Nella città che vive di gioco d’azzardo, la Formula 1 torna a ricordare che la fortuna è un fattore marginale quando si sfidano fisica, dati e simulazioni. Il Gran Premio di Las Vegas completa la tripletta americana del Mondiale e ne avvia un’altra che porta alla chiusura in Medio Oriente, proponendo un weekend atipico che inizia un giorno prima rispetto al consueto e si disputa integralmente sotto le luci artificiali. Tutte le sessioni scattano due ore prima rispetto al 2024, condizione che incide su temperature, gestione gomme e preparazione del giro veloce.
Il giovedì diventa il nuovo venerdì, con le prime due sessioni di libere anticipate e la terza disputata il giorno successivo, seguita dalle qualifiche notturne. La gara del sabato sera si disputa su un tracciato che l’anno scorso ha già dimostrato di favorire i sorpassi, grazie soprattutto al lunghissimo allungo sulla Strip, dove le vetture raggiungono velocità tipiche di Monza inserite però in un layout cittadino. A Las Vegas il contrasto è evidente: rettilinei infiniti, limiti di aderenza estremi e grip che evolve rapidamente durante il fine settimana, complice la superficie stradale e la presenza di residui portati dal traffico urbano.
Sul fronte pneumatici, Pirelli conferma per il terzo anno consecutivo la combinazione C3-C4-C5, ritenuta la più sensata alla luce delle criticità emerse nelle prime due edizioni. La sfida principale si concentra sulla gestione della temperatura, soprattutto nelle qualifiche, quando il corretto warm-up diventa un esercizio di precisione millimetrica.
L’anticipo delle sessioni dovrebbe rendere meno drastico il problema del freddo, ma il giro di preparazione resta decisivo per inserire le gomme nella finestra ottimale. Gli pneumatici del 2025, migliorati nella componente meccanica, promettono un degrado più contenuto, in particolare sulla mescola media che, nel 2024, aveva mostrato segni di venatura nella fase iniziale di gara.

Non è stato considerato un passaggio a una gamma più morbida perché il rischio di graining sulla Soft continua a essere significativo da queste parti. La scelta resta quindi conservativa sul piano teorico, ma bilanciata rispetto alle esperienze delle stagioni precedenti e ai dati raccolti su circuiti con caratteristiche simili.
L’analisi del confronto con l’edizione 2024 mantiene un valore importante per comprendere le tendenze strategiche del weekend. Allora la quasi totalità dei piloti decise di partire con la Medium, con sole quattro eccezioni: Alonso con la Soft, Perez e Bottas con la Hard e Colapinto dalla pit lane, anch’egli su Hard. Il degrado limitato e la bassa usura favorirono un approccio aggressivo, con due soste per la maggior parte del gruppo e stint portati al limite, una condizione in cui la Medium aveva garantito stabilità ma anche fenomeni di graining nell’apertura di gara. L’ampia disponibilità di set più duri aveva trasformato la corsa in una prova di velocità pura più che di gestione.
Il tracciato di Las Vegas, lungo 6,201 chilometri e composto da 17 curve, resta il secondo più esteso della stagione dopo Spa e uno dei più rapidi in assoluto in termini di velocità media. Alex Albon nel 2024 fece registrare proprio qui la punta velocistica massima della stagione, toccando i 368 km/h tra curva 12 e curva 14, teatro di una delle frenate più violente del Mondiale e zona di sorpasso privilegiata. La caratteristica predominante è l’altissimo impegno full throttle, che sfiora l’80% del giro e conferisce alla gara una dimensione quasi paradossale: si corre in un cittadino, ma con valori aerodinamici da pista veloce, riduzione del carico e lunga ricerca dell’efficienza.

La superficie, ricavata dalle arterie principali della città, richiede un adattamento costante. Il passaggio accanto al Venetian, al Caesars Palace e lungo i boulevard principali porta in pista un manto stradale irregolare, soggetto a sporcizia e residui oleosi, caratteristica che amplifica l’evoluzione dell’asfalto da una sessione all’altra. Nei primi run il grip è molto basso, poi l’aderenza cresce rapidamente con il deposito del rubbering naturale, rendendo la lettura dei dati più complessa e obbligando ingegneri e piloti a considerare valori in continuo mutamento.
Nel contesto di un GP che richiede lucidità più che istinto, la strategia occupa un ruolo centrale. Prima di ogni weekend, Pirelli mette a disposizione dei team una gamma di scenari teorici basati su dati storici, analisi delle mescole, simulazioni e modelli matematici progettati per individuare il modo più rapido in cui una singola vettura potrebbe completare la gara.
Si tratta di un approccio puramente teorico che ignora variabili come traffico, duelli in pista o Safety Car, concentrandosi invece sul modello di degrado, sul rendimento dei composti e sui tempi di sosta. La “performance life”, cioè il massimo numero di giri prima che il rendimento decada oltre la soglia utile, diventa una delle metriche cardinali per costruire la strategia ideale.
I team poi rielaborano tutto secondo le proprie metodologie interne, spesso basate su simulazioni capaci di considerare migliaia di scenari diversi. Qui entrano in gioco elementi come la posizione in pista, la probabilità che venga neutralizzata la gara, l’impatto del traffico nelle fasi calde del GP e la reale possibilità di sorpasso nelle zone DRS.
Solo incrociando le due visioni, quella teorica di Pirelli e quella comportamentale dei team, si arriva alle scelte che vedremo in gara. Nei circuiti ad alta velocità media come Las Vegas, il tempo perso ai box rappresenta un fattore critico per scegliere tra una o due soste e può cambiare il volto strategico della corsa.

In un contesto dove tutto è calcolato, prevedibile e modellato, Las Vegas conserva però una sua parte di imprevedibilità. È un circuito che premia i piloti abili nel gestire le fasi a bassa aderenza, le squadre capaci di adattare rapidamente il setup e gli strateghi che sanno pesare ogni variabile. E se nei casinò la fortuna può ribaltare un pronostico, in Formula 1 la giocata vincente è quella preparata con metodo, dati e una precisione ingegneristica che non lascia spazio al caso.
Crediti foto: F1, Pirelli Motorsport
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