F1: padrone ‘e casa jesce fore

Liberty Media e FIA ancora una volta ai ferri corti. La F1 rischia di vivere l'ennesimo momento di tensione tra gli organi di governo che non riescono a trovare una sintesi su questioni di vitale importanza

“Padrone ‘e casa jesce fore”. Ossia, padrone di casa vai via. Espressione tipica della mia lingua natale, il napoletano, che si adatta a quelle situazioni in cui il titolare è costretto a mollare la sua posizione legalmente tutelata ad altri perdendo i suoi diritti di possesso. Questo è quanto potrebbe accadere in F1 – scenario difficilmente concretizzabile – in una lotta ormai sempre più serrata tra Liberty Media, l’intestatario, e la Federazione Internazionale dell’Automobile, l’affittuario a cui è demandata la gestione dell’immobile. 

Gli organi di governo e controllo della Formula 1 se le stanno suonando di santa ragione da un paio di anni a questa parte. Da quando, in pratica, Mohammed Ben Sulayem s’è accomodato sullo scranno parigino di Place de la Concorde, sede della FIA. Ricapitoliamo i punti salienti di una saga infinita e che potrebbe addirittura allungarsi.  

Mohammed Ben Sulayem, n°1 della FIA
Mohammed Ben Sulayem, n°1 della FIA

Liberty Media – FIA: cinque motivi di frizione 

L’ente parigino, nella versione impostata da Ben Sulayem, non ha creato un gran rapporto con chi il Circus lo detiene. Sono cinque i punti dolenti di un legame mai decollato. Eccoli elencati in un’operazione necessaria a rendere chiaro il quadro in cui va dipanandosi questa lotta tra titani:

Sul primo punto, Mohammed Ben Sulayem si è dichiaratamente schierato in favore dell’ingresso della realtà statunitense la cui candidatura è stata bocciata dalla FOM. Stefano Domenicali e il gruppo che rappresenta non si erano mai esposti chiaramente sulla vicenda, né in prima battuta, né dopo l’arrivo del lasciapassare federale. La proprietà del Circus, insieme ai team, ha negativamente valutato l’impatto dell’ingresso dell’undicesimo soggetto acuendo le distanze tra gli organi di governo della F1.

Liberty Media ha pienamente sposato la visione delle dieci compagini operanti che vogliono proteggere il business così come è stato impostato e che non si accontentano dell’obolo di 200 milioni di dollari che Andretti avrebbe dovuto conferire per entrare. Una tassa ritenuta bassa perché figlia di un vecchio contesto operativo (quello vigente durante il Covid) e che oggi si sta spingendo per triplicare.

Per fare ciò serve la rivisitazione del Patto della Concordia che scade a fine 2025. La FIA, con un’iniziativa unilaterale e non supportata da FOM e squadre (fino a prova contraria i ⅔ del processo di decision making della F1), è andata dritta come una nave rompighiaccio determinando una faglia profonda. Un atto di forza non richiesto che era venuto dopo un altro momento carico di tensioni.

F1 – Partenza del Gp d’Arabia Saudita 2024

Si giunge così al secondo punto. Per molto tempo le due entità che guidano la Formula Uno avevano discusso sull’opportunità di raddoppiare in numero le Sprint Race. Gli americani ne erano convinti sponsor, la Federazione, nella F1 Commission, si era messa di traverso facendo mancare l’appoggio dei suoi dieci delegati. 

La colpa di Liberty Media, secondo un battagliero Ben Sulayem, era quella di aver soddisfatto le richieste economiche dei team e non quelle di chi gestisce la pista con le sue maestranze e i suoi mezzi. Lunghe interlocuzioni sono state necessarie per arrivare all’accordo basato, manco a dirlo, su una bella iniezione di dollari fatta da John C. Malone e soci. Caso archiviato ma tensioni non del tutto ammansite e che stanno riemergendo, come constaterete nella parte finale di questo scritto.

I dissidi sono stati superati ma nel quadro di un rapporto apparentemente compromesso considerando l’affaire Andretti. L’altro fronte (punto 3) che si è aperto è quello relativo alla FIA che, sposando il codice etico del Comitato Olimpico Internazionale, ha di fatto apposto un filtro censorio ai piloti che non saranno più liberi, se non concordandolo, di esprimere posizioni su questioni politiche, etiche e sociali.

Un provvedimento che ha spaccato letteralmente il Circus e che ha generato le irate reazioni di Liberty Media che ha letto l’azione di un sempre più intraprendente manager emiratino come un atto liberticida non richiesto. Non a caso si sono mossi gli avvocati del gruppo americano.

