L’ex pilota di Formula 1 e oggi ambasciatore Aston Martin, Pedro de la Rosa, ha delineato ai canali ufficiali del team un quadro in cui spiega cosa significa preparare un pilota alla stagione successiva. Le sue considerazioni vanno oltre la dimensione motivazionale e descrivono un processo strutturato e multidisciplinare, in cui ogni fase della pausa invernale viene utilizzata per ottimizzare parametri fisici, cognitivi e neuromuscolari. In un contesto regolamentare che presenterà una grande evoluzione, la preparazione del pilota diventa parte integrante della performance complessiva della monoposto.
Il periodo compreso tra il Gran Premio di Abu Dhabi e l’inizio dei test pre-stagionali (qui le date) rappresenta una finestra temporale critica. Non è una vera interruzione, ma una fase di reset controllato. De la Rosa chiarisce come il riposo iniziale non sia una concessione, bensì una necessità fisiologica: la stagione moderna, la più lunga nella storia della Formula 1, impone carichi cronici che richiedono una fase di recupero completo per ristabilire equilibrio ormonale, capacità neuromuscolare e prontezza mentale. Senza questo passaggio, il rischio non è solo il calo prestazionale, ma l’accumulo di affaticamento sistemico che compromette l’intero arco della stagione.
Terminata la fase di recupero, la preparazione entra in una seconda fase, caratterizzata dalla progressiva riattivazione funzionale. Ogni attività viene selezionata in base alla sua trasferibilità diretta alla guida. Il karting, citato da De la Rosa come riferimento costante, rappresenta uno strumento di allenamento ad alta specificità: stimola riflessi, coordinazione occhio-mano, sensibilità al limite e capacità di elaborare input dinamici in tempi estremamente ridotti. È una forma di allenamento neuromotorio che mantiene vivo il linguaggio della guida.

Approccio multidisciplinare
Accanto alla guida, trovano spazio discipline che sollecitano sistemi differenti ma complementari. Sport come il padel vengono utilizzati per allenare reattività, visione periferica e coordinazione in condizioni di stress, con un profilo di rischio controllato. Discipline di durata come lo sci di fondo, invece, rispondono a esigenze più strutturali: incremento della capacità aerobica, lavoro in quota e coinvolgimento globale della muscolatura. Quest’ultimo è un elemento centrale nella stabilità del pilota, chiamato a gestire carichi verticali e laterali continui in curva e sui cordoli.
La gestione del rischio infortuni diventa parte integrante del programma. Qualsiasi incidente nella pausa invernale può alterare il carico di lavoro pianificato e compromettere la progressione verso il picco di forma. Per questo motivo, la scelta delle attività è sempre il risultato di un bilanciamento tra beneficio prestazionale e rischio biomeccanico.
Il lavoro in palestra rappresenta la componente più visibile, ma anche quella più fraintesa. De la Rosa è chiaro nel sottolineare che l’obiettivo non è l’aumento di massa muscolare, bensì lo sviluppo di forza funzionale e resistenza specifica. I piloti lavorano su protocolli che combinano durata cardiovascolare e resistenza muscolare localizzata, replicando le condizioni estreme dell’abitacolo. Allenamenti in ambienti caldi e con strategie di idratazione controllata vengono utilizzati per simulare gare come Singapore o Miami, dove la componente termica diventa un fattore limitante.

La preparazione della forza si concentra su collo, spalle e zona centrale. Attraverso macchinari che simulano le forze laterali, i piloti allenano la capacità di mantenere stabilità e precisione sotto carichi superiori ai cinque g. Il compromesso è estremamente delicato: un eccesso di massa comprometterebbe il peso complessivo e la rapidità di risposta, mentre una carenza di forza ridurrebbe la capacità di mantenere precisione sui long run.
In questo contesto, il preparatore atletico assume un ruolo centrale nel controllo del carico e nella periodizzazione dell’allenamento. Non è soltanto un esecutore, ma un gestore della prestazione. Supervisiona recupero, nutrizione, qualità del sonno e disciplina quotidiana, elementi fondamentali in una stagione caratterizzata da continui spostamenti e lunghi periodi lontano dalla sede del team.
Preparazione mentale
La preparazione fisica si intreccia inevitabilmente con quella mentale. De la Rosa descrive un approccio sempre più strutturato all’allenamento cognitivo. Strumenti vengono utilizzati per misurare e migliorare tempi di reazione e coordinazione sotto stress, mentre il simulatore permette di lavorare su procedure di gara, partenze e risposta a stimoli complessi. L’obiettivo è ridurre il carico cognitivo durante il fine settimana di gara, automatizzando quante più risposte possibili.

Anche esercizi apparentemente semplici, come l’utilizzo di palline da tennis per allenare riflessi e attenzione, rientrano in una logica di ottimizzazione globale. La preparazione invernale non tollera lacune: trascurare anche un singolo aspetto espone il pilota a un deficit che, in Formula 1, viene immediatamente amplificato.
Secondo De la Rosa, un driver esperto può arrivare all’inizio della stagione in una condizione molto prossima al proprio picco prestazionale. I giovani, al contrario, necessitano di una fase di adattamento più lunga, perché nulla può sostituire l’esperienza diretta delle sollecitazioni di una monoposto di Formula 1. I primi Gran Premi servono a riabituare collo e schiena a carichi unici, generando indolenzimenti fisiologici che scompaiono con il chilometraggio.
Il quadro che emerge è quello di una F1 in cui la preparazione del pilota è un processo ingegnerizzato, scientifico e integrato. L’abitacolo resta un ambiente estremo, ma è proprio il lavoro invisibile dell’inverno a determinare quanto un pilota sia in grado di sfruttare il potenziale tecnico della vettura fin dal primo semaforo verde.
Crediti foto: Formulacritica, McLaren F1, Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Scuderia Ferrari HP
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