Dopo l’ultimo Gran Premio corso a Miami in cui c’è stata anche la seconda Sprint Race consecutiva dominata da Max Verstappen che ha poi dovuto cedere il testimone a uno straordinario Lando Norris che bagna il debutto sul gradino più alto del podio e spezza ancora una volta un imperio Red Bull che non sembra più così inscalfibile, mi pongo un quesito: ha senso tenere tre gran premi americani?
Con l’annuncio del Gran Premio di Las Vegas, il 31 marzo 2022, il fondo d’investimenti americano Liberty Media ha deciso di espandere sempre più il prodotto Formula 1 negli Stati Uniti dopo il GP di Miami annunciato nel 2021 e che ha avuto la sua prima edizione nel 2022.
Questi due eventi si vanno ad aggiungere a quello già esistente: il Gran Premio degli Stati Uniti che si tiene ad Austin, in Texas, al “Circuit of the Americas”. Un tracciato “tradizionale”, non il sempre più abusato cittadino anonimo. Per la prima volta dal campionato del mondo del 1982 (Long Beach, a Detroit e a Las Vegas) la massima serie torna ad avere tre Gran Premi.
L’esperimento del triplo GP negli Stati Uniti nel 1982 non ebbe gli effetti sperati e, dall’edizione successiva, si tornò alla sola doppietta fino al campionato del 1984, con l’ultimo calendario a presentare due gare americane.
Dal 1985 al 1991, negli Stati Uniti si tenne un solo Gran Premio: prima a Detroit, dal 1985 al 1987, e dal 1988 al 1991 a Phoenix. Il calendario del 1982 presentava tre Gran Premi americani su 16 eventi totali di cui 10 erano appuntamenti europei. Le gare negli States non risultavano una minaccia vera e propria per il Vecchio Continente.
Oggi, al contrario, le tre gare su suolo Yankee, su 24 totali, si vanno ad aggiungere ai già tanti appuntamenti mediorientali e asiatici. Nelle ultime settimane, Paesi come la Thailandia e la Corea del Sud, hanno manifestato le proprie intenzioni di avere la F1 nei propri territori.
L’Europa, che oggi ospita 11 Gran Premi, rimane nel mezzo, rischiando l’inevitabile conseguenza della rotazione delle gare.
I Gran Premi di Miami e Las Vegas hanno poco da offrire a livello di spettacolo e di sport. I circuiti non hanno un layout accattivante né sfidante per i piloti e ad oggi non hanno regalato gare memorabili. L’unico motivo che permette loro di esistere è il “tutto esaurito” sugli spalti, anche a fronte di prezzi del biglietto esorbitanti, forse ingiustificati.
Finché il pubblico americano sarà disposto a pagare quelle cifre altissime pur di vedere una gara di F1, le manifestazioni si terranno con o senza spettacolo in pista e l’Europa dovrà correre affannosamente pur di mantenere il passo.
Altrimenti il rischio è quello di soccombere, pezzo dopo pezzo, sperando di trovare un accordo tra i vari Paesi europei per decidere una dolorosa rotazione. Anche la storia, davanti ai soldi, deve fare un passo indietro. Prospettiva degradante.
Crediti foto: F1