La F1 non trova pace: nuova inchiesta sui vertici della FIA

Mohammed Ben Sulayem sarebbe finito al centro di un'indagine a seguito di pressioni esercitate per rivedere la penalità comminata a Fernando Alonso durante il Gp dell'Arabia Saudita 2023. Un elemento che acuisce le tensioni con Liberty Media che già sono deflagrate per altre vicende più o meno archiviate

Una cosa è certa: in F1 non ci si annoia mai. Dopo il presunto conflitto di interessi dei coniugi Wolff e l’Horner-Gate che si accende e si spegne come un albero di natale, arriva un altro caso che, potenzialmente, rischia di sconquassare la serie regina. A riportarlo è Andrew Benson di BBC Sports. 

I fatti. Mohammed Ben Sulayem, presidente della FIA, sarebbe addirittura sotto inchiesta per la presunta interferenza sul risultato di una gara di Formula 1. Il dirigente emiratino, si legge nel report dell’esperto giornalista britannico, sarebbe intervenuto nel far pressione per annullare una penalità inflitta a Fernando Alonso nel Gran Premio dell’Arabia Saudita 2023

Se confermata, sarebbe una bomba atomica che cade su un paddock già sconquassato dalle polemiche. L’accusa avanzata da un informatore è che Ben Sulayem abbia chiamato lo sceicco Abdullah bin Hamas bin Isa Al Khalifa – vicepresidente della FIA per lo sport per la regione del Medio Oriente e del Nord Africa – affermando che secondo lui la penalità di Nando doveva essere revocata.

Allo spagnolo erano stati inflitti 10 secondi di ammenda per il lavoro svolto sulla sua vettura mentre stava scontando una precedente penalità di cinque secondi. La sanzione aveva fatto scendere Alonso dal terzo posto al quarto. In principio il pilota aveva ricevuto un aggravio iniziale di cinque secondi per aver posizionato la sua vettura parzialmente fuori dalla casella di partenza sulla griglia della gara.

Al due volte campione era stata poi aggiunta una penalità di 10 secondi perché si era ritenuto che l’Aston Martin avesse violato le regole lavorando sulla sua vettura. La macchina era stata toccata, come mostrato nell’immagine in basso, prima che fosse trascorso il tempo pieno, contravvenendo alle regole della F1. 

Fernando Alonso - Gp Arabia Saudita 2023
Il momento incriminato: i meccanici toccano la Aston Martin AMR23 prima del previsto durante il Gp dell’Arabia Saudita 2023

Il caso è quindi aperto e nelle prossime settimane potrebbero esserci sviluppi che non faranno altro che aumentare le tensioni preesistenti tra la FOM e Place de la Concorde. Ricapitoliamole.

Liberty Media – FIA: cinque motivi di frizione 

L’ente parigino, da quando è guidato da Ben Sulayem, non ha impostato un gran rapporto con chi il Circus lo detiene. Sono cinque i punti dolenti di un rapporto mai decollato.

Sul primo punto, Mohammed Ben Sulayem si è dichiaratamente schierato in favore dell’ingresso della realtà statunitense la cui candidatura è stata bocciata dalla FOM. Stefano Domenicali e il gruppo che rappresenta non si erano mai esposti chiaramente sulla vicenda, né in prima battuta, né dopo l’arrivo del lasciapassare federale. La proprietà del Circus, insieme ai team, ha negativamente valutato l’impatto dell’ingresso dell’undicesimo soggetto acuendo le distanze tra gli organi di governo della F1.

Liberty Media ha pienamente sposato la visione delle dieci compagini attualmente operanti che vogliono proteggere il business così come è stato impostato e che non si accontentano dell’obolo di 200 milioni di dollari che Andretti avrebbe dovuto conferire per entrare. Una tassa ritenuta bassa perché figlia di un vecchio contesto operativo (quello vigente durante il Covid) e che oggi si sta spingendo per triplicare.

Per fare ciò serve la rivisitazione del Patto della Concordia che scade a fine 2025. La FIA, con un’iniziativa unilaterale e non supportata da FOM e squadre (fino a prova contraria i ⅔ del processo di decision making della F1), è andata dritta come una nave rompighiaccio determinando una faglia profonda. Un atto di forza non richiesto che era venuto dopo un altro momento carico di tensioni.

