Il Campionato Mondiale di F1 si avvia alla sua conclusione. Max Verstappen avrà il suo primo match point nel prossimo Gran Premio di Las Vegas, dove potrebbe chiudere la pratica per il suo quarto titolo mondiale a scapito di Lando Norris.
Quest’ultimo è stato il pilota più criticato dai fan, dagli appassionati e dai mass media, accusato di non aver colto l’opportunità che gli si presentava, viste le difficoltà incontrate da Verstappen. Molti lo hanno definito un driver di poco talento, ben lontano dal suo principale rivale per il titolo.

Ma per vincere in F1 è davvero necessario essere dei fenomeni?
Ripercorriamo brevemente la storia di alcuni campioni del mondo che, pur non dotati di un talento straordinario, sono riusciti a realizzare i loro sogni di gloria. Questo articolo non intende sminuire alcun driver: sono solo considerazioni personali e opinabili, non verità assolute.
Per chi ha visto il meraviglioso film Rush di Ron Howard, che racconta il Campionato Mondiale di F1 del 1976, incentrato sul duello tra il ferrarista Niki Lauda e il pilota della McLaren James Hunt, sa bene come si svolse quel mondiale.
Lauda, nella prima parte della stagione, era inarrestabile: nei primi nove Gran Premi conquistò cinque vittorie, otto podi e un solo ritiro, lasciando presagire un facile trionfo per il suo secondo titolo consecutivo. Ma il destino aveva altri piani.
Il 1° agosto 1976, al Nürburgring, il ferrarista ebbe un gravissimo incidente che mise a rischio la sua vita. Incredibilmente, saltò solo due Gran Premi, tornando in pista al Gran Premio d’Italia.
Durante la sua assenza, James Hunt riuscì a recuperare 21 dei 23 punti di svantaggio su Lauda. Negli ultimi appuntamenti, nonostante le ferite, Lauda mantenne un vantaggio di tre punti sul rivale inglese fino all’ultima gara in Giappone, al Fuji.
Al GP nipponico, le condizioni meteorologiche erano proibitive. Lauda decise di ritirarsi, giudicando la pista insicura. Hunt, invece, proseguì e conquistò il terzo posto, che gli permise di superare il ferrarista di un solo punto, laureandosi campione del mondo per la prima e unica volta.

F1 – l’esempio di Keke Rosberg
Il Campionato Mondiale di F1 del 1982 sembrava destinato a essere una lotta tra i ferraristi Gilles Villeneuve e Didier Pironi. Tragico fu il Gran Premio di San Marino a Imola, dove la rivalità interna tra i due causò una rottura insanabile. Pironi vinse, ma Villeneuve perse un amico.
Al successivo Gran Premio del Belgio, Villeneuve perse la vita in un terribile incidente, lasciando Pironi come unico serio candidato al titolo.
Dopo il Gran Premio di Francia, Pironi era in testa con 39 punti, ben 9 di vantaggio su Watson e 16 su Keke Rosberg. Tuttavia, al Gran Premio di Germania a Hockenheim, Pironi ebbe un gravissimo incidente che lo costrinse al ritiro dall’automobilismo.
Da quel momento, Rosberg, con la sua Williams, riuscì a compiere una straordinaria rimonta, grazie a tre podi consecutivi e una vittoria, approfittando anche degli errori di Watson, Prost e Lauda. Con il quinto posto nell’ultimo Gran Premio di Las Vegas, si laureò campione del mondo con cinque punti di vantaggio su Watson.

In tempi più recenti c’è il caso di Jenson Button
Campione del mondo 2009, Button è uno dei casi più incredibili nella storia della F1. Nel 2004, con la BAR, collezionò 10 podi, chiudendo quarto nella classifica piloti. Tuttavia, dal 2005 al 2008, prima con la BAR e poi con la Honda, ottenne appena cinque podi e una sola vittoria, rocambolesca, a Budapest, nel 2006.
Dopo il 2008, la Honda si ritirò dalla F1, lasciando Button senza prospettive. Ma Ross Brawn rilevò il team, rinominandolo “BrawnGP” e schierando Button e Barrichello.
Con una BrawnGP rivoluzionaria, Button vinse sei delle prime sette gare. Nonostante il calo di competitività della monoposto, il vantaggio accumulato gli permise di conquistare il titolo con la BrawnGP, che successivamente fu acquisita dalla Mercedes.
Infine, il caso di Nico Rosberg, figlio di Keke
Con l’acquisizione della BrawnGP da parte della Mercedes, Nico divenne compagno di squadra di Michael Schumacher, che surclassò fino al ritiro definitivo del sette volte campione. Dal 2014, con l’arrivo di Hamilton, Rosberg si trovò a lottare con un avversario di grande talento.
Dopo due titoli consecutivi di Hamilton, nel 2016 Rosberg approfittò di un inizio di stagione straordinario e di un guasto al motore di Lewis in Malesia, vincendo il suo primo e unico mondiale con cinque punti di vantaggio.

Conclusioni
La F1 è un mix di talento, superiorità tecnica e fortuna. Non bisogna essere necessariamente fenomeni per vincere: la storia ci insegna che piloti meno talentuosi di Senna, Schumacher o Hamilton hanno comunque raggiunto il successo, credendo nelle proprie capacità e sfruttando le opportunità.
Norris, se vuole battere Verstappen, deve credere di più in sé stesso. Non sarà quest’anno, a meno di miracoli, ma per diventare campione del mondo dovrà seguire questa strada.
Credere in sé stessi, e il resto forse verrà da sé.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing, Brawn GP, F1