F1 in Europa: goodbye blue sky

La F1 e l'Europa: due concetti che tendono alla fatale divergenza. Liberty Media batte altre e più munifiche strade. Il sistema reggerà a lungo?

Goodbye Blue Sky è un brano scritto da Roger Waters che appare in quel capolavoro che è The Wall, il concept album per antonomasia dei Pink Floyd. Un breve e struggente pezzo che narra dell’addio ai giorni felici. Il bassista lo concepisce pensando alla guerra, a uomini spaventati che combattevano per una finta promessa: un mondo nuovo, migliore. Quella terra dei sogni che la F1, forzando il paragone, cerca lontano dall’Europa.

Uscendo dal parallelo, veniamo al nostro campo d’indagine. Stefano Domenicali lo aveva anticipato nel giugno del 2023: la Formula Uno s’era detta pronta ad aprire al meccanismo delle rotazioni per evitare che alcuni tracciati storici sparissero definitivamente dal Circus. Un bene, verrebbe da dire. Ma forse non è proprio così. Alternare le gare è una soluzione di compromesso e, come tale, reca con sé delle problematiche irrisolvibili che potrebbero addirittura minarne l’efficacia. Andiamo per gradi.

Dando seguito alle intenzioni cui si è alluso poc’anzi, il manager imolese ha dato conto dei dettagli ai quali la vecchia Europa dovrà necessariamente allinearsi. Dopo una raffica di estensioni contrattuali di circuiti extraeuropei è necessario affrontare la situazione di piste come Zandvoort, Spa Francorchamps, Imola, Monza e Monaco i cui legami con la FOM scadono tutti nel 2025. Con realtà che spingono per entrare e altre il cui ingresso è già stato formalizzato (Madrid) il concetto del turnover prende sempre più corpo.

Questo è un anno in cui ci saranno molti Gran Premi, principalmente in Europa, per i quali abbiamo diverse opzioni da considerare. Penso che nel 2026 vedrete qualcosa di interessante. Stiamo discutendo con altri promotori in Europa per fare qualcosa che sarà annunciato a breve”, aveva detto il CEO.

Penso che, come sempre, quando prendiamo una decisione riguardo al rinnovo, ci sono molti elementi che dobbiamo considerare. Prima di tutto, ovviamente, l’aspetto finanziario è rilevante. Il fatto che riusciamo a stabilizzarci con alcuni promotori è un elemento rilevante da considerare. Il fatto che negli ultimi due anni siamo riusciti a ratificare accordi incredibili con alcuni circuiti significa che, da un lato, si tratta di un pacchetto finanziario molto interessante ma dall’altro è un’incredibile opportunità per sviluppare il nostro business in altri ambiti che vanno oltre quello legato al canone promozionale. E questo è davvero il nostro approccio”.

F1 partenza Gp Arabia Saudita 2024
F1 – Partenza del Gp d’Arabia Saudita 2024

La F1 non  intende superare il format a 24 gare, da qui la necessità di provvedere alle rotazioni. “È chiaro che se si osserva lo sviluppo della nostra regionalizzazione del calendario – ha spiegato l’ex Ferrari – siamo passati dall’essere europei-centrici a uno sviluppo molto mondiale, che deve essere mantenuto nel futuro. Voglio solo confermare il fatto che crediamo che 24 gare siano il numero giusto”.

Un modello apparentemente perfetto quello teorizzato e dato ai natali da Liberty Media. Un mix equilibrato tra due spinte centrifughe. Quella di chi vorrebbe la restaurazione di una lista di eventi più breve, intorno alle 18 gare, e chi, insaziabile, pretenderebbe uno stiracchiamento ulteriore che porti a una trentina di caselle annue.

Con il cost cap attivo e una logistica sempre più complessa si vuole evitare di intasare il meccanismo. Di converso, è necessario non assottigliare troppo il calendario perché il giocattolo costa ed è fondamentale alimentarlo anche con i soldi degli sponsor e dei promotori che fanno a cazzotti per vedere i bolidi a ruote scoperte sulle proprie piste.


F1 del futuro: rotazione gare in un calendario da 24 eventi 

Visto che 24 GP equivalgono anche al tetto massimo individuato dal Patto della Concordia, il documento legale che regola la vita della F1, e considerando che non si intende rimettere mano a questo aspetto anche nel contratto che dovrà essere rinnovato alla fine del 2025, gli americani vogliono che la categoria si basi sulla doppia dozzina. La massima serie dell’automobilismo sportivo, nonostante le sue contraddizioni e sebbene proponga ancora una volta un blocco di potere che l’ha resa abbastanza scontata negli esiti, è uno sport sempre capace di attirare tifosi, sponsor e capitali. 

Tanti sono i circuiti che bussano alle porte di Liberty Media Corporate che si trova nella comoda situazione di poter fare selezione e soprattutto di poter imporre prezzi di ingresso molto elevati. In questo contesto potrebbero farne le spese alcuni impianti storici che, per natura, non sono in possesso di borse piene di grana, a differenza dei nuovi soggetti richiedenti che alle spalle, spesso e volentieri, hanno gruppi di potere molto ricchi, che non badano a spese. 

Vista aerea del rettilineo di partenza del Circuito Enzo e Dino Ferrari, sede del Gran Premio dell’Emilia Romagna

L’Italia rischia di perdere il doppio GP. Scritta così è brutale, ma è un’amara verità a cui far fronte. L’ACI sembra aver puntato sul tracciato brianzolo lasciando l’Enzo e Dino Ferrari a un destino infausto e solitario. “In Europa – aveva detto a giugno Domenicali – mi aspetto di vedere gare in cui si possa applicare il principio della rotazione, ma non due eventi in un paese nello stesso anno”.


