Mercoledì sera, mentre l’attenzione del mondo era su Fiorano per i primi chilometri in pista di Lewis Hamilton in Ferrari, la FIA ha emanato una stretta sulla condotta dei piloti. Quasi di nascosto.
Questo nuovo “regime del terrore”, fortemente voluto dal presidente della FIA, l’ex rallista emiratino Mohammed Ben Sulayem, è stato introdotto senza consultare tutte le parti interessate o utilizzare un voto elettronico.
L’obiettivo è evitare che i piloti critichino apertamente i commissari per le decisioni prese durante un Gran Premio o che utilizzino linguaggi intimidatori o d’odio nei confronti degli avversari. Inoltre, il regolamento punta a facilitare l’adozione di sanzioni più adeguate da parte dei commissari.
Dalla Grand Prix Drivers’ Association (GPDA), a quasi 48 ore dalla promulgazione delle nuove regole di condotta, tutto tace o quasi.
L’unica, se così possiamo chiamarla, “dichiarazione” è che i piloti si sarebbero detti alquanto “arrabbiati” per le drastiche misure adottate da Ben Sulayem, senza essere stati minimamente consultati. Il loro profilo Instagram è fermo al 7 dicembre scorso, con la tradizionale foto di gruppo di fine stagione.
Solo la Red Bull, con un post su X, ha sollevato una polemica indiretta contro la FIA scrivendo: “If we speak…” (“Se noi parlassimo”). La GPDA è stata riformata per lottare per la sicurezza in F1 dopo la tragedia di Ayrton Senna, e grazie a queste battaglie, la Formula 1 ha vissuto oltre 30 anni con un solo incidente mortale, quello di Jules Bianchi a Suzuka.
Se lo scopo principale era garantire la sicurezza, possiamo dire che è stata una battaglia vinta. Tuttavia, oltre a questo, il sindacato dei piloti sembra avere oggi un ruolo marginale.

Attualmente, il sindacato è guidato dall’ex pilota austriaco Alexander Wurz e dal pilota Mercedes George Russell. A mio modesto parere, questi due personaggi non hanno il carisma necessario per guidare un’istituzione di tale importanza. Nel 1994, a capo della GPDA c’erano Niki Lauda e Michael Schumacher, personalità di tutt’altro calibro.
Oggi, in pista, ci sono piloti esperti e plurititolati come Fernando Alonso e Lewis Hamilton, che però non hanno mai dato l’impressione di volersi mettere alla guida del sindacato, probabilmente per evitare conflitti con la FIA. Persino Max Verstappen, principale “responsabile” delle purghe di Ben Sulayem, sembra ben lontano dall’idea di mettersi in prima linea come direttore della GPDA.
Wurz, tra l’altro, è spesso ricordato per episodi come quello accaduto durante la presentazione del futuristico parco divertimenti Qiddya in Arabia Saudita, dove si costruirà un nuovo circuito di F1. In quell’occasione, l’austriaco istruì i piloti su cosa dire (e non dire) riguardo il tracciato arabo.
Per quanto Russell possa ormai definirsi un pilota maturo, manca della spinta politica necessaria per affrontare di petto la FIA e, di fatto, ne subisce le decisioni in silenzio. Mia cara GPDA, se ci sei davvero e ti dichiari “arrabbiata”, allora batti un colpo!
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Oracle Red Bull Racing, GPDA