Il tifoso italiano è per la gran parte monogamo. Sono rari gli episodi di “doppiofedismo”. Insomma, in una specifica disciplina, ami uno soggetto in particolare e non apprezzi, per usare un eloquio civile, gli avversari. In F1 l’appassionato del motorsport cisalpino tende a supportare la Ferrari, quella che impropriamente viene individuata essere la nazionale italiana delle quattro ruote. C’è poco spazio per gli altri attori, che siano team o che siano piloti. Magari c’è una simpatia, ma non si riserva lo stesso amore folle che si concede dogmaticamente alla Rossa. Il tifo è così: puro e irrazionale. Spontaneo e illogico.
Non v’è quindi un approccio bipolare alla passione. Ma non è il solo ambito in cui si consuma questa dinamica. Evidentemente anche nella gestione degli affari si realizza questa pulsione alla monogamia e ne ha dato conto un italiano illustre, un professionista che la Formula 1 la guida con risultati brillante, tanto de produrre una secondo mandato quasi per acclamazione: Stefano Domenicali. Il pragmatico CEO, l’imolese che probabilmente sta per far fuori Imola dal calendario della serie iridata.

F1: Stefano Domenicali avverte Imola
“L’Italia ha sempre rappresentato e rappresenterà in futuro una parte importante della F1”, ha detto il manager ai microfoni di Gr Parlamento. Le classiche uscite al miele che precedono quelle al fiele: “Sarà sempre più difficile avere due GP nello stesso Paese perché l’interesse sulla Formula 1 sta crescendo. È una situazione che dovremo affrontare nei prossimi mesi, ma è difficile che possa continuare per molto”.
“Nei prossimi mesi affronteremo questa scelta. Non sarà facile, ma devo esercitare un ruolo internazionale che mi pone di fronte a tantissime richieste in giro per il mondo di Paesi emergenti che possono permettere alla F1 di crescere. È una valutazione che presto dovrò sciogliere in una scelta definitiva”, ha precisato Domenicali che poi ha espresso gratitudine per Imola che nel periodo del Covid è stata una colonna su cui poggiare un calendario azzoppato e regionalizzato dalle esigenze.
La classica pacca sulla spalla prima del triste commiato. Monza ha rinnovato la sua intesa con Liberty Media fino al 2031 e appare improbabile che possa rinunciare a delle date fino a quell’anno. Chi ha il contratto praticamente estinto è L’Enzo e Dino Ferrari che, nonostante i tanti sforzi per adattare l’impianto di cui vi abbiamo informato puntualmente in questi mesi, rischia di rimanere col cerino in mano. I promoter lo sanno e hanno iniziato a puntare forte sul WEC allargando l’area box per ospitare le tante vetture che compongono la classe regina delle ruote coperte.

Imola pagherà dazio al cinismo capitalista che antepone fatturati e dividendi alle logiche del cuore. Non possono esistere due poli nello stesso paese, Liberty Media ne cerca tanti diffusi in tutto il mondo. L’unica eccezione sarà rappresentata dagli Stati Uniti, ma in quel caso si tratta di qualcosa di diverso perché le tre gare soddisfano la fame di danaro del colosso dell’intrattenimento che a breve ingloberà nel suo ventre anche la MotoGP.
Imola si aggrappa alla rotazione dei gran premi europei ma è più probabile che possa andare a fare compagnia a Zandvoort che si è chiamata fuori, al Nurburgring incapace di rientrare o ai teatri francesi usciti dal giro buono e che vivono di speranze per ora insoddisfatte. L’Italia non sa dividere in due parti cuore e cervello. Non lo farà la Formula 1 guidata da un manager nato e formatosi a Imola. Non c’è sentimento in uno sport in cui i guadagni ad alto voltaggio vengono prima di ogni cosa. La verità è che il bipolarismo non funziona. Anzi, non esiste.