sul muro e finisce la sua corsa prima della curva successiva, la Tosa. Le immagini televisive sono agghiaccianti: mostrano la testa di Roland Ratzenberger penzolare in modo innaturale e che non asseconda i movimenti della vettura.

Trasportato in elicottero all’ospedale di Bologna sarà dichiarata la morte avvenuta in realtà prima dell’arrivo nel nosocomio.
Le cause principali del decesso sono la rottura dell’osso alla base del cranio. Questa la motivazione ufficiale refertata dai dottori. Si verificò anche una forte contusione provocata dalla gomma anteriore penetrata nella cella di sopravvivenza che causò anche la rottura dell’aorta.
Fu il primo pilota a perdere la vita durante un weekend di Formula Uno dall’incidente mortale di Elio De Angelis al Paul Ricard, nel 1986. Il giorno dopo, tornando a Imola 1994, si consumerà un’altra tragica storia.
Al funerale di Roland Ratzenberger, parteciparono solo cinque piloti: David Brabham, Heinz-Harald Frentzen, Johnny Herbert e i connazionali Karl Wendlinger e Gerhard Berger. Il Presidente della FIA dell’epoca, Max Mosley, non si recò ai funerali di Ayrton Senna preferendo partecipare a quelli del pilota austriaco.
Dopo i tragici fatti di Imola fu riformata la GPDA, il sindacato dei piloti. Come primo presidente fu eletto Michael Schumacher che chiese immediatamente maggior sicurezza sia per le monoposto sia per i circuiti.
Nel 2003, divenne obbligatorio installare il sistema di sicurezza “HANS” per evitare le rotture del collo e del cranio. Meccanismo che fino ad oggi ha salvato numerose vite.
A 30 anni dalla sua scomparsa, la onlus “La Sfida del Cuore” posizionerà alla curva Tosa dove la monoposto del pilota austriaco si fermò e dove una tribuna è stata dedicata al suo nome, una targa commemorativa con una sua foto con le parole in tedesco “Er lebt für seinen traum”. In italiano: “Ha vissuto per il suo sogno”. Le medesime parole poste sulla sua lapide al cimitero di Maxglan, a Salisburgo, dove riposa un pilota che aveva rincorso un sogno.
Crediti foto: Scuderia Ferrari
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