La Federazione Internazionale dell’Automobile ha deciso di mantenere il regolamento delle due soste obbligatorie per il Gran Premio di Monaco di F1 anche nella prossima stagione, nonostante le critiche unanimi ricevute dopo l’esperimento di quest’anno. Una decisione che nasce dalla necessità di rendere più spettacolare una gara storicamente avara di sorpassi.
F1, Monaco: il paradosso del circuito
Le caratteristiche uniche del tracciato del Principato rappresentano un paradosso per la Formula 1. Se la FIA spinge per incrementare l’azione in pista attraverso strategie più aggressive, Monaco si presenta come l’antitesi di questo obiettivo. L’assenza di lunghi rettilinei, le curve anguste e soprattutto i guard-rail che delimitano ogni centimetro dell’asfalto creano un ambiente dove il sorpasso diventa un’impresa titanica.
Le monoposto attuali, caratterizzate da dimensioni considerevoli in lunghezza e larghezza (le auto 2026 non supereranno questo problema nonostante la riduzione di passo e carreggiata, ndr), aggravano ulteriormente la situazione.
Il sistema DRS, elemento chiave per facilitare i sorpassi negli altri circuiti del calendario, perde quasi completamente la sua efficacia sulle strade del Principato. Le disposizioni normative 2026, che prevedono l’abolizione dell’ala mobile così come la conosciamo oggi in favore di altri espedienti aerodinamici e meccanici, non dovrebbero sortire effetti di rilievo sul tracciato rivierasco.
Pneumatici e durata: quando la strategia non basta
Dal punto di vista tecnico, Monaco presenta caratteristiche che mal si sposano con l’idea di multiple soste strategiche. L’asfalto poco abrasivo e le basse sollecitazioni subite dagli pneumatici rendono scontata l’adozione di una strategia a sosta singola. Il degrado ridotto delle gomme, combinato con una durata di gara inferiore, in termini di chilometri, rispetto ad altri appuntamenti del mondiale, trasforma ogni fermata aggiuntiva in una penalizzazione più che in un’opportunità. Il Gp di fine maggio l’ha confermato in maniera inequivocabile.
La resistenza mostrata da piloti, team e tifosi nei confronti dell’esperimento andato in scena in questo mondiale evidenzia come questa soluzione artificiosa non riesca a mascherare le limitazioni intrinseche del circuito. La domanda non è provocatoria: se due soste non bastano, perché non imporre l’utilizzo di tutte e tre le mescole portate da Pirelli?
Progetti di ampliamento nel cassetto
La questione Monaco non è nuova nel Circus della Formula 1. Da oltre tre decenni si discute di possibili soluzioni per modernizzare il tracciato. Dieci anni fa sembravano concrete le ipotesi di modifiche al layout, sfruttando i terreni strappati al mare per ampliare alcune sezioni critiche. Programmi ambiziosi ma utopici che avrebbero potuto creare zone di sorpasso più favorevoli.
Tuttavia, questi piani sono finiti nel dimenticatoio. L’espansione urbana verso il mare appare al momento accantonata, mentre modifiche in altre aree del circuito si scontrano con vincoli logistici e urbanistici quasi insormontabili in una realtà topografica al collasso. La ricerca di spazi sufficienti per garantire i duelli tipici di altri palcoscenici rimane una chimera in un contesto così densamente edificato.

Monaco mantiene il suo status di appuntamento imprescindibile del mondiale, nonostante l’evoluzione del calendario verso destinazioni più spettacolari. Las Vegas, Singapore, Miami e la futura Madrid offrono quel glamour e quello show che Liberty Media cerca in maniera spasmodica, rendendo quello monegasco quasi un elemento vintage nel panorama contemporaneo della Formula 1.
Nessuno osa mettere pubblicamente in discussione la presenza del Gran Premio di Monaco nel calendario, forte di una tradizione che affonda le radici nella storia stessa della categoria. Bernie Ecclestone aveva garantito al Principato condizioni economiche privilegiate: canoni ridotti e diritti televisivi gestiti autonomamente. L’Automobile Club de Monaco ha dovuto recentemente rivedere questi accordi, ottenendo in cambio la certezza di rimanere in calendario fino al 2031. Segno tangibile che Liberty Media si muove con quel cinismo aziendale che può, nel prossimo futuro, far tremare un totem come Montecarlo.
L’unico fattore forse veramente positivo che si desume dalla conferma delle due soste obbligatorie è la speranza che questa formula si estenda ad altri circuiti del mondiale, dove le caratteristiche tecniche permetterebbero l’attuazione di un modello simile. Monaco potrebbe essere quindi un laboratorio di idee per rendere altri palcoscenici di gare più dinamiche. Ma resta il problema irrisolto di una pista che forse avrebbe bisogno di accogliere vetture molto più piccole, agile e insensibili all’aria sporca.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP
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