La F1 si prepara al 2026 ad un cambiamento senza precedenti: nuove auto, nuovi motori, nuove tecnologie, nuovi attori in pista. Ad Abu Dhabi vedremo la fine di una fase storica della massima categoria del motorsport, che tocca i team, i motori e tutta la tecnologia, amata o odiata da fan ed appassionati, che ne è conseguita.
L’ultimo battito del DRS
Quando domenica si spegneranno i semafori, i due lunghi rettilinei del tracciato di Yas Marina ospiteranno per l’ultima volta, il “Drag Reduction System”, nella storia della F1.
Quel flap da 85 mm che si alza con un colpo secco sul volante ha debuttato a Melbourne il 27 marzo 2011 e da allora ha generato 10847 attivazioni in gara, 1204 sorpassi diretti. Nel 2026 sparirà per sempre: al suo posto arriverà il Manual Override Mode, un boost elettrico da 350 kW che il pilota attiva manualmente, ma senza più l’effetto visivo e sonoro del flap che si spalanca. L’ultimo “whoosh” che sentiremo sul dritto dopo la curva 7 sarà quindi domenica sera.

L’ultima danza dell’effetto suolo
Le vetture che vedremo scorrere sotto le luci di Yas Marina sono le ultime rappresentanti del regolamento aerodinamico 2022-2025: fondi carenati, canali Venturi, bordi rialzati da 15 mm e diffusori che generano una cospicua fetta della deportanza totale dal basso. Sono nate per eliminare il problema della cosiddetta “aria sporca” e non hanno funzionato un granché, a dire la verità.
La distanza media tra primo e ultimo in qualifica è scesa in modo drastico, basterebbero pochi decimi per ritrovarsi nelle prime file o nelle ultime caselle in griglia. Ma queste norme hanno anche portato il famigerato fenomeno del porpoising, i saltellamenti sui rettilinei, che tanto hanno fatto discutere nel 2022 e hanno portato, per la risoluzione, a investimenti costosi, difficili da sostenere col budget cap.
Dal 2026 il fondo sarà piatto, le ali saranno mobili e le auto perderanno 200 mm di passo e 30 kg di peso. Le MCL39, RB21 e SF-25 che sfrecceranno sabato in qualifica, saranno quindi le ultime “aspirapolvere” della storia moderna.

Addio all’ibrido con due motogeneratori che ha cambiato tutto
Quando i V6 turbo da 1,6 litri si accenderanno per la prima sessione di prove libere, partirà il conto alla rovescia finale per la power unit più rivoluzionaria della storia della F1. Introdotta nel 2014, ha portato efficienza termica oltre il 50%, 1 050 CV totali, 179 Gran Premi disputati, 10 titoli costruttori per la Mercedes (di cui gli ultimi due ottenuti dalla McLaren) e 2 per la Honda.
L’MGU-H, MGU-K da 120 kW, flusso carburante limitato a 100 kg/h, batteria da 4 MJ: tutto questo finirà domenica. Nel 2026 l’MGU-H sparirà, l’MGU-K triplica a 350 kW, la parte elettrica coprirà il 50% della potenza totale e si correrà con carburante 100% sostenibile. L’ultimo ruggito, se si può definire tale, del V6 Mercedes, Ferrari, Renault ed Honda, lo sentiremo al via della gara.

Renault, 50 anni di F1 e poi il silenzio
Viry-Châtillon, storica sede dei motori Renault di F1, chiuderà per sempre il comparto per la massima serie questo 31 dicembre, per passare al prossimo anno con la power-unit della Mercedes.
168 vittorie, 12 titoli costruttori (tra fornitore e team ufficiale), il primo motore turbo vincente nel 1979 a Digione con Jean-Pierre Jabouille, il ritorno come motorista nel 2002. I mondiali conquistati prima con Fernando Alonso, poi il dominio di Sebastian Vettel con la Red Bull. Per ultimo l’exploit di Esteban Ocon in Ungheria nel 2021: finisce tutto ad Abu Dhabi.
L’Alpine A525 di Pierre Gasly e Franco Colapinto sarà l’ultima monoposto spinta da un motore progettato e costruito a Viry- Châtillon. Dal 2026 il team francese monterà la power unit della Mercedes: un’unità cliente da 17 milioni l’anno contro i 120 milioni spesi per sviluppare quella propria.
Un addio doloroso: scioperi, lettere aperte dei dipendenti, ma anche la consapevolezza che Renault vuole concentrarsi sull’elettrico stradale. L’ultimo giro di un motore della Losanga nella massima espressione del motorsport sarà quello di domenica, probabilmente con Gasly che cerca di entrare in zona punti per un saluto dignitoso.

Sauber, la fine di un nome leggendario della F1
Quando Nico Hülkenberg e Gabriel Bortoleto taglieranno il traguardo domenica sera, sul monitor comparirà per l’ultima volta la dicitura “Sauber” nella classifica ufficiale.
Peter Sauber fondò il team nel 1993 col supporto della Mercedes, dall’allora ha conquistato una vittoria, in Canada con Robert Kubica, nel 2008, quando il team svizzero passò nelle mani della BMW, 28 podi di cui l’ultimo conquistato quest’anno, a Silverstone, con Hülkenberg che deteneva il record del pilota con più gare, senza podi in categoria. Gli anni migliori della scuderia Sauber furono il 2007 ed il 2008, dove rispettivamente chiuse al 3° e al 4° posto nella classifica costruttori.
Dal 1° gennaio sarà Audi F1 Team a tutti gli effetti: fabbrica a Neuburg per il motore, Hinwil per il telaio, colori argento, nero e rosso, con l’ambizione di vincere entro tre anni.
Il nome Sauber, che ha resistito a fallimenti, cambi di proprietà e sponsor improbabili, sparirà dopo 32 stagioni consecutive.

Le luci di Yas Marina si accenderanno per l’ultima volta su un mondo che conosciamo. Un mondo di DRS che si aprono, fondi che succhiano l’asfalto, V6 ibridi, motori Renault e un team che si chiama ancora Sauber.
58 giri dopo, quando la bandiera a scacchi sventolerà, sapremo chi sarà il campione del mondo 2025 tra Norris, Verstappen e Piastri e che un’intera epoca della massima categoria del motorsport avrà chiuso i battenti per sempre.
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Crediti foto: Motorsport Images, Xavi Bonilla/DPPI, F1, PA Media





