Quello che per molti è l’ennesimo capitolo dello scontro tra Lewis Hamilton e Max Verstappen è invece una questione ben più profonda, che riguarda le stesse fondamenta della F1. Un aspetto che dovrebbe essere analizzato con lucidità, mettendo da parte il tifo e approfondendo una problematica che sta lentamente avvelenando il Circus, il modo in cui è vissuto dai protagonisti e la maniera in cui viene raccontato dai media.
Hamilton è stato polemico, questo è certo, ma nel suo discorso emergono concetti interessanti che andrebbero sostenuti con maggiore forza. Parlando dell’episodio che ha visto protagonisti Lando Norris e Verstappen nel Gran premio degli Stati Uniti, il sette volte iridato, seguendo quanto già espresso anche da Charles Leclerc (cosa che che l’idea di un Max un po’ troppo sopra le righe è condivisa tra i piloti), ha attaccato frontalmente il rivale olandese:
“L’ho sperimentato molte volte con Max. È interessante che la gente ne parli ora perché è successa la stessa cosa a me nel 2021. Se prendiamo in considerazione il GP del Brasile di quell’anno, ad esempio, in frenata ero davanti, ma poi la macchina all’interno stacca i freni, non fa la curva e ti fa andare larga. Quindi diranno che siete andati entrambi larghi, ma non avevi scelta perché dovevi evitare una collisione.”
“È sempre stata una zona grigia. Ecco perché se l’è cavata per così tanto tempo. Probabilmente devono apportare alcune modifiche. Inoltre, ci sono delle incongruenze nelle decisioni weekend dopo weekend, ovviamente a seconda di quali commissari ci sono. Come sport, dobbiamo migliorare in tutti gli ambiti. Guardiamo altri sport che hanno arbitri a tempo pieno e sono sicuro che non sarebbe una brutta cosa per il nostro sport”.
Al di là dei toni, Hamilton fa luce su punti validi, in particolare sul collegio giudicante, che vorrebbe esser composto da figure stabili.

F1: com’è formato il pool dei commissari
Oggi sono quattro gli steward che operano durante un weekend, ai quali si aggiungono il direttore di gara e uno starter fisso che però non partecipano al processo decisionale. Ad ogni Gran Premio viene quindi nominato un gruppo di commissari, che deve prendere decisioni basate sul regolamento tecnico e sportivo redatto dalla Federazione Internazionale dell’Automobile.
Questa squadra comprende due steward della FIA con licenza specifica (uno dei quali nominato dal Presidente), un commissario scelto dall’autorità che organizza il GP e un ex pilota, con il compito di concentrarsi sulla prospettiva di chi gareggia in pista. Questo sistema non garantisce una coerenza uniforme nel giudizio, poiché il gruppo è disomogeneo e cambia da gara a gara.
F1 – Perché un collegio giudicante fisso avrebbe senso
Hamilton solleva una questione fondamentale: avere giudici specializzati, con una squadra non mutevole, aiuterebbe a evitare interpretazioni incoerenti per fattispecie simili. In Formula 1 si vedono già disparità di giudizio nella stessa gara, figurarsi da evento a evento. Ecco perché le differenze aumentano con il costante cambio di commissari.
La FIA dovrebbe formare queste figure, ma servirebbe l’approvazione di Liberty Media e dei team per realizzare questa riforma. Sarebbe necessaria dunque una volontà politica collettiva per risolvere un problema che genera tensioni, polemiche e ricorsi interminabili.
Oggi c’è il rischio che si accentui la soggettività nel giudizio, un effetto che ogni ordinamento giuridico mira a scongiurare. È chiaro che il 100% delle decisioni corrette non potrà mai aversi, ma una squadra fissa potrebbe attenuare questa dinamica.
Inoltre, con commissari noti e abituati alla pressione di una gara, eventuali errori sarebbero riconducibili a persone specifiche, che potrebbero essere sostituite in un normale processo di miglioramento. C’è chi teme che steward fissi potrebbero prendersela con un singolo pilota.
Ma oggi, con la mole di dati a disposizione, sarebbe impossibile che un collegio giudicante agisse in modo persecutorio verso un driver specifico. Questo tipo di resistenza sembra piuttosto riflettere la mentalità di chi, irriducibilmente contrario al cambiamento, non vuole migliorare una volta per tutte il sistema.
In conclusione, Hamilton ha ragione: una squadra di professionisti, che segua la F1 in tutte le 24 gare senza alternanze e senza un membro imposto dall’organizzatore della gara (il quale potrebbe avere conflitti di interesse o passioni figlie del campanilismo), sarebbe la soluzione per garantire giudizi coerenti. La Formula 1 riuscirà finalmente a essere una “casa di vetro” su questi temi? Resta da vedere, ma i dubbi restano.
Crediti foto: Mercedes-AMG Petronas F1 Team, Oracle Red Bull Racing, McLaren F1