F1 – Dopo il Gran Premio del Brasile si può finalmente tirare un sospiro di sollievo: il mondiale piloti si è chiuso
oltre ogni ragionevole dubbio, anche se era evidente già da parecchio tempo che il vantaggio accumulato
dal campione del mondo nella prima parte di stagione non fosse colmabile sia per la scarsa consistenza degli avversari, sia per il recupero tecnico messo in atto da Red Bull, data per terza forza dai cantori del pilota olandese ma capace di vincere la sprint e fare il secondo tempo in griglia ad Austin, essere davanti a Norris in Messico prima del fattaccio, e finire in scia ai primi nella sprint in Brasile (la narrazione però ci dice che quando si vince è merito del pilota mentre quando si perde è colpa della monoposto).
Comunque sia, gara magistrale quella di Max Verstappen sotto la pioggia: sempre solido, consistente, al posto giusto al momento giusto e capace di sfruttare tutte le opportunità che gli si sono presentate, per cui è osannato giustamente da tutta la stampa e da tutto il web. Però se facciamo una cosa oggi sconosciuta, ovvero un minimo di analisi della sua gara possiamo notare che dietro la grande vittoria ci sono alcune situazioni favorevoli legate al caso e un lavoro determinante del team.

Innanzitutto si parla sempre della partenza dalla P17 ma in realtà davanti all’olandese non c’erano 16 piloti bensì 14 e le due caselle vuote davanti a lui sono state determinanti per guadagnare subito posizioni e affrontare la prima curva nella posizione migliore, questo non per sminuire la prestazione ma per puntualizzare che forse con una griglia completa non è detto che le cose sarebbero andate allo stesso modo.
Ma il punto fondamentale è che la vittoria è frutto soprattutto della sinergia tra pilota e team che hanno deciso di non fare il pit stop per rimettere le intermedie nuove, scelta azzardata che non stava pagando perché sotto regime di Safety Car chi non aveva fatto il pit stop sarebbe scivolato in fondo con scarse possibilità di recupero, poi però hanno deciso di esporre bandiera rossa (scelta discutibile perché una vettura incidentata si può rimuovere tranquillamente sotto safety car) e il disastro si è trasformato immediatamente in genialata.
Con un pit stop in meno e ripartendo dal terzo posto è stato facile per il buon Max fare un sol boccone delle Alpine, a nessuno è venuto in mente che i tre piloti sul podio in Brasile sono esattamente quelli che non hanno fatto il pit stop, erano tutti impegnati a scrivere iperboli e a paragonare questo gran premio a quello d’Europa del 1993, gara dove il pilota ha doppiato e ridicolizzato tutti, compresa gente come Prost, Hill, e Schumacher, con una vettura che era davvero terza forza perché spinta da un V8 Ford HB clienti e non un V10 Renault o il V8 Ford Zetec ufficiale.
Merito e onore a Verstappen per aver ottenuto un a vittoria clamorosa e ridicolizzato Norris ma i fatti vanno raccontati tutti e per bene, dire la verità non sminuisce una vittoria meritata, e poi lasciatemelo dire… Basta paragoni con Senna, non è il prezzemolo che va in ogni minestra, la sua memoria andrebbe rispettata.
Infine, una piccola considerazione su Oscar Piastri, primo nemico di Norris che quando ha avuto dietro Verstappen ha aperto la porta in maniera abbastanza plateale non opponendo la minima resistenza. Anche i cantori di Andre Stella forse dovrebbero rendersi conto che sulla gestione del team Papaya ci sono tante cose da rivedere anche in chiave 2025, se si vuole vincere davvero.
Perché nell’era social è cosi: se un azzardo va male sei un brocco ma se va bene diventi un mito come Hannah Schmitz, paladina indiscussa del web.
Crediti foto: Oracle Red Bull Racing
Gentile Mauro non la conosco, ma devo ringraziarla per questo pezzo. Domenica ero inc****to a mille con skysportf1 per la celebrazione di questo podio e il richiamo a sacri miti che nulla hanno a che vedere con dei piloti che hanno fatto una bella gara sicuramente ma agevolata. Il buon Briatore si sarebbe trovato le sue mcchine dal 5° al 10° e Verstappen, grande pilota, sarebbe comunque finito tra dietro Leclerc o poco avanti facendo un’ottima gara.