Mohammed Ben Sulayem, numero uno della FIA, e Stefano Domenicali, CEO della F1 per conto di Liberty Media

Si giunge così al secondo punto. Per molto tempo le due entità che guidano la Formula Uno avevano discusso sull’opportunità di raddoppiare in numero le Sprint Race. Gli americani ne erano convinti araldi, la Federazione, nella F1 Commission, si era messa di traverso facendo mancare l’appoggio dei suoi dieci delegati.

La colpa di Liberty Media, secondo un battagliero Ben Sulayem, era quella di aver soddisfatto le richieste economiche dei team e non quelle di chi gestisce la pista con le sue maestranze e i suoi mezzi. Lunghe interlocuzioni sono state necessarie per arrivare all’accordo basato, manco a dirlo, su una bella siringa di dollari fatta da John C. Malone e soci. Caso archiviato ma tensioni non del tutto ammansite.

I dissidi sono stati superati ma nel quadro di un rapporto apparentemente compromesso considerando l’affaire Andretti. L’altro fronte (punto 3) che si è aperto è quello relativo alla FIA che, sposando il codice etico del comitato olimpico internazionale, ha di fatto apposto un filtro censorio ai piloti che non saranno più liberi, se non concordandolo, di esprimere posizioni su questioni politiche, etiche e sociali.

Un provvedimento che ha spaccato letteralmente il Circus e che ha generato le irate reazioni di Liberty Media che ha letto l’azione di un sempre più intraprendente manager emiratino come un atto liberticida. Non a caso si erano mossi gli avvocati del gruppo americano.

Un altro momento di scollatura si è manifestato in relazione alla manifestazione di interesse per l’acquisto della Formula 1 sulla base di 20 miliardi di dollari da parte del fondo PIF (The Public Investment Fund, società di investimenti dellArabia Saudita con un patrimonio pari a 360 miliardi di dollari, ndr). Liberty Media, in qualità di gruppo detentore dei diritti commerciali della massima categoria, aveva declinato la proposta. 

Nel solito slancio personale e non richiesto, Mohammed Ben Sulayem aveva voluto dire la sua, ingerendo in una trattativa che non gli competeva. Tramite il suo account Twitter, oggi X, l’ex rallista aveva espresso la propria opinione in merito alla proposta del fondo arabo. Lo aveva fatto in maniera piuttosto forte in relazione alla carica di presidente della Federazione Internazionale, ente che in questioni commerciali non ha voci in capitolo. 

E’ necessario ricordare che Liberty Media detiene per i prossimi 90 anni i diritti commerciali della F1. Nel cinguettio della discordia, Ben Sulayem, autodefinendosi custode del motorsport, lanciava un monito ai potenziali acquirenti chiedendo programmi trasparenti e sostenibili, affermando che la generosità dell’offerta monetaria non era il vero valore di riferimento.

Tali riflessioni oltrepassano i limiti di mandato della FIA così come qualsiasi diritto contrattuale. La federazione verrà considerata responsabile di eventuali danni subiti da Liberty Media”. Questa fu la risposta infuocata del colosso americano dell’intrattenimento. 

Toto Wolff, team principal e co-proprietario del team Mercedes AMG F1

L’ultimo elemento di divergenza riporta al recente Mercedes Gate nel quale la FIA, inspiegabilmente, ha seguito gossip di stampa mettendo sotto accusa una colonna del motorsport, quella Mercedes che ha immediatamente recepito la solidarietà di Stefano Domenicali e di tutti i team principal. Cosa che, nei fatti, ha messo alle strette l’ex rallista arabo che esce piuttosto ammaccaticcio da una vicenda che ha sotterrato Place de la Concorde sotto un bel cumulo di fango mediatico. A lecita ragione c’è da aggiungere.

A questi punti nodali si aggrega anche l’accusa di esternazioni sessiste che Ben Sulayem avrebbe riferito in un’intervista alla Press Association dello scorso novembre. Un ulteriore elemento di tensione in un quadro già ampiamente corroso e che rischia di esplodere definitivamente se le anticipazioni di BBC Sports troveranno conferme nei prossimi giorni. 


Crediti foto: F1TV, FIA, Mercedes AMG F1

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