La maldicenza

Avvelenatori di pozzi, sobillatori seriali, mentitori di professione: la F1 è in balia di soggetti che creano casi ad arte per permettere al disagio sociale imperante di eruttare con incontenibile potenza

La maldicenza è l’abitudine a parlar male del prossimo. Questa è la definizione elementare del fenomeno che troverete in qualsiasi vocabolario della lingue italiana. La maldicenza prende piede e si espande a macchia d’olio anche in F1, uno sport nel quale il ricorso al gossip sta superando la quota minima di tolleranza. 

La maldicenza moderna non si realizza nel passaparola sussurrato che si ingigantisce di stazione in stazione per diventare un mostro multicefalo. No, essa si concretizza in cose poco materiali ma che sanno far male quando colpiscono uno o più soggetti. È questo il tempo delle e-mail anonime, spedite a raffica, copiate e incollate per essere consegnate a chi le può divulgare con semplicità (giornalisti) e a chi dovrebbe prendere provvedimenti (plenipotenziari della Formula Uno).

Dopo aver passato un inverno a leggere congetture sul presunto – e mai provato – conflitto di interessi dei coniugi Wolff e a scendere in dettagli sempre più morbosi circa l’Horner-Gate, ora è il tempo del boicottaggio-sabotaggio di un team nei riguardi del suo pilota di punta, il conducente più rappresentativo dell’intera Formula Uno: Lewis Hamilton.

Lewis Hamilton
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1

F1: Mercedes e Hamilton vittime della deriva social

Come siano andate le cose è noto e non serve ripercorrere i dettagli di una vicenda che fa allungare altre ombre su una Formula Uno martoriata da narrazioni di comodo atte a fare facile consenso e non a informare.   

Anche se i casi vengono archiviati restano i sospetti che in un cospirazionismo sempre più diffuso (tra negazionisti dell’11 Settembre e dello sbarco sulla luna, terrapiattisti, rettiliani, raeliani, sciachimisti, teorici del 5G e dei sistemi di controllo inoculati via vaccino è pieno il mondo di balordi disposti a credere a ogni cavolata) rischiano di diventare verità oggettive quando di oggettivo c’è solo l’idiozia che li muove.

Negli ultimi tempi Toto Wolff e Lewis Hamilton sono apparsi abbottonati, severi nella comunicazione, segnati dalla necessità di rigettare al mittente accuse che non hanno ragione di esistere ma che rischiano di minare, per logorio, la credibilità di un team e di tutto il sistema della Formula Uno che non è esente da momenti bui. Vedasi, ad esempio, quello che fu in grado di comandare Flavio Briatore che è comunque tornato in sella giocando anche su un mondo che dimentica troppo in fretta certi momenti oscuri 

Ma non si può fare spicciolo determinismo. Se in passato si sono condotte torbide pratiche non è detto che sia norma o linea di continuità. Tra le altre cose, quale sarebbe il senso di boicottare un pilota? Nascondergli dei segreti? Fargliela pagare per l’addio previsto da una clausola rescissoria accettata dalle parti? 

Gli avvelenatori di pozzi hanno probabilmente centrato il bersaglio perché oggi Mercedes viene osservata con sguardi traversi e infarciti di sospetti. Le becere minacce giunte dai canali social, che spesso sanno essere fetide cloache che ammassano i peggiori reietti umani che si celano dietro false identità, hanno vomitato tonnellate di sterco sulle parti in una guerra di bande moderna in cui nessuno è stato fatto salvo. 

La speranza è che presto ci si dimentichi di questa vicenda lurida. Tale non per quanto è successo (perché nulla c’è stato) ma per come è stata usata dai balordi dei tempi nostri che altro non attendono che una causa scatenante per far eruttare tutto il loro profondo disagio. Sulla materia speriamo di non dover più tornare. Buon Gran Premio di Spagna.


Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team

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