Il Patto della Concordia rappresenta l’architrave politico e giuridico della Formula 1. È il documento che disciplina i rapporti tra i tre poli fondamentali dello sport: la FOM in qualità di titolare dei diritti commerciali, la FIA come organo di governo del motorsport mondiale e le squadre, vere depositarie del valore sportivo del campionato.
Più che un semplice accordo legale, il Concorde Agreement è una carta di equilibrio, una sintesi di poteri e interessi che consente alla F1 di funzionare come sistema unitario, pur restando attraversata da normali tensioni strutturali che sorgono in un ambiente iper competitivo e in cui gli interessi industriali sovente si sovrappongono a quelli sportivi. Per farla breve senza entrare in tediosi tecnicismi giuridici, senza questo atto il campionato non si potrebbe disputare.
L’accordo firmato ieri (c’era solo da ratificarlo, come anticipato da marzo: leggi qui) conferma questo assetto e ne estende la validità fino al 2030. Una durata che non è casuale: coincide con la necessità di garantire stabilità regolamentare, sostenibilità economica e prevedibilità agli investimenti in una fase di profonda trasformazione dello sport, segnata dal tetto di spesa e dalla crescente centralità dei mercati extraeuropei. Ancora, ha la stessa lunghezza del prossimo ciclo tecnico. Non una coincidenza considerando che l’equazione è già piena di variabili e si prova quindi a impostare delle costanti cui affidarsi.
Il Patto della Concordia non è solo una fotografia dell’esistente, ma uno strumento di pianificazione politica. Il cuore del documento è l’allineamento sulle strutture commerciali e di governance. Da un lato, Formula 1 rafforza il proprio ruolo di regista economico del campionato, gestendo la distribuzione dei ricavi e il modello commerciale globale. Dall’altro, la FIA mantiene la sovranità normativa e disciplinare (affidatagli dal Consiglio Mondiale del Motorsport in cui siede accanto a FOM e team, ndr), rivendicando il controllo sul regolamento tecnico e sportivo. Le squadre accettano questo equilibrio in cambio di certezze economiche, tutela del valore delle franchigie e un quadro di diritti e doveri condivisi.

Patto della Concordia: una carta imperscrutabile
Uno degli elementi più singolari – e al tempo stesso più opachi – del Patto della Concordia è la sua natura riservata. I termini delle intese non sono pubblici e le parti firmatarie non sono in dovere di comunicare i dettagli dell’accordo. Una clausola di confidenzialità che è diventata prassi nel tempo, ma che continua a sollevare interrogativi sul livello di trasparenza di uno sport che, a parole, rivendica apertura e modernità.
Questa riservatezza riguarda aspetti centrali del sistema Formula 1. In primo luogo, la divisione degli utili, ovvero il meccanismo con cui i ricavi generati dal campionato vengono redistribuiti tra i team secondo criteri storici, sportivi e politici. In secondo luogo, i diritti speciali riconosciuti ad alcune squadre, su tutti il celebre diritto di veto della Ferrari, un privilegio unico nel panorama sportivo mondiale, che consente alla scuderia di Maranello di opporsi a modifiche regolamentari ritenute contrarie ai propri interessi strategici. Istituto più di facciata che reale, retaggio di una F1 anglo-centrica che non c’è più, che il Cavallino Rampante di fatto non attiva mai.
Ma ci sono ante altre fattispecie che il documento va a definire in un contesto che fa emergere qualche paradosso. L’atto legale che regola il funzionamento di uno dei campionati più seguiti e redditizi al mondo, che stabilisce equilibri di potere, distribuzione delle risorse e meccanismi decisionali, resta di fatto criptico agli occhi del pubblico e degli osservatori esterni. Si conoscono i principi generali, ma non le dinamiche concrete, i pesi specifici, le clausole che fanno davvero la differenza nei momenti di crisi o di svolta.

La Formula 1, sempre più proiettata verso una dimensione di intrattenimento globale e sempre più attenta alla trasparenza, continua dunque a poggiare su un patto fondativo che vive nell’ombra. Un accordo indispensabile per garantire stabilità e coesione, ma che allo stesso tempo alimenta una zona grigia di potere, dove la politica dello sport prevale sulla sua comunicazione. È un piccolo, ma eloquente, paradosso: la massima espressione tecnologica e mediatica del motorsport mondiale regolata da un documento fondamentale che, per sua stessa natura, resta inaccessibile. E forse proprio questa riservatezza è una delle ragioni del suo perfetto funzionamento.
Crediti foto: F1, Getty Images
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