La pista boccia la bocciatura di Andretti

Alla cordata guidata da Michael Andretti sono state chiuse le porte della F1. Avrebbe pesato la mancanza di alcuni requisiti tecnici. Ma questi sono in possesso di chi bivacca da anni nel ventre molle della griglia?

Il Gran Premio del Bahrain rappresenta una fonte di spunti che una redazione come quella di Formulacritica non può non considerare oro. Tra le tante storie del weekend di Sakhir spicca quella della Alpine che si è mostrata in una forma tutt’altro che smagliante. Un team, quello francese, che ha provato a correre ai ripari con un reset, l’ennesimo, delle figure di spicco che ha aperto alla guida tricefala. Basterà questa iniziativa di Bruno Famin, che ha ricevuto mandato da Luca De Meo, per ridare smalto alla stanca azione della squadra transalpina? Vedremo.

Qualche mese fa la F1 aveva perso una bella occasione sbattendo le porte in faccia agli Andretti. “Qual è il nesso?”, direte. Ci arriviamo. Per Michael, che s’era già messo avanti coi lavori costruendo uno staff di circa centocinquanta specialisti, si è palesato il più grande degli incubi: ottenere l’approvazione sulla base dei requisiti tecnici richiesti dalla FIA e non quella della FOM a causa di mancati accordi commerciali determinati da fattori esogeni.

La Federazione Internazionale dell’Automobile è e resta pur sempre l’organo di governo della F1 mentre la FOM cura prettamente gli aspetti commerciali. Pertanto, data la sua posizione, la FIA ha facoltà di esaminare attentamente i 20 punti che la proprietà del Circus ha esposto nel documento che ha respinto le istanze degli Andretti. Il gruppo guidato da Mohammed Ben Sulayem potrebbe stabilire che le ragioni commerciali non sono elementi tanto forti da determinare un’esclusione

Andretti

Il punto è che la Formula One Management si è espressa anche sui fattori sportivi sottolineando che non ritiene Andretti un soggetto che possa essere competitivo già nel 2025. E su questo potrebbe aver pesato una sorta di “impegno morbido” di Cadillac che non si sarebbe messa a lavorare a un proprio propulsore prima di qualche anno. Su questo fronte, ahinoi, i margini di manovra federali sono molto limitati.

Ancora, dati i rapporti ampiamente compromessi tra FIA e FOM, sembra improbabile che i primi vogliano ulteriormente mettersi di traverso determinando una frattura malevola per la Formula 1 nel suo insieme. Nonostante ciò, Andretti deve ancora fortemente credere alla possibilità di entrare nel Circus, magari nel 2026. Diversi progetti sono stati realizzati e qualche modello ha già effettuato dei test nella galleria del vento della Toyota di Colonia che a lungo era stata usata dalla McLaren prima che questa inaugurasse l’impianto di Woking. 

Andretti ha assunto molte persone per il programma F1 e le sta facendo lavorare al modello del 2025 in attesa che vengano deliberate le norme aeromeccaniche 2026. Proprio questo modo di procedere servirebbe al team per dimostrare alla FOM che si può arrivare pronti al 2026 con una vettura competitiva, facendo così decadere i timori di scarsa forza tecnica

Per quanto riguarda le reticenze sulla capacità di generare introiti, Andretti conta ancora di dimostrare che il suo marchio può aggiungere valore alla Formula 1. E’ evidente che il brand Andretti, molto famoso oltreoceano, possa dare una grande spinta commerciale nel mercato americano. Dopotutto, infatti, gli USA sono il paese che la F1 sta cercando di conquistare, anche per motivi economici. Il rendimento finanziario medio di un tifoso americano è molto più alto rispetto a quello dei supporter di altre parti del mondo. E questo dovrebbe avere un peso rilevante.

