Alle porte del Gran Premio dell’Arabia Saudita, ecco una breve storia su come la F1, fin dai suoi albori, si sia servita e si serva tutt’ora dei regimi dittatoriali e di Paesi che non rispettavano e ancora oggi non rispettano i diritti civili ed umani.
L’automobilismo è una disciplina che, fin dalla sua invenzione, ha unito il mondo, prima dal punto di vista logistico e poi da quello sportivo. Correre tra le strade o su circuiti sistemati alla bell’e meglio, con misure di sicurezza pari allo zero, vedere uomini sfidare la morte, ha sempre attratto il grande pubblico che non vedeva i piloti come uomini ma come veri e propri supereroi.
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F1: quando si arriva al successo, i regimi ne vogliono un pezzo
Dopo il primo campionato mondiale di F1, tenutosi nel 1950, vinto da Giuseppe Farina su Alfa Romeo, il primo assaggio con un regime, fu quello della Spagna di Francisco Franco con il Gran Premio di Spagna, tenuto il 28 ottobre 1951 sul circuito cittadino di Pedralbes, quartiere di Barcellona. Cancellato per mancanza di fondi, riprese le attività nel 1954, per poi essere cassato, stavolta definitivamente, dopo l’immane disastro avvenuto alla 24ore di Le Mans, nel 1955.
La F1 tornò nella Spagna franchista solo nel 1967, con una gara non valida per il mondiale per poi entrare stabilmente in calendario fino al 1981. Nove le edizioni che si tennero sotto il regime di Franco.
Oltrepassando l’Oceano Atlantico, la massima serie non si è fatta scrupoli a gareggiare nel circuito di Buenos Aires dal 1977 al 1981, sotto il regime della dittatura militare di Jorge Rafael Videla, mentre le Madri di Plaza de Mayo urlavano per conoscere il destino dei loro figli scomparsi, i tragicamente noti “Desaparecidos”.
Solo nel 1982, il Gran Premio d’Argentina fu cancellato per lo scoppio della Guerra delle Falkland (o Malvinas), fra il regime militare americano ed il Regno Unito. Dato che molte scuderie provenivano dalla terra d’Albione e per evitare altre controversie, si decise di non gareggiare più in Argentina. La F1, in questo paese, ormai libero dalla dittatura militare, ci tornò nel 1995, dopo 14 anni dalla sua ultima edizione, sempre sul circuito di Buenos Aires e ci rimase fino al 1998.
![F1 - Nelson Piquet](https://www.formulacritica.it/wp-content/uploads/2024/03/F1-Nelson-Piquet-750x375.webp)
F1: gli anni dell’Apartheid
Mentre il Comitato Olimpico Internazionale e le federazioni sportive aderenti boicottavano il Sudafrica a causa dell’Apartheid, istituita nel 1948 e terminata solo nel 1991, regime in cui la popolazione nera veniva separata da quella bianca, la F1, non facente parte del CIO, non fu obbligata ad aderire al boicottaggio e ci gareggiò per ben 26 edizioni dal 1960 (1960 e 1961: si disputarono gare non valevoli per il mondiale) al 1985, saltando il 1964.
Solo nel 1986, la Formula 1 si accorse degli orrori che perpetravano nel Paese sudafricano e ci tornò dopo la sua fine, tenendo solo due edizioni dell’evento, nel 1992 e 1993. Negli ultimi anni si è parlato di tornare in Sudafrica, al Kyalami, sulla spinta del 7 volte campione del mondo, Lewis Hamilton. Ma l’appoggio dello Stato sudafricano alla Russia, dopo l’invasione in Ucraina, nel 2022, ha messo tutto in stand-by.
La fine della guerra fredda, gli anni 2000, il mondo più aperto: il Bahrain e la Cina
Nel 2004 la F1, per la prima volta, si affaccia sul Medio Oriente, precisamente nel Regno del Bahrain, Stato del Golfo Persico, ricco del suo petrolio (da qui la definizione di “petroldollaro”), vincendo contro la feroce concorrenza di Egitto, Libano ed Emirati Arabi Uniti. Dopo le prime edizioni non proprio esaltanti (si correva di giorno sotto un caldo torrido) nel 2011 l’evento fu cancellato a causa delle proteste della popolazione contro il regime, sull’onda della primavera araba.
Nel 2012, ci furono ulteriori proteste contro la F1, che a differenza dell’anno precedente, decise di far svolgere l’evento, mentre il regime bahrenita reprimeva, nel sangue, il dissenso. Ancora oggi, dopo 20 anni dalla sua gara inaugurale, il Gran Premio del Bahrain è stato il primo simbolo dello sportswashing in F1.
![Bahrain - Sakhir](https://www.formulacritica.it/wp-content/uploads/2024/02/Bahrain-Sakhir-750x375.webp)
Nel 2002, la Cina, dopo decenni di chiusura al mondo occidentale, annuncia di aver trovato un accordo con la F1 per tenere un Gran Premio, a Shanghai, per 7 anni, a partire dal 2004 fino al 2011. Accordo che poi venne esteso negli anni fino al 2020. Nel 2019 si tenne il 1000° Gran Premio della storia della categoria, vinto da Lewis Hamilton su Mercedes, e fu l’ultimo GP tenuto su suolo cinese prima della pandemia di COVID-19, iniziata a Wuhan nel 2019 e finita solo nel 2023. Nel 2024, la F1 farà ritorno a Shanghai, il 21 aprile, tappa che sarà la quinta prova del Mondiale. Si terrà anche la prima Sprint Race dell’anno.
