A chi conviene una F1 non allenante?

Ieri si sono conclusi i test di F1 del Bahrain, tre giorni di attività che di certo non sono bastati per svezzare le nuove F1. Chi ha voluto tutto questo e chi ha interessi a non cambiare le cose?

24 ore e qualche manciata di giri suppletivi rappresentata dai filming day. Questo è il quantitativo di lavoro su cui i team hanno potuto far conto per preparare la stagione 2024. Pochi chilometri, ad essere sinceri. Qualcuno (non troppi, invero) eccepirà sottolineando che non ne servono ulteriori poiché la F1 è in pieno congelamento tecnico. Parere rispettabile ma che non ci trova d’accordo. 

Poco possiamo fare, noi umili osservatori e narratori dello sport che tanto amiamo, per cambiare il corso delle cose e considerando che Liberty Media intende dare forma spettacolare a ogni singola sessione.

Lo sviluppo di una monoposto, dunque, diventa un esercizio derogato alle sedute ufficiali (qualifiche, gare brevi e veloci) perchè le libere, fino a poco tempo fa di tre ore al sabato, si riducono in ampiezza e in numero per favorire le Sprint Race, quel formato che limita a una singola, sparuta, sessione la definizione degli assetti e la validazione degli eventuali miglioramenti introdotti dai tecnici. 

Fino a qualche tempo fa i test invernali erano esclusi da questa dinamica. Ora anche questi assumono carattere di vendibilità tant’è che vengono mandati in dirette urbi et orbi nelle quali i telecronisti si trovano spesso a raccontare l’ovvio per mancanza di elementi di vero interesse. Questo processo appare ormai inarrestabile tanto che, via via che passano gli anni, la progettazione e il testing delle monoposto si sta spostando sempre più sul versante virtuale.

Questa cosa, concepita anche per giungere a risparmio economico e per rendere il tutto più ecosostenibile, genera una grave controindicazione: rendere difficile il recupero per le scuderie attardate che faticano anche a rimontare in corso d’opera stante il meccanismo dell’ATR  e quello del budget cap, sistemi che si muovono in sinergia e che finora hanno contribuito a creare monopoli più che a limitarli.

Ferrari SF-24
Carlos Sainz in azione con la Ferrari SF-24 durante i test del Bahrain

Pochi test in pista nella F1 contemporanea? Alonso non ci sta

Non è un caso che contro questa tendenza si sia scagliato proprio il pilota più esperto dei venti in attività Fernando Alonso: “Fra poco avremo dei test molto limitati e ci pensato per tutto l’inverno. Su quanto sia ingiusto avere solo una giornata e mezza di attività per ogni pilota per prepararsi a un campionato del mondo. Non esiste in nessun altro sport al mondo, con tutti i soldi che girano, il marketing e le cose belle che diciamo della Formula 1, di quanto sia sempre più vicina ai tifosi”. 

Stilettate che l’asturiano aveva lanciato qualche giorno prima che scattasse il semaforo verde in fondo alla pit lane di Sakhir, quel luogo che a suon di dollaroni ha “rubato” l’esclusiva ad una pista molto più probante quale è Barcellona che si avvia mestamente ad uscire anche dal calendario della Formula 1 visto che Madrid s’è presa la scena e il futuro. 

Non capisco – aveva proseguito un battagliero Fernando – perché non andiamo in Bahrain per quattro giorni, potrebbero essere due giornate a testa per ciascun pilota. E non comprendo perché non possiamo andarci con due macchine visto che saremo già in Bahrain e pronti a correre la settimana seguente”.

Dubbi irrisolti e irrisolvibili considerando che la FOM non ci vuole sentire e che forse pensa di aprire qualche turno in più di test solo nel 2026, quando partirà la nuova F1, replicando quanto accaduto nel 2022. Le lamentazioni di Alonso sono ampiamente condivise tra i conducenti eppure nulla si muove.

Sarebbe molto semplice scaricare tutta la responsabilità su Liberty Media. La verità è che i team sono altrettanto correi in questa situazione visto che hanno avallato le scelte delle teste d’uovo americane e che non si sono mai opposti, nelle preposte sedi, ossia nella F1 Commission, dove hanno voci in capitolo al pari dei membri della FOM e di quelli della FIA. 

La questione è sempre la solita, nota, stranota, atavica, masticata, rimescolata: fare soldi. Finché la Formula 1 sarà capace di garantire dividendi di grandissima portata i team non vorranno fare modifiche al business attuale formalizzato da un Patto della Concordia blindato ed escludente (ne sa qualcosa il povero Andretti). I direttori delle squadre non si opporranno mai alla visione operativa di Liberty Media che invece andranno a sposare in maniera pedissequa, appiattendosi sugli iper introiti.

Fernando Alonso pronto a scende in pista a bordo della Aston Martin AMR24

F1: uno sport non allenante

Se tutto questo porta a piloti meno preparati (e ce ne accorgiamo ogni volta che cadono quattro gocce d’acqua visto la ritrosia a correre soprattutto delle nuove leve), ma anche a piste che vedono cordoli e tombini sollevarsi perché non si stressano per bene i materiali, è un fattore di poco conto per i “padroni del vapore”. Le vittime di questo meccanismo perverso sono i piloti, i tecnici e chi deve osservare questo carrozzone senza poter far nulla: i tifosi.  

Ogni sport, da quello praticato a livello amatoriale, a quello più specializzato e agonistico prevede una fase di allenamento, contempla delle prove, prende in esame la presenza di una preparazione da svolgere prima che l’evento maturi nella sostanza. 

La Formula 1, la massima espressione della tecnologia applicata allo sport, va invece in una direzione del tutto diversa mortificando se stessa, snaturando le proprie caratteristiche, annichilendo la sua storia. Tutto per un pugno di dollari. Questo sistema, che oggigiorno sembra perfetto, può reggere all’infinito?


Crediti foto: Aston Martin, Scuderia Ferrari

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