Trentasei paesi provenienti da tutto il mondo hanno presentato una denuncia formale all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), un’agenzia delle Nazioni Unite, per denunciare le condizioni di lavoro dei lavoratori migranti in Arabia Saudita, in vista dei preparativi per la Coppa del Mondo FIFA del 2034. La denuncia richiede l’istituzione di una “commissione d’inchiesta”, uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’ILO, per investigare sulle presunte violazioni dei diritti dei lavoratori nel Paese, come svelato dal Guardian.

Contesto e motivazioni
Con l’avvicinarsi della Coppa del Mondo del 2034, l’Arabia Saudita sta vivendo un boom edilizio legato a grandi progetti infrastrutturali, inclusi stadi, reti di trasporto e hotel. La forza lavoro migrante, che conta oltre 13 milioni di persone, principalmente dall’Asia meridionale e dall’Africa, è fondamentale per questi progetti, ma le condizioni di lavoro sono state ripetutamente denunciate come abusive. I sindacati, guidati dall’International Trade Union Confederation (ITUC), evidenziano problemi sistemici come:
- Sfruttamento lavorativo: turni di lavoro fino a 20 ore al giorno, salari non pagati, confisca dei passaporti, tasse di reclutamento illegali, vincoli contrattuali che impediscono ai lavoratori di cambiare lavoro liberamente e condizioni di lavoro non sicure.
- Sistema Kafala: un sistema che lega i lavoratori al datore di lavoro, limitandone la libertà e favorendo abusi.
- Mancanza di trasparenza: le autorità saudite spesso classificano i decessi dei lavoratori come “naturali”, senza indagini adeguate, oscurando le cause reali legate alle condizioni di lavoro.
Luc Triangle, segretario generale dell’ITUC, ha dichiarato che la gravità di queste violazioni richiede un’azione immediata e riforme inclusive per garantire i diritti dei lavoratori, in particolare quelli edili e domestici. Ha sottolineato che non si possono tollerare ulteriori morti tra i lavoratori migranti.
Accordi recenti e critiche
Nello stesso giorno della denuncia, l’ILO ha annunciato un nuovo accordo di cooperazione biennale con l’Arabia Saudita, firmato durante la Conferenza Internazionale del Lavoro a Ginevra. Questo accordo prevede misure per migliorare il reclutamento equo, facilitare il cambio di lavoro, introdurre un salario minimo e includere i lavoratori migranti nei comitati rappresentativi. Tuttavia, i sindacati rimangono scettici, poiché in Arabia Saudita i sindacati sono vietati e le riforme promesse, come quelle per i lavoratori domestici (esclusi da alcune protezioni della legge sul lavoro), sono considerate insufficienti o lente nell’implementazione.

Preoccupazioni per la Coppa del Mondo
La denuncia si inserisce in un contesto di crescenti preoccupazioni per il rispetto dei diritti umani in vista della Coppa del Mondo. Organizzazioni come Human Rights Watch e FairSquare hanno criticato la FIFA per non aver imparato dalle lezioni della Coppa del Mondo 2022 in Qatar, dove centinaia di lavoratori migranti sono morti in progetti legati al torneo. Rapporti recenti hanno documentato incidenti mortali evitabili e una mancanza di trasparenza nelle indagini sui decessi.
I sindacati chiedono alla FIFA di imporre condizioni rigorose per garantire il rispetto dei diritti umani, come fatto in parte con il Qatar, dove la collaborazione con l’ILO ha portato a riforme come l’abolizione parziale del sistema Kafala e l’introduzione di un salario minimo. Tuttavia, l’Arabia Saudita non riconosce i sindacati né le ONG esterne, rendendo difficile il monitoraggio e il miglioramento delle condizioni. La denuncia sottolinea che, senza interventi significativi, la Coppa del Mondo del 2034 rischia di essere segnata da ulteriori abusi e morti tra i lavoratori migranti.
Arabia Saudita – E la F1?
È in fase di realizzazione il mega-parco di divertimento Qiddiya, nei pressi della capitale Riyadh, con al suo interno un avveniristico circuito, che dovrebbe ospitare la F1 a partire dal 2028.
La F1, così come la FIFA, non si è mai occupata dei diritti dei lavoratori in relazione alla costruzione dell’impianto arabo (basti anche pensare che Qiddiya abbia sponsorizzato i premi conferiti da Autosport a importanti protagonisti del motorsport), seppur la sua proprietaria, Liberty Media, millanti lotte per i diritti civili e per l’inclusività.
La F1 ha un forte rapporto con l’Arabia Saudita, grazie alle sue sponsorizzazioni, principalmente quella della compagnia statale petrolifera Aramco che, nel 2020, contribuì a finanziare il Campionato Mondiale di F1 funestato dall’emergenza della pandemia di COVID-19 ed è oggi anche title sponsor della scuderia britannica dell’Aston Martin. Il medesimo team ha stipulato un accordo di sponsorizzazione con un’altra compagnia mineraria statale saudita, la Ma’aden.
In Arabia Saudita è in atto una crisi umanitaria e lavorativa, con i sindacati che chiedono un intervento urgente dell’ILO e al mondo dello sport per affrontare le violazioni dei diritti dei lavoratori migranti, in un contesto di preparativi per eventi globali come la F1 e la Coppa del Mondo del 2034, che amplifica la necessità di riforme immediate.
Crediti foto F1, Aston Martin
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