Il dibattito sul futuro della F1 non si limita alle monoposto che vedremo in pista nei prossimi cinque anni. I propulsori di nuova generazione, basati sull’attuale architettura V6 turbo ibrida, entreranno in vigore nel 2026, ma il paddock guarda già oltre. La discussione è aperta e il tema dominante concerne la forma che assumerà il motore successivo. Se per un lungo periodo era stata alimentata la suggestione di un ritorno al V10 (Mohammed Ben Sulayem aveva spinto molto per questa prospettiva), oggi quell’ipotesi sembra definitivamente tramontata. Il paradigma tecnico più accreditato è un V8 aspirato da 2,4 litri, dotato di un sistema ibrido di supporto.
Un progetto che richiama la tradizione – si ricordi che i V8 hanno animato la Formula 1 tra il 2006 e il 2013 – ma che al tempo stesso introduce soluzioni moderne. Il carburante, completamente a zero emissioni di CO₂, sarà abbinato a un processo di combustione avanzato con accensione a precamera, così da garantire un rendimento superiore con minori consumi, si legge su AMuS che anticipa lo scenario.
La parte elettrica, elemento imprescindibile nella filosofia attuale, dovrebbe essere presente ma fornire tra in apporto inferiore a quello che l’MGU-K darà ai motori 2026-2030. Si parla di un apporto tra i 220 e i 240 kW, un livello intermedio tra i 120 kW delle unità attuali e i 350 kW previsti dal regolamento che sta per entrare in corso di validità. Un compromesso che promette prestazioni elevate con un occhio di riguardo alla sostenibilità, tema molto caro a Liberty Media.

F1: il V8 ci sarà si studiano le tempistiche su cui c’è da trovare la sintesi
La questione non è se il V8 ibrido arriverà, ma quando. Le ipotesi più concrete guardano al 2029 o al 2030, con la possibilità di slittare fino al 2031, cioè alla fine del ciclo regolamentare del nuovo V6. La FIA spinge per un’entrata in vigore già nel 2029, sostenuta in questa visione da Red Bull Powertrains e Cadillac. Milton Keynes non si sente sicura con i suoi V6 e spinge per un cambio di rotta veloce; gli americani vorrebbero debuttare direttamente con le nuove architetture e in tal senso potrebbero prolungare la collaborazione con la Ferrari.
Ma non sarà semplice spuntarla per i due succitati gruppi. Audi e Honda, per esempio, si oppongono a un’adozione anticipata. Entrambe hanno investito cifre imponenti nello sviluppo dei nuovi V6 ibridi e ritengono irragionevole mettere in discussione quei capitali dopo soli tre anni di attività. La logica industriale parla chiaro: un ciclo troppo breve rischia di trasformare i programmi di sviluppo in un salasso economico senza ritorno.
Helmut Marko già ha preso a lanciare segnali facendo intendere come la pensano a Milton Keynes: “Gli investimenti sono stati alti per tutti”. La complessità dei motori attuali, estremamente sofisticati ma poco comprensibili per il pubblico, viene vista da Marko come un ostacolo alla popolarità del campionato.
Ferrari se ne sta in silenzio e osserva. Pur non esplicitando apertamente la propria posizione, sembra guardare con interesse a un’accelerazione, purché la Federazione fornisca linee guida precise. Per la Scuderia, il punto è capire quale direzione intenda prendere la massima serie: restare vetrina tecnologica per l’industria automobilistica, accentuare la natura spettacolare del prodotto o, più semplicemente, ridurre drasticamente i costi di sviluppo.

F1, V8: il fascino e i limiti del sound
In ogni discussione legata ai propulsori, il tema del sound occupa sempre un posto centrale. Gli appassionati ricordano con nostalgia il timbro unico dei V10 e il ruggito dei V8 aspirati, oggi sostituiti dal rumore più ovattato dei V6 turbo. L’adozione della combustione a precamera e di processi magri potrebbe però compromettere ulteriormente l’aspetto sonoro, facendo avvicinare il timbro a quello di un diesel. L’eliminazione del turbocompressore, in teoria, dovrebbe restituire una parte della musicalità perduta, ma nessuno si aspetta un ritorno ai decibel degli anni d’oro. Anche qui, si tratta di un compromesso: efficienza ed emissioni ridotte contro un impatto acustico meno emozionante.
F1 – Il V8 e il peso dei costi
Oltre alle questioni tecniche, il tema economico rappresenta forse il vero nodo. Dal 2026 i costruttori avranno un tetto di spesa di 130 milioni di dollari l’anno per lo sviluppo delle power unit. Per i team clienti, il costo di utilizzo dei propulsori oscilla oggi tra i 17 e i 20 milioni di euro a stagione, a cui vanno aggiunte spese analoghe per i carburanti sostenibili. La FIA vorrebbe ridurre il prezzo di acquisto dei motori a circa 10 milioni di euro, ma in molti dubitano che questa cifra sia realmente sostenibile.
Ridurre i costi significa stabilire meccanismi precisi: un budget cap ancora più stringente oppure una regolamentazione tecnica che riduca ulteriormente la libertà progettuale degli ingegneri. La riduzione, insomma, deve essere accompagnata da un piano coerente. C’è poi il tema degli investimenti industriali. Il ritorno a un V8 aspirato obbligherebbe i costruttori a rinnovare parte delle proprie linee produttive e delle infrastrutture di ricerca. Un impegno che si giustificherebbe soltanto con la garanzia di un ciclo regolamentare stabile e duraturo, quantomeno di dieci anni. Senza questa certezza, il rischio è di moltiplicare i costi senza alcuna reale sostenibilità economica.
Le questioni sul tavolo sono molteplici. Le discussioni sulla Formula 1 post V6 sono già roventi. I piani per il V10 sono ormai consegnati alla storia, il V8 ibrido emerge come soluzione preferita per il futuro prossimo. La grande incognita resta la tempistica: 2029, 2030 o 2031. A Monza è programmato un summit di cruciale importanza; un confronto destinato a influenzare profondamente la direzione tecnica ed economica della Formula 1 nel prossimo decennio.
Crediti foto: F1, Ferrari, Renault
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