F1, gli Anni Dieci: alla corte di Putin
Dopo quasi 30 anni di tentativi per portare la F1 in Russia, il 14 ottobre 2010, viene annunciato il primo Gran Premio di Russia che si sarebbe tenuto dal 2014 fino al 2020 a Sochi, sulle sponde del Mar Nero; la città che nello stesso anno avrebbe ospitato i XXII Giochi Olimpici Invernali. Il circuito sarebbe stato ricavato unendo le varie strade attorno alle strutture che avrebbero ospitato i Giochi. Nel 2021 fu annunciato lo spostamento dal circuito di Sochi all’Igora Drive, nei pressi di San Pietroburgo. Il 24 febbraio 2022 la Russia decide di invadere l’Ucraina.
Il mondo occidentale e le federazioni sportive non rimangono a guardare e prendono la decisione di boicottare lo Stato russo: la gara di Sochi del 2022 viene prima cancellata e, il successivo 3 marzo, la F1 annuncia di aver rescisso il contratto che la legava al paese. Piccola curiosità: tutte le 8 edizioni tenute in Russia sono state vinte dalla Mercedes: 5 trionfi per Lewis Hamilton, 2 per Valtteri Bottas e 1 per Nico Rosberg.
![Gp Russia 2020](https://www.formulacritica.it/wp-content/uploads/2024/03/Gp-Russia-2020-750x375.webp)
F1, Anni Venti: il mondo arabo si espande: Qatar e Arabia Saudita
Nel 2021, mentre il mondo lottava ancora contro la pandemia di COVID-19, la F1, senza non poche difficoltà, riuscì ad imbastire un calendario da 22 Gran Premi. Il 30 settembre 2021 fu annunciato che il Qatar avrebbe ospitato il Circus come ventesima e terz’ultima prova del mondiale. Il GP del 2022 non si sarebbe tenuto a causa dei Campionati Mondiali di calcio, ottenuti tra l’altro in modo non proprio trasparente, ma sarebbe poi tornato nel 2023 per un contratto lungo 10 anni.
Amnesty International criticò sia la F1 che la FIFA per la scelta del Qatar a causa della negazione dei diritti umani e civili in quel Paese. Nel novembre del 2020, viene annunciato che la città di Jeddah, sul Mar Rosso, avrebbe ospitato il primo Gran Premio dell’Arabia Saudita in attesa che l’avveniristico autodromo di Qiddiya veniva completato.
Il circuito di Jeddah, è probabilmente il più pericoloso del mondiale con una sequenza di curve a destra e sinistra che si affrontano con una media di 252km/h sfiorando i muri. Al di là di ciò, le critiche di Amnesty International non si placano, con l’accusa di “sportswashing”, meccanismo adoperato per coprire le varie repressioni e il dissenso in tutto il regno saudita. Lewis Hamilton durante il GP del 2021, indossò un casco con i colori della bandiera LGBT+ quasi a sfidare i divieti.
![Lewis Hamilton](https://www.formulacritica.it/wp-content/uploads/2024/03/Lewis-Hamilton-750x375.webp)
Nel corso delle prove libere del Gp del 2022 si verificò il caso più eclatante. A 16km di distanza dal circuito, un missile dei ribelli Houti, dallo Yemen, colpisce un deposito di petrolio dell’ARAMCO che oltre ad essere sponsor della F1 lo è anche della scuderia inglese Aston-Martin. Dopo lunghe discussioni, durate fino in tarda nottata, i piloti decidono di continuare il weekend del Gran Premio con le rassicurazioni delle autorità locali e della Formula 1. Due settimane prima del Gran Premio ci fu un’esecuzione di massa che portò alla morte di 81 persone “colpevoli” di aver chiesto i loro diritti. Il diritto alla libertà.
Quest’anno la F1 porterà sulla pista di Jeddah, per la prima volta, la Formula Academy, la categoria dedicata alle donne che sognano un giorno un sedile nella massima categoria. Può sembrare una “vittoria” ma, incastrato nel contesto sopra descritto, sembra solo il contentino da dare all’Occidente. La WWE ci è riuscita prima, portando un match tutto al femminile con i corpi delle atlete ben coperti ed anche un match maschile con un arbitro donna, anch’essa col fisico ben celato.
Conclusioni
Nel 2020, sull’onda della pandemia e del movimento “Black Lives Matter” contro le violenze della polizia americana verso la popolazione nera e del “take a knee”, con a capo in primis Lewis Hamilton e Sebastian Vettel, la F1 aveva preso la strada dell’apertura verso il mondo esterno, con gli slogan “End Racism” prima e “We Race As One” poi.
Ma, dal 2021, la serie ha scelto tutt’altra strada, puntando sui dollari insanguinati. Che potrebbero non essere gli ultimi. Chissà quanti altri regimi dittatoriali vorranno mostrarsi belli innanzi al mondo utilizzando la F1 come specchietto per le allodole…
Crediti foto: Mercedes AMG, Alfa Romeo, F1, Scuderia Ferrari