Max Verstappen è ormai il dominatore incontrastato della F1 in questo decennio, iniziato da quel nefasto pomeriggio di Abu Dhabi 2021. Da quel giorno in poi, il quattro volte campione del mondo olandese non ha fatto prigionieri e ha conquistato, oltre a quello, tre titoli mondiali consecutivi.
In questi anni da leader totale, quindi da una posizione di forza non solo sportiva ma anche mediatica, non si è risparmiato nel lanciare attacchi verso la FIA e la F1. E lo ha fatto dal punto di vista politico, regolamentare e logistico, in relazione alle scelte intraprese dalla massima serie in questi anni.
Non si contano più le numerose minacce di ritiro nel caso in cui la Formula 1 dovesse fare una scelta piuttosto che un’altra, tra l’inserimento di una sprint race o di un circuito cittadino in più. Il mondo della F1 si è ormai abituato a queste situazioni: Verstappen non è il primo e non sarà l’ultimo a minacciare di abbandonare la categoria.
Basti pensare a Nigel Mansell o ad Ayrton Senna che, nel 1989, minacciarono il ritiro dalla F1 a causa delle squalifiche ricevute: il pilota inglese per il Gran Premio del Portogallo e il campione brasiliano per quella ben più nota al Gran Premio del Giappone.

Queste minacce erano dovute, a detta dei piloti, a presunte ingiustizie subite dal sistema della Formula 1. Per quanto riguarda Verstappen, le sue sono più che altro ideologiche. L’olandese è un pilota cresciuto a pane e gomme fumanti, con un’educazione ferrea ricevuta prima dal padre Jos e poi da Helmut Marko, che ama la F1 “old-style”, fatta di circuiti storici con via di fuga in ghiaia e in cui i piloti, senza filtro alcuno, se le davano di santa ragione. Secondo il quattro volte campione, questa essenza oggi non esiste più.
Il talento di Hasselt ha dato tanto alla F1: ha riportato entusiasmo nel suo Paese, l’Olanda, tanto che la la serie ha organizzato e organizzerà fino al 2026 un Gran Premio nei Paesi Bassi. Gli spalti nei Gran Premi europei sono quasi sempre tinti di “oranje”, il colore tipico degli sportivi olandesi, a dimostrazione di quanto sia amato dai fan e dagli appassionati. Dall’altro lato, però, il campione olandese ha ricevuto tanto, forse anche quando non gli era dovuto, dalla Formula 1.
La storia di Verstappen la conosciamo tutti: nel 2015, da minorenne, gli fu concesso il privilegio di gareggiare in F1, con tutti i rischi del caso, saltando tutte le categorie propedeutiche. Dopo quella particolare situazione, da allora i piloti, per poter accedere un giorno nella categoria, devono seguire un percorso di crescita ben preciso ed accumulare punti per ottenere la Superlicenza.
In quei primi anni in F1, Verstappen ne ha fatte di cotte e di crude, soprattutto ai danni delle Ferrari di Vettel e Raikkonen. In un modo o nell’altro, la FIA si è dimostrata sempre benevola nei suoi confronti, vedendo in lui un futuro campione del mondo. Bernie Ecclestone stravedeva per Verstappen, tanto da paragonarlo a Michael Schumacher.
La summa di tutto questo si è concretizzata ad Abu Dhabi 2021. Verstappen deve tanto alla F1: il successo, un lauto stipendio, l’essere imprenditore di sé stesso, la possibilità di decidere cosa fare o non fare della propria carriera, vedere persone che pagano costosi biglietti per i Gran Premi o un abbonamento alle pay-tv per acclamarlo e gioire delle sue vittorie.
Il campione olandese, quando deciderà di ritirarsi, lo farà nei suoi tempi. Sarà tra un anno, due anni o dieci anni: non lo sappiamo, ma se oggi Verstappen è il “Max Verstappen” che tutti amano o odiano, sportivamente parlando, lo deve alla F1.
A Verstappen consiglio di non minacciare di ritirarsi. Quando arriverà quel giorno, basterà fare un annuncio tramite i social e la F1 andrà avanti, come ha sempre fatto nella sua gloriosa storia.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing