F1: homo homini lupus

La Red Bull ha gestito l'Horner-Gate in maniera assai rivedibile. Un modo di procedere che sta spaccando la F1 che vive una sorta di homo homini lupus

Chi credeva che l’Horner-Gate fosse una vicenda circoscritta al solo team Red Bull si sbagliava di grosso. La faccenda si è allargata a macchia d’olio a tutta la F1 e, col passare dei giorni, si fa sempre più estesa. I confini di Milton Keynes erano stati valicati quando la Ford, dall’altra parte dell’oceano, era intervenuta a bomba chiedendo chiarimenti definitivi. Che forse non sono ancora arrivati considerando gli ultimi sviluppi.

la Formula 1 non era rimasta ferma e, con una nota ufficiale, aveva preteso trasparenza e soluzioni immediate per evitare che il brand ne risentisse. La Federazione Internazionale dell’Automobile, non volendo essere da meno, aveva provato a gestire la patata bollente con incontri singoli avuti da Mohammed Ben Sulayem in persona con i vari protagonisti. Effetti sortiti? Lasciamo perdere.  

Quando tutto sembrava potersi leggermente affievolire ci si è messo Jos Verstappen a riaccendere un fuoco che Toto Wolff e Zak Brown non avevano mai voluto veramente soffocare. I due team principal in questione, da quando il caso si è palesato al mondo in tutta la sua opacità, non hanno lesinato critiche, frecciate e qualche lezione di etica che Horner si è legato al dito. E infatti la risposta non è tardata ad arrivare. 

Sfortunatamente la Formula 1 è un business molto competitivo e ci sono stati alcuni elementi che hanno cercato di trarne vantaggio con colpi bassi. Questo forse è il lato meno bello del nostro settore. Ci sono sempre lezioni da imparare”, ha tuonato il dirigente senza far nomi ma alludendo chiaramente ai sopra menzionati. 

Parliamo di un procedimento interno all’azienda. Non è una questione della FIA né della F1; è una questione tra dipendenti all’interno di un’azienda. E sarebbe così ovunque”. Un attimo Christian, qua si può dissentire perché la moralità e la rettitudine comportamentale non sono materie su cui poter far sconti. Quindi, semmai venisse accertata la responsabilità, è lecito chiedere un passo indietro. Ma pure due.  

Christian Horner - Oracle Red Bull Racing
Christian Horner, team principal Oracle Red Bull Racing

F1: Red Bull ha gestito male l’Horner-Gate

In questo stato di natura hobbesiano che è diventata la F1 (e così si spiega pure il titolo dello scritto che state leggendo) si incastrano le ricorrenze. Oggi è la giornata della donna e, con un tempismo veramente sbilenco, ieri, il team di Milton Keynes aveva sospeso la grande accusatrice del boss di Leamington Spa. 

Tanto è bastato per generare l’incazzatura – chiamiamola per quella che è – di Amanda Phillips, coordinatrice delle operazioni commerciali di Alpine F1: “Spero di non vedere un singolo tweet da parte della Red Bull sul supporto alle donne nel motorsport nella Giornata Internazionale della Donna. Che mossa assolutamente ripugnante da parte loro quella di sospendere la dipendente e lasciare Horner muoversi liberamente nel paddock comportandosi come se fosse suo”. 

Pensiero espresso con un post pubblicato sulla piattaforma X e che, ammettiamolo, ha ragione di esistere poiché molti – a partire da noi di Formulacritica – si sono chiesti perché Red Bull non avesse “congelato” il team principal nei giorni dell’inchiesta a interna che coincidevano con i test del Bahrain. 

L’indagine è stata serrata ma non tutti i nodi sono stati sciolti. Red Bull, chiusasi in un ermetismo inaccettabile, non ha inteso spiegare gli estremi della sua azione rendendo il quadro ancor più confuso e torbido. Una mancanza di trasparenza che il mondo del motorsport non riesce ad accettare e che sta determinando un clima di conflitto generalizzato che Liberty Media non auspicava affatto. Sarebbe bastata una gestione più lineare dei fatti per evitare che la F1, ancora una volta, venisse sotterrata sotto una spessa coltre di fango. Per non dire altro.  


Crediti foto: F1, Oracle Red Bull Racing

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