Già vedo le vostre espressioni e percepisco i vostri pensieri alla sola lettura del titolo: questo dinosauro che vive nel passato ci farà il solito sermone intriso di prosopopea su quanto fosse migliore la F1 dei tempi passati rispetto a quella odierna, e mille critiche sull’evento Ferrari di Milano.
In realtà è solo in parte così, perché è un dato di fatto che gli appassionati di lungo corso abbiano qualche difficoltà a metabolizzare certi cambiamenti, ma avere una mentalità diversa non vuol dire essere stupidi e non capire che il mondo sta cambiando e che, con l’avvento dei social media, nulla può essere più come prima.
Io credo che, di fronte a una manifestazione come quella della Ferrari a Milano, nessuno sia partito prevenuto. Certo, è strano vedere certi eventi all’inizio della stagione e non magari alla fine, per festeggiare un traguardo o una vittoria, ma se il marketing esige questo, la modernità non può essere fermata. D’altronde, il bagno di folla e l’eco mediatica certificano che, da un punto di vista comunicativo, certe strategie sono vincenti.

F1: l’evento Ferrari dimostra lo spostamento del focus narrativo
Il concetto è che la F1 oggi non è più uno sport incentrato sulla narrazione di quello che avviene in pista o all’interno delle fabbriche e degli autodromi, ma un vero e proprio prodotto da far fruttare con eventi folkloristici, produzioni video come Drive to Survive, che offrono una narrazione epica e posticcia che però fa sognare i ragazzi che si approcciano alla Formula 1, e con uno stile comunicativo “giovane” che piace molto alle nuove generazioni social.
Insomma, è il marketing che ormai decide quale strada intraprendere e come va gestita la F1, e tutti si adeguano perché essenzialmente tutto si traduce in un maggiore introito economico che fa bene a team, piloti, FIA, e chi più ne ha più ne metta. Tuttavia, è lecito domandarsi fino a che punto ci si potrà spingere.
L’evento Ferrari di Milano ha riscosso tanti consensi tra tifosi e stampa, ma io personalmente non sono riuscito a seguirlo perché l’ho trovato eccessivo e cafone, una vera americanata vecchio stile (dall’America si importa solo il peggio), con i piloti trattati come idioti salutanti che hanno fatto le peggiori banalità, come il giro sulla Ferrari e i donuts con le vecchie monoposto. Ma la cosa peggiore è stata la gestione da parte del commentatore, che urlava aizzando le folle stile concerto e alla fine intonava cori da stadio con i nomi dei piloti, ripetuti dalla folla.
E questi sarebbero poi i cronisti competenti che ci raccontano i Gran Premi? Ma che credibilità possono avere le considerazioni di un giornalista che, invece di raccontare un evento, intona cori da stadio come un qualsiasi capo ultrà? Ma come ci siamo ridotti per quattro soldi in più?
F1: Ferrari “complice” di uno spettacolo eccessivo
E la Ferrari? Una scuderia che fonda il suo mito sullo stile e l’eleganza, in piazza tra urla, cori e spettacolini dei piloti? Mi chiedo cosa succederà se a Melbourne si ritroveranno terza o quarta forza dopo aver quasi celebrato una vittoria mondiale senza neanche aver percorso un solo chilometro in un Gran Premio. Questo evento sarà ricordato come una ridicola pagliacciata da parte di un team che fa le parate e poi rischi di non arrivare nemmeno sul podio.
Capisco l’opportunità mediatica offerta dall’aver ingaggiato il pilota più vincente di sempre, ma tutto questo hype rischia di essere un pesantissimo boomerang nel momento in cui il campione inglese non riuscirà a ottenere i risultati che quasi tutti danno per certi, ma che non lo sono affatto.
Persino io ho capito che ormai le corse non sono più tali, ma stanno diventando “eventi sportivi” dove conta lo spettacolo e dove vincono tutti, perché l’unico obiettivo è riempirsi le tasche. Ma a una scuderia come la Ferrari conviene scendere a livelli così bassi pur di incassare? Forse non hanno capito che questa continua inflazione del marchio porterà in futuro a una normalizzazione del brand e allora potrebbero esserci conseguenze molto gravi.
La F1 in stile NBA, dove la partita è solo una parte dell’evento, non piace e non piacerà mai, ma i numeri e il pubblico dicono cose diverse. Trovo che questi eventi piacciano a tanti tifosi, ma con il tempo determineranno la totale americanizzazione della massima formula, che, come ogni prodotto che genera soldi, potrà essere modificata, trasformata e annullata, con buona pace della storia. Ma forse è una previsione troppo pessimistica, quindi largo al futuro, sperando che la pista possa contare ancora qualcosa.
Crediti foto: Scuderia Ferrari HP, Formulacritica