Cambiare idea è segno di intelligenza. Chi sa tornare sui propri passi avvedendosi di aver commesso un errore denota apertura mentale e propensione alla risoluzione dei problemi emersi dopo una determinata scelta. Quello di Mohammed Ben Sulayem è un ravvedimento convinto o si tratta di una manovra politica ora che la Formula 1 – e non solo – si è espressa in termini molto critici?
Il sospetto che si tratti di questa seconda ipotesi è forte e a confermarlo è la tempistica. Il n°1 della Federazione Internazionale dell’Automobile diventa di colpo più concessivo quando le elezioni per il rinnovo del vertice federale si avvicinano e quando i suoi vecchi elettori lo hanno di fatto mollato.

Mohammed Ben Sulayem: inversione a U sul codice etico
Veniamo ai fatti. Il tema del contendere è, ancora una volta, quello del codice di condotta dei piloti prima, durante e dopo gli eventi organizzati sotto l’egida di Place de la Concorde. “A seguito del feedback costruttivo dei piloti dei nostri sette Campionati del Mondo FIA, sto valutando la possibilità di migliorare l’Appendice B“, ha commentato Mohammed Ben Sulayem dal suo account Instagram.
“Come ex pilota di rally, capisco meglio di molti altri le esigenze che devono affrontare. L’Appendice B è una parte fondamentale del Codice Sportivo Internazionale ed è importante per mantenere lo sport accessibile a tutta la nostra comunità sportiva“.
“Le persone fanno le regole e le stesse possono migliorarle. Questo principio di miglioramento continuo è qualcosa in cui ho sempre creduto ed è al centro di tutto ciò che facciamo alla FIA“, ha aggiunto il manager emirato.
Oibò, se non è una resa totale ci si avvicina di parecchio. Ma perché Ben Sulayem è diventato un danzatore di valzer? Accantonate idee romantiche e pentimenti convinti, il nostro prode Mohammed è corroso dalla paura di cedere potere e di perdere le prossime elezioni per il rinnovo dei vertici della FIA.

Mohammed Ben Sulayem: il re è nudo e solo
Dopo essersi costruito un ente a sua immagine e somiglianza nel quale ha sterilizzato il dissenso esautorando gli organi di controllo dalle loro funzioni, portando avanti, tra l’altro, una campagna di epurazioni infinita i cui nomi non stiamo qui ad elencare per esigenze di brevità, Ben Sulayem è stato mollato da molti di quei soggetti che ne avevano perorato la causa cinque anni fa favorendone l’ascesa al soglio federale.
I suoi vecchi supporter sono diventati dei nemici e alcuni di questi hanno addirittura minacciato le vie legali come il n°1 del motorsport britannico, David Richards. Personaggio assai influente che ha aspramente criticato l’accentramento di potere disposto dell’ex rallista che ora si trova a dover mollare la presa per crearsi un ambiete meno ostico intorno.
La presidenza federale si ottiene con il voto delle federazioni consociate. Ecco perché Ben Sulayem deve mostrarsi meno dispotico e deve farlo in tutti gli ambiti in cui la FIA opera: F1, rally, WEC e tutti gli altri campionati che sorgono sotto la sua egida. Quello dell’ammorbidimento sul codice comportamentale è un tema trasversale che tocca tutte le categorie e, anche se non ha attinenza con chi ha diritto di voto, dà comunque l’idea di mostrarsi più aperti al dialogo. Che è esattamente ciò che è mancato nel quinquennio che sta per chiudersi.

Se Ben Sulayem punta alla riconferma deve dimostrare che la revisione operativa è più ampia e non limitata al codice etico che, al di là del clamore mediatico che suscita, è un tema marginale. La FIA è un organo di potere che muove parecchi soldi e il fatto che quasi tutta la gestione ordinaria (e non) sia finita nelle mani di una ristrettissima élite è un fatto che potrebbe determinare la sconfitta dello stesso manipolo di manager che oggi fa il bello e il cattivo tempo negli uffici di Place de la Concorde.
Basterà questa mossa al dirigente per avere la meglio nella partita elettorale che si aprirà tra qualche mese? Quesito inevaso ed inevadibile. Nel frattempo registriamo che anche il forte e risoluto Mohammed Ben Sulayem inizia a provar paura.