Un altro momento di scollatura (punto 4) si è prodotto in relazione alla manifestazione di interesse per l’acquisto della Formula 1 sulla base di 20 miliardi di dollari da parte del fondo PIF (The Public Investment Fund, società di investimenti dellArabia Saudita con un patrimonio pari a 360 miliardi di dollari, ndr). Liberty Media, in qualità di gruppo detentore dei diritti commerciali della massima categoria, aveva declinato la proposta. 

Nel solito slancio personale e non richiesto, Mohammed Ben Sulayem aveva sentito la necessità di dire la sua, ingerendo in una trattativa che non gli competeva. Tramite il suo account Twitter, oggi X, l’ex rallista aveva espresso la propria opinione in merito alla proposta del fondo arabo. Lo aveva fatto in maniera piuttosto forte in relazione alla carica di presidente della Federazione Internazionale, ente che in questioni commerciali non ha voci in capitolo. 

E’ necessario ricordare che Liberty Media detiene per i prossimi 90 anni i diritti commerciali della F1. Nel cinguettio della discordia, Ben Sulayem, autodefinendosi custode del motorsport, lanciava un monito ai potenziali acquirenti chiedendo programmi trasparenti e sostenibili, affermando che la generosità dell’offerta monetaria non era il vero valore di riferimento. “Tali riflessioni oltrepassano i limiti di mandato della FIA così come qualsiasi diritto contrattuale. La federazione verrà considerata responsabile di eventuali danni subiti da Liberty Media”. Questa fu la risposta infuocata del colosso americano dell’intrattenimento. 

L’ultimo elemento di divergenza riporta al recente “Mercedes Gate” nel quale la FIA, inspiegabilmente, ha seguito gossip di stampa mettendo sotto accusa una colonna del motorsport, quella Stella a Tre Punte che ha immediatamente recepito la solidarietà di Stefano Domenicali e di tutti i team principal. Cosa che, nei fatti, ha messo alle strette l’ex rallista arabo che è uscito piuttosto ammaccaticcio da una vicenda che ha sotterrato Place de la Concorde sono un bel cumulo di fango mediatico. A lecita ragione c’è da aggiungere.

F1: la spaccatura tra FIA e Liberty Media è sempre più profonda

Visioni divergenti, quelle sopra mostrate, che al momento non trovano una sintesi e che potrebbero allontanarsi ancora di più dopo le uscite di Manuel Aviñó, presidente della Real Federación Española de Automovilismo, che, in una diretta di Soymotor, non le ha mandate a dire agli americani rivendicando peso, potere e soldi. Leggete:

Quando siamo arrivati alla FIA c’erano perdite pari a 30 milioni di euro all’anno. La FIA avrebbe rischiato la bancarotte e dunque abbiamo dovuto cambiare molte cose, tenendo d’occhio la sostenibilità dell’organizzazione. In passato il presidente (frecciata a Jean Todt?) e il suo team sono  scappati dal confronto con i promotori. Il promotore della Formula 1 (Liberty Media) sta diventando multimilionario grazie a un prodotto che appartiene alla FIA”.

L’80% del budget FIA proviene dalla F1 e non troviamo giusto che di tutta questa ricchezza generata dalla categoria regina nulla venga condiviso con la FIA. Ben Sulayem chiede che ci venga dato quel che reputiamo nostro, anche perché la Federazione è un’organizzazione non a scopo di lucro e questi soldi verrebbero investiti nuovamente nelle competizioni. Ma non c’è inimicizia o scontri“. 

La chiosa di Manuel Aviñó vuole essere conciliatoria ma non riesce nell’intento. Faccende così delicate e complesse non possono essere affrontate su Twitch, l’arena dalla quale il dirigente spagnolo ha parlato, né in contumacia. Ossia senza che la controparte – che fino a prova contraria ci ha messo un bel pacco di soldi per comprarsi il giocattolo – possa replicare e offrire la sua versione.

Questo modo di procedere, che i rappresentanti federali hanno mutuato da un Ben Sulayem mediaticamente molto aggressivo, non contribuiranno a rasserenare gli animi. La FIA, lecitamente, chiede maggiori fondi per poter operare e rendere la F1 più sicura e credibile anche nel processo di valutazione di alcune fattispecie (track limits con il miglioramento del funzionamento della sala VAR), ma non può pretendere di stabilire in autonomia le spettanze imponendo unilateralmente la linea al gruppo di John C. Malone.  

Per ora Stefano Domenicali, CEO e plenipotenziario della F1 nominato proprio da Liberty Media, tace e non replica. Atteggiamento saggio che non rappresenta un inedito procedurale. Ma siamo sicuri che, in “bassa frequenza” delle valutazioni sono in corso. E una reazione arriverà sicuramente.


Crediti foto: FIA, F1

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