Le conclusioni della FOM, tra le altre cose, non hanno chiarito se Andretti non porterà effettivamente più valore in F1. I punti principali esposti non possono essere dimostrati in modo scientifico. Per questo motivo i tecnici del nascente team continueranno a lavorare tra Indianapolis e Charlotte pensando di poter riaprire la pratica in chiave 2026. Ma non solo. Pare che General Motors continuerà a sviluppare il propulsore per il 2028 e si dice che un grande nome è già stato ingaggiato per guidare il progetto della power unit

Englewood (USA), sede di Liberty Media Corporation

Andretti: la chiusura della F1 è strumentale

Vi state ancora chiedendo quale sia il nesso con le vicissitudini della Alpine? E aggiungiamo della Haas, tanto per non farci mancare nulla. Semplice, seguiteci nel ragionamento. I detentori del pacchetto azionario della F1, con il supporto convinto dei membri del Patto della Concordia (i team, per chi non lo avesse afferrato), hanno sollevato dubbi sulla capacità tecnica di un team nuovo come quello di Andretti che, è bene ricordarlo, avrebbe supportato la sua azione con anche due compagini suppletive, una per la F2 e una per la F3. 

Ma quale concretezza tecnica ha una realtà che bivacca da anni a metà classifica tracciando una parabola discendente inarrestabile? Renault non riesce a raccapezzarsi con le power unit turbo ibride da un decennio, tanto che nessuno le ha più chieste dopo la conclusione del rapporto con McLaren. Caso unico in F1, i motori della Losanga sono installati su una sola vettura. Andretti, tra le altre cose, avrebbe potuto ottenere proprio i motori francesi prima che Cadillac introducesse il suo. Una cosa, questa, che avrebbe dato anche una spinta ad un progetto agonizzante. 

Alpine sembra essere in piena decrescita infelice e le cure somministrate in fretta e furia sono palliativi che non destano il paziente dalla catatonia. Ma quello francese non è l’unico caso di “rigor mortis sportivo”. Qualcuno di voi, senza voler mancare di rispetto a patron Gene che ha compiuto sforzi immani per valicare l’oceano e entrare in F1, ha capito il senso dell’epopea della Haas nel Circus? Una squadra che ogni anno parte solo per salvarsi, volendo fare un parallelo calcistico. Ingessata, bloccata, senza margini di crescita oggettivi e operante nell’ombra della Ferrari da cui mutua pezzi e filosofie. 

La Alpine di Esteban Ocon avvolta dal fumo: la sintesi dell’esperienza Renault con le power unit.

Questi due team creano davvero valore aggiunto? Queste franchigie sono veramente in grado di superare il positivo tsunami emotivo che porterebbe una realtà come quella di Michael Andretti? Perché le dieci sorelle sono così cieche da non vedere l’opportunità che la presenza di un undicesimo soggetto porterebbe alla F1? Possibile mai che ogni cosa in questo sport debba passare al vaglio e dall’approvazione di un grande regolatore che si nutre di fatturati e produzione di dividendi?

Avremmo accettato il respingimento della candidatura di Andretti se alcuni competitor non giocassero solo per partecipare e per spartirsi una lauta fetta di guadagno. Non lo facciamo perché è chiaro che è proprio l’iper munificità che la Formula Uno garantisce ai suoi consociati la motivazione per la quale alcune squadre possono permettersi di adagiarsi sapendo di non poter uscire da un cerchio magico che appare autoreferenziale e sordo alle istanze di chi vuole provare a rendere più variabile ciò che è troppo scontato. Da anni.

La Formula 1, nella globalità, sappia mostrarsi risoluta e soprattutto saggia. La fase espansiva non può durare in eterno. Verranno tempi meno floridi e qualcuno si potrebbe pentire di aver preservato un paradigma impermeabile, escludente e che non sa giustificare i fallimenti tecnici di alcuni dei suoi consociati. Specie se questi servono per tener fuori chi lecitamente bussa alle porte offrendo solidi requisiti e credibilità tecnico-finanziaria.


Crediti foto: F1, Alpine, Andretti

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