Rotazione dei GP: non tutto è oro quel che luccica

Il modello che sarà presto introdotto si propone di essere un salvagente per gli organizzatori dei gran premi storici che annaspano in difficoltà economiche. Ma è davvero così?

Ci sono tre effetti collaterali che andrebbero valutati e che potrebbero rappresentare, nel lungo periodo, l’implosione del sistema.

Il primo è riferibile alla vendita dei biglietti. Dati alla mano, la gran parte dei tagliandi per un evento che si tiene in un determinato campionato vengono piazzati già nell’anno precedente, poco dopo che il GP in questione si è concluso. L’eco recente della gara è una sorta di “ boost psicologico” che invoglia i tifosi a lanciarsi immediatamente nell’acquisto e magari a spendere anche cifre di un certo rilievo. 

In effetti è raro vedere che la vendita dei ticket d’accesso a un weekend di gara si apre quando la stagione è ferma. Questo perché non si può far affidamento su quella che è l’emotività del consumatore. Ora, organizzando una gara saltuaria da concretizzarsi una volta ogni due o tre campionati come ipotizzato da Stefano Domenicali, questo tipo di ingranaggio va a incepparsi. 

Quindi la vendita avrebbe senso soltanto nell’anno in cui si svolge la manifestazione, con il rischio che l’attenzione generale possa essere più bassa in stagioni, ad esempio come quelle 2022 e 2023, che, ad un certo punto, avevano mostrato esiti scontati.

Stefano Domenicali, CEO della F1

Il secondo difetto dello schema postulato è il rischio del mancato sviluppo strutturale. Stare fuori dal giro annuale potrebbe determinare l’incapacità – o per meglio dire l’impossibilità – per gli organizzatori di restare al passo sia coi tempi che con le richieste infrastrutturali di Liberty Media che sono sempre più pressanti. Caratteristiche che, per essere soddisfatte, necessitano dell’iniezione di grandi cifre che non sempre sono a disposizione delle realtà storiche.

Tra i problemi che stanno incontrando i tracciati della vecchia Europa c’è quella sorta di “concorrenza sleale” che giunge da altri teatri che hanno una capacità di spesa nettamente più elevata. I circuiti mediorientali, nonché quelli statunitensi, alle spalle hanno dei veri e propri colossi che non incontrano difficoltà nell’elargire capitali di rilievo

Cosa che, invece, alle nostre latitudini sta diventando sempre più difficile. A dare uno sguardo a quanto mediamente offre un promoter del Vecchio Continente e a che tipo di sforzo produce uno afferente alle nuove realtà, si nota una differenza molto netta e probabilmente incolmabile. Cosa che ha una certa incidenza sulle scelte dei possessori della categoria. Più passano gli anni, più questo delta tra gli impianti “vintage” e quelli nuovi tende ad allargarsi. Ecco perché la Formula Uno sta spostando il suo baricentro fuori dall’Europa . 

Liberty Media è diventato un rabdomante di denaro e mira il suo bastoncino magico altrove. Pochi fondi, poca capacità di spesa, poca possibilità di migliorare le strutture che già ora sono deficitarie rispetto a quelle dei circuiti che si affacciano al Circus dei gran premi. Una rotazione molto spinta di certo non aiuterà in questo processo e terrà le vecchie piste in una condizione minoritaria rispetto alle nuove . Così messa, dunque, l’idea di Domenicali non sembra essere poi così strabiliante.

Terzo elemento problematico che scaturisce dall’alternanza è quello che porta alla scarsa sostenibilità. Jorn Teske, amministratore delegato dell’ Hockenheimring, parlando della possibilità della Germania di rientrare nel giro dei GP, aveva rimarcato un concetto chiaro: investimenti insensati e perdite economiche non sono contemplabili.

Il concetto chiave del ragionamento del dirigente tedesco è quindi la sostenibilità economica. Non è pensabile che i promoter paghino una cifra di ingresso molto alta per avere le vetture della massima formula senza che questa possa essere coperta dalla vendita dei tagliandi. È proprio questo il motivo per il quale la Germania ha deciso di non far parte più del “carrozzone”. Hockenheim e Nurburgring sono ormai uno sbiadito ricordo.

L’ingresso dello storico tracciato del Nurburgring ormai lontano dalla F1

I bilanci della gara tedesca erano in rosso e servivano continue iniezioni di denaro per tenere in vita l’evento. Un po’ quello che sta accadendo in Italia, con gli organizzatori del GP di Monza che cercano sempre il supporto del governo o delle autorità politiche locali per racimolare il budget da offrire all’avida Liberty Media .

In certi paesi dove la spending review è una politica diventata addirittura una stella polare, quindi, è impensabile che si possa derogare a questi principi. Pertanto, la linea imposta dal gruppo di John C. Malone, presenta delle falle concettuali che rischiano di trasformarla in un boomerang che produce l’effetto contrario: eliminare i vecchi tracciati dal calendario. 

Ciò che potrebbe aiutare a superare questa difficoltà è l’allargamento del numero di gare, ma c’è da convincere tre parti (Liberty Media, FIA e scuderie) che negli ultimi tempi non sono state molto concordi nell’avere una visione unica sulla questione. 

Vogliamo essere malpensanti: considerando le condizioni ostative qui presentate, la manovra di Domenicali e del gruppo che rappresenta potrebbe essere quella goccia che, lentamente, spinge i promotori europei a diventare sempre meno competitivi aprendo le porte a mercati nuovi la cui presenza verrebbe poi giustificata come necessità visto l’addio di alcuni teatri.


Crediti foto